Matteo Moschetti ha vinto a Sesto Fiorentino la corsa di Amici dedicata ad Alfredo Martini. Quello che pochi sanno è tuttavia che il milanese, che oggi ci risponde dal Belgio dove mercoledì correrà De Panne, la vera corsa ha dovuto farla per aeroporti tutta la settimana precedente. Questo racconto spiega per sommi capi che forma possa avere a volte la vita di un professionista, nonostante il tanto parlare che si fa di preparazione, alimentazione e tutto quello di cui abitualmente si scrive. L’ultimo giorno normale nella settimana di Moschetti è stato infatti il martedì, ultima tappa della Tirreno-Adriatico: il giorno della crono.
«Non avendo mire di risultato – sorride – l’ho corsa con impegno per chiudere bene la settimana, ma con lo spirito dell’ultimo giorno di scuola, quando tutti vogliono andare a casa. Per cui mi sono svegliato, ho fatto una colazione normale, neanche troppo abbondante…».


In cosa consisteva?
Avevamo due orari, quello per la colazione e quello per il pasto prima della crono. Io ho preferito fare un solo pasto 4 ore prima della partenza e ho mangiato cereali, un’omelette e una fetta di pane con la marmellata. Uno sforzo del genere, 15 minuti a tutta quindi violento, andrebbe fatto quasi a digiuno.
Dopo la crono subito a casa?
Ci hanno accompagnato in 5 ore di macchina fino a Malpensa e abbiamo dormito lì. Il giorno dopo avevamo il volo per Bruxelles, con scalo a Monaco e c’erano anche parecchi altri corridori. Per cui sveglia alle 6 e via con la valigia in aeroporto, mentre le bici erano state spedite con un mezzo via terra. Il primo volo è andato liscio, decollava intorno alle 7,30-8, e siamo arrivati a Monaco.
Da come lo racconti, adesso arriva il colpo di scena…
Lo scalo era di 30 minuti, per cui siamo arrivati, hanno preso il bagaglio ma la hostess si è accorta che il nostro tampone, fatto alla Tirreno-Adriatico, era scritto in italiano. Ha detto che ammettevano fra le altre lingue l’inglese, lo spagnolo e il tedesco, ma non l’italiano. Anche se negativo in inglese è negative e si capisce benissimo. Anche un corridore della Uae era nella stessa situazione. Ho chiamato subito il dottor Magni, ma nel tempo che lui sentiva il laboratorio, hanno chiuso il gate e scaricato i bagagli. Parlando con la squadra, abbiamo deciso di dormire a Monaco e di prendere lo stesso volo il giorno dopo.


Insomma, alla fine in Belgio ci siete arrivati?
Il giorno dopo alle 14. Ci hanno portato in hotel, abbiamo fatto 40 minuti di rulli e poi di corsa siamo andati a fare un altro tampone rapido, richiesto prima della corsa. E così si è fatto giovedì sera, il venerdì abbiamo corso.
Con le gambe belle morbide, ovviamente…
Cosa ve lo dico a fare? In più sono partiti subito a tutta con i ventagli, quindi non c’è stato nemmeno il tempo di riscaldarsi e considerato che non facevo un allenamento serio da tre giorni. Comunque siamo andati anche bene, Pedersen è arrivato secondo e la sera ci hanno portato di corsa a Bruxelles. Notte in hotel e la mattina dopo alle 11 del sabato ero di nuovo a Malpensa, dove un massaggiatore mi ha caricato e mi ha portato a Firenze.
Arrivato e subito in bici?
Mi vergogno un po’ a dirlo a questo punto, ma siamo arrivati che mancavano 20 chilometri alla fine della Sanremo e mi sono fermato a vederla. Ha vinto un compagno, Stuyven, per cui abbiamo aspettato il podio. E a quel punto si era fatto tardi, erano le 17. E d’accordo con il mio allenatore e con Paolo Slongo, che era lì come direttore sportivo, si è deciso di fare altri 40 minuti sui rulli per sudare un po’. Inserendo anche una fase bella intensa. E poi finalmente ho fatto i massaggi, che davvero mi mancavano.
E il giorno dopo hai vinto…
Chiaramente mi rendo conto che il campo dei partenti non fosse eccezionale, ma per i ragazzi delle continental quelle sono le poche occasioni per mettersi in luce, ci sono passato anche io. E quando tutti vogliono vincere, vincere non è mai facile. A livello psicologico è stato importantissimo. Qualcuno ha criticato questo andare su e giù, preferivano non corressi domenica, ma era un’occasione e ho voluto coglierla.


Come stai adesso?
Bene, ovviamente un po’ stanco per via dei viaggi, ma sento di stare meglio che nelle settimane passate e che il lavoro di una corsa come la Tirreno-Adriatico sta dando comunque i suoi frutti. Ero già partito benino. Al Tour de la Provence avevo centrato due top 10 e alla Tirreno ho fatto una grande fatica, anche perché era la prima corsa dall’incidente fatta a quel modo e con corridori di quel livello. Adesso non posso dire di aver recuperato, ma se non altro domani non devo viaggiare e mercoledì si corre, prima di tornare ancora una volta a casa.
Ma allora tanto parlare di preparazione e alimentazione in certi casi va a farsi benedire?
Bisogna sapersi arrangiare. Sugli aerei chiaramente non si mangia, perché sono voli corti e a meno che tu non sia un vip, là dietro non ti danno neanche più la bottiglietta d’acqua. Non è facile gestirsi. Si va avanti con insalate e panini e soprattutto nei giorni prima della corsa devi saper fare con quello che trovi e che possa in qualche modo essere funzionale alle tue necessità.


Ad esempio, la sera dopo la corsa in Belgio?
Ero in hotel all’aeroporto di Bruxelles, con il ristorante chiuso e il room service non era troppo adatto a uno sportivo. In quei casi mangi ciò che capita oppure vai a letto digiuno.
E dopo la vittoria di Firenze, di nuovo hotel a Malpensa?
No, questa volta sono andato a casa dei miei, così ho potuto salutarli e poi l’indomani sono partito.
Prossime corse?
Torno in Italia dopo De Panne e poi torno su per fare Scheldeprijs, che si corre tra il Fiandre e la Roubaix, se la Roubaix davvero si farà. Mi sento finalmente bene, anche se sono lontano dal mio top.
Hai più sentito Fabrizio Borra, con cui hai fatto la rieducazione?
Ci siamo sentiti a inizio stagione per fare il punto e l’altra sera dopo la vittoria gli ho mandato la foto dell’arrivo, perché ci tenevo. L’anno scorso di questi tempi ero nel suo studio per ricostruirmi e abbiamo vissuto insieme l’inizio del lockdown. Dopo la vittoria il mio pensiero è andato a lui, ai medici e a tutti quelli che mi sono stati accanto in questo periodo. E speriamo d’ora in avanti, toccando ferro, di fare interviste solo per raccontare belle vittorie e non più rieducazioni o cadute.