«Ero partito per fare questa fuga – dice Tarozzi dopo la prima tappa della Vuelta a San Juan – ma non tutte le fughe arrivano. Ci siamo subito rotti e quando l’accordo non c’è, è difficile arrivare al traguardo. Alla fine abbiamo anche tirato un po’ i remi in barca. Ho sofferto il caldo, da noi è inverno mentre qua è estate e ancora non siamo abituati. Però a Imola c’era più caldo…».
Manuele Tarozzi, romagnolo di 24 anni al secondo da professionista, ha avuto tempo per riprendere fiato e recuperare un po’. A Imola rimase in fuga per tutto il giorno del suo compleanno: Colbrelli vinse il tricolore, lui era conciato decisamente peggio. Ma proprio dopo il traguardo, dilettante fra i grandi, ammise che quella corsa gli avrebbe cambiato la vita. Anche ieri è stato in fuga per tutto il giorno e si è arreso quando in testa con lui è rimasto soltanto Velardez, corridore della Municipalidad de Pocito, mentre in testa al gruppo iniziavano a lavorare gli uomini dei velocisti. Coincidenza o no, la mattina alla partenza ci ha raccontato una storia…
Il primo sprint
Sam Bennett ha vinto la prima tappa, con una volata prepotente nel caldo e nel baccano della Capitale. Alle sue spalle, Morkov che ha perso Jakobsen per uno sbandamento del gruppo, e Nizzolo. Una giornata destinata allo sprint, anche se i nomi più giocati alla vigilia erano appunto altri.
«Avevamo studiato il finale per due volte – racconta Bennett – e stamattina abbiamo fatto l’ultima prova, ma è sempre difficile fare piani. Ero molto nervoso, lo eravamo tutti. Nella prima corsa si cerca il ritmo, non è facile. Il primo sprint è il più pericoloso della stagione, che tu lo vinca o no. E’ fantastico aver iniziato con una vittoria, ma non è stato facile. La parte più dura è stato tenere il ritmo dei miei compagni, che sono stati fantastici. La sensazione di passare per primo sulla linea è stata bellissima».
Buttrio, 7 agosto 2016
Ma in questo giorno veloce e caldissimo, la storia che ci piace ricordare è appunto quella raccontata a sua volta da Tarozzi, che si svolse sei anni fa sulle strade del Friuli, quando lui era junior e il professionismo ancora un miraggio. Era il 7 agosto del 2016, il gruppo degli juniores era in rotta verso il Giro della Lunigiana.
«C’è questa gara dalle parti di Udine, da Buttrio a Ravascletto. La prima parte pianeggiante e poi ci sono due salite nel finale. L’arrivo in salita è di 5-6 chilometri. Io ho la sfortuna di cadere dopo 50 chilometri. Un peccato, perché sono in condizione, ma mi sento addosso quel po’ di paura di stare in gruppo. Mi sono fatto male, un po’ ti resta nei pensieri…».
Lui parlava e intorno c’era il viavai di corridori chiamati al foglio firma all’ombra dello stadio cittadino. La città deserta nel primo pomeriggio della domenica si stava ravvivando per la partenza.
«Allora per evitare problemi, decido di andare in fuga con altri tre. Arriviamo di buon accordo ai piedi dell’ultima salita e appena la imbocchiamo, aumento subito il passo. Solo io però, il gruppo resta a 30 secondi. Sento il fiato sul collo, le moto che mi superano, ma decido di tenere duro».
Uno sloveno sul podio
Il racconto andava avanti, mancava mezz’ora alla partenza. Rossato impartiva i suoi ordini con il tono veneto e squillante, scherzando con Zanoncello.
«Mancano 2 chilometri e io vado su a tutta, quando mi arriva accanto De Candido, che all’epoca era commissario tecnico degli juniores. Arriva e mi dice di andare tranquillo, che ormai è fatta e che l’ultima parte è discesa».
Tarozzi vince per distacco la Buttrio-Ravascletto del 2016. Alle sue spalle, staccato di 26 secondi arriva uno sloveno che ha i suoi stessi anni: tale Tadej Pogacar.
«E’ una cosa di tanti anni fa, ma è vero che dopo quel giorno lui andò a vincere il Lunigiana. Partecipai anche io, ma avevo sottovalutato la caduta di quel giorno verso Ravascletto. Mi ero bruciato la gamba, ma sul momento le botte non le senti. Mi venne un’infezione, andai comunque al Lunigiana, però non andavo più come prima…».
«Quando Pogacar ha vinto il Tour – ancora Tarozzi – non è che ci sono rimasto male. L’ho visto e ho pensato: questo ha già vinto il Tour e io sono ancora nei dilettanti. Poi ho capito che ognuno ha il suo stadio di crescita e adesso spero di poterlo ribattere, prima o poi.
«L’anno scorso ero partito bene, ma mi sono rotto una gamba. Quest’anno secondo me saprò fare bene. Non so quanto margine abbia, però secondo me posso migliorare tanto. Magari non per vincere il Tour – ha sorriso – ma intanto per andare in fuga oggi…».
Detto e subito fatto!