Una curva. L’ultima maledetta curva ha mandato all’aria i piani di Andrea Vendrame. Eravamo quasi certi che oggi Andrea sarebbe andato in fuga. Un corridore come lui, lo abbiamo imparato a conoscere, vuol lasciare il segno. Quantomeno vuol provarci.
Ma come? Sarebbe stato lecito chiedersi: Vendrame, che è quasi un velocista, vincente in una tappa di 3.600 metri di dislivello e per di più con arrivo in salita? La risposta è sì. E non sarebbe la prima volta che conquista tappe dure, ricordiamoci dello scorso anno a Bagno di Romagna.
Prima del Santuario di Castelmonte, in questo Giro d’Italia, si era buttato in due volate di gruppo e in un paio di fughe. Ma il veneto è particolare. Un corridore che riflette e che pondera bene ogni mossa. Una volta ci ha detto: «Il ciclismo è 80% testa e il resto gambe».
Castelmonte nel mirino
A Budapest, la sera della presentazione delle squadre ci aveva detto che avrebbe cerchiato di rosso, anche con l’aiuto del suo mental coach, due o tre tappe.
«E questa era una di quelle», ha ribadito il corridore dell’Ag2R-Citroen dopo l’arrivo.
Oggi voleva andare in fuga e ci è andato.
«Sul Kolovrat – dice Andrea – ho cercato di mantenere il mio passo, non volevo fare fuori giri. Sapevo che potevo rientrare in discesa, dove vado bene. La tappa non ero venuto a vederla, ma me l’ero studiata bene».
E rientrando sui quattro al triplo della velocità, ci ha anche provato. Ha tirato dritto, come impone il manuale del buon ciclista.
Ostacolo salite
La scalata finale però è di nuovo un ostacolo enorme per Vendrame. Lui è sicuramente il più veloce, ma altrettanto sicuramente è il meno scalatore. Per sua fortuna gli altri quattro erano sfiniti.
Durante la scalata gli occhi di Vendrame sono incollati sull’asfalto e in particolare sull’ultima ruota di turno da seguire.
«Nella mia testa – racconta Andrea ora con le mani nella testa e ancora tremolante dalla “botta” di adrenalina – c’era di arrivare in volata. Di nuovo salivo col mio passo. Sapevo e speravo si controllassero. Anche perché quella era l’unica speranza per arrivare in volata. Le gambe erano buone. Sono contento di averci provato».
La curva…
E alla fine ce la fa. Il suo progetto va (quasi) in porto. Supera Castelmonte. Agli 800 metri la salita è ormai un ricordo. La strada scende impercettibilmente in un punto. Dentro di lui aumenta la consapevolezza. E ancora prima che diminuisca la pendenza ha le mani basse.
Adesso la distanza da quell’ultima ruota è ridotta all’osso. Non è più “defilato”. La curva a sinistra è forse anche più stretta che dei canonici novanta gradi.
«Sapevo – dice Vendrame – di essere il più veloce e sapevo che c’era questa curva. L’avevo visto anche stamattina prima del via su internet, con la squadra. Magari non pensavo così stretta».
«La mia idea era di prenderla all’esterno, in prima o seconda posizione per poter uscire più veloce. Quella per me era la traiettoria migliore per vincere. Ma purtroppo sono andati dritti e mi hanno costretto ad allargare (nella foto di apertura, ndr), come si è visto. Per me hanno giocato anche un po’ scorrettamente. Oggi tutti vogliono prenderle all’interno e… Cosa potevo fare se non frenare. Per fortuna che non c’erano le transenne, altrimenti ci saremmo fatti male».
«Le volate a volte si vincono, a volte si perdono: è un jolly. Ed è andata così. Meglio un quinto posto che una caduta».
Il corridore di Conegliano per questa frazione aveva scelto un 53-39 davanti e 11-32 dietro I dati del computerino di Vendrame a fine tappa In pugno il sacchetto di caramelle gommose. Il recupero per la Marmolada parte da qui
E i sogni infranti
Si frantumano a 70 metri dall’arrivo dunque i sogni di Vendrame. Sarà il suo percorso psicologico, sarà che magari Andrea è proprio così, ma cerca già di buttarsi alle spalle questo episodio. La delusione però suo volto c’è.
Tra l’altro non è la prima volta che vive una situazione simile. Già verso San Martino di Castrozza, al Giro del 2019, ruppe la catena nel finale quando stava per vincere.
«Una tappa persa al Giro fa male, però ci riproveremo. In qualche altro Giro o già al prossimo Tour de France, vedremo cosa deciderà la squadra».
Intanto, Antonello Orlando della Rai gli chiede se vuol andare al Processo alla Tappa. Andrea che era già pronto per scendere a valle con l’ormai immancabile fischietto per farsi spazio nel traffico, traduce la richiesta al suo addetto stampa, il quale gli dà l’okay.
Prima di partire, fa appena in tempo a prendere un sacchetto di caramelle gommose e a dirci: «Il Giro non è finito. Domani c’è un’altra tappa e si corre ancora in casa. Vediamo cosa si può fare».