Una domenica diversa, quella vissuta da Andrea Pasqualon. Sicuramente diversa da quella che si era immaginato fino a pochi giorni prima. Il veneto doveva far parte del team azzurro in gara ai mondiali di Glasgow, invece si è ritrovato a fare la riserva, ma non per questo si è tirato indietro. Non sarebbe stato da lui. Andrea si è messo a disposizione, ha lavorato per tutto il tempo con Bennati e il suo staff, era ai box o in altri punti concordati del percorso a rifornire i ragazzi o a dare consigli.
Le premesse erano diverse. Bennati contava su di lui, sulla sua esperienza per dare una mano in gara alle punte Bettiol e Trentin, poi che è successo?
«Era già stato stabilito – racconta Andrea – che partecipassi al Giro di Polonia, Bennati si era raccomandato che mi ritirassi un paio di giorni prima per raggiungere la squadra. Solo che Mohoric era in lotta per la vittoria finale e io, in qualità di ultimo uomo, non potevo lasciarlo solo. I dirigenti della Bahrain Victorious mi hanno detto che era necessario tirassi dritto, così i miei sogni azzurri sono stati riposti in un cassetto…».
Un dolore, soprattutto considerando che hai 35 anni e tante altre occasioni non ci saranno…
Sì, ma non ho nulla da recriminare. Era giusto che restassi, la mia presenza si è rivelata fondamentale. Se guardate la classifica e l’andamento dell’ultima tappa, tutto il Polonia si è giocato in un traguardo volante, noi lo sapevamo e soprattutto sapevamo che dovevamo giocare d’anticipo nei confronti di Almeida. Io ho pilotato Matej fino alla fine e i risultati ci hanno dato ragione. Quella vittoria, quella maglia la sento anche un po’ mia.
Che mondiale è stato personalmente?
Messo da parte il dispiacere per non essere della partita, mi sono messo a disposizione e devo dire che è stata un’esperienza molto interessante. Ho capito innanzitutto che il lavoro è enorme, anche e soprattutto nella vigilia. Io ho cercato di parlare molto con i ragazzi, di motivarli, di dare indicazioni in corsa. Non ho certo avuto tempo per pensare che non ero io a correre.
Il percorso ti sembrava adatto alle tue caratteristiche?
Sì, decisamente, era un tracciato “cattivo”, per velocisti abituati a limare. Per emergere serviva avere una grande condizione, capisco Bennati che voleva gambe fresche al via. Dopo le fatiche del Polonia fino all’ultimo giorno, non c’era la possibilità di esserci e dare una mano, soprattutto quando la corsa fosse entrata nel vivo.
Che cosa dici della condotta dei tuoi compagni?
A freddo si può pensare che, se Bettiol non avesse attaccato da solo poteva anche entrare nei primi 5 vista la condizione che aveva, ma ha fatto bene a provarci. E’ stata per lui un’esperienza più che positiva. Magari se un paio di corridori gli si fossero attaccati e avessero dato cambi, potevano arrivare anche più avanti. Va comunque detto che la nostra nazionale è stata grandiosa, anche se non ricompensata dal risultato.
Pensi che se Bettiol fosse stato seguito sarebbe finita diversamente?
Non credo, sono emersi i veri valori in campo e in un mondiale non succede sempre. Gli strappi duri hanno messo in evidenza chi ne aveva di più, di talento prima di tutto. Inoltre, se ci fate caso, i primi 4 venivano tutti dal Tour, segno che la corsa a tappe li aveva rodati al meglio.
Ora che cosa ti aspetta?
Dopo il Polonia e la trasferta scozzese, ho due settimane di riposo attivo a casa, poi si parte per il Giro del Benelux che è una corsa che mi piace molto e nella quale sarò ancora ultimo uomo a favore di Mohoric per provare a replicare il risultato polacco. Poi si andrà a Plouay e la lunga trasferta canadese per le classiche del WorldTour.
Poi c’è l’europeo…
Sì, in Olanda, su un percorso che mi favorisce. Vorrei esserci, ma perché ciò avvenga dovrò farmi vedere nelle settimane precedenti. Con Bennati non abbiamo avuto occasione di parlarne ma lo faremo, io intanto vado avanti un gradino alla volta e voglio essere all’altezza di un’eventuale convocazione.
Tu hai già il contratto per il prossimo anno?
Avevo firmato un biennale con la Bahrain, mi trovo davvero molto bene, è un gruppo affiatato con un’atmosfera positiva e i risultati sono la logica conseguenza.
Alla vigilia dei mondiali, dopo l’ufficializzazione dei percorsi olimpici, si era notato come ci fosse una somiglianza. Un pensierino a una convocazione olimpica per finire in bellezza lo fai?
Sinceramente – ammette Pasqualon – quando è uscito il percorso, ci ho pensato. Io penso che sia un tracciato dove Milan può recitare un ruolo importante e con lui mi sono trovato bene, mi dispiace che cambi squadra perché altre esperienze insieme sarebbero state utili. D’altronde si è visto anche al mondiale come correre senza radioline cambi molto nella gestione di una gara.
Tu sei di una generazione che sa come si correva senza radio: cambia davvero così tanto?
E’ proprio questo il punto: i più giovani non sono abituati a correre senza sapere dal di fuori com’è la situazione e che cosa fare. Puoi comunicare dai box, con le lavagne se si corre in circuito, ma non è lo stesso. In quei casi un regista in corsa che piloti la squadra è davvero fondamentale.