Izagirre riapre una vecchia ferita, Vasseur piange. Domani le Alpi

13.07.2023
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Un giorno di ordinaria follia al Tour de France e vittoria di quel Ion Izagirre che sette anni fa ci fece quasi piangere, sfilando una vittoria quasi sicura dalle mani di Vincenzo Nibali. Lo Squalo aveva vinto il Giro, ma in Francia faticava a collegare i puntini, sulla strada delle Olimpiadi di Rio. Erano giorni pesanti e duri, fra attacchi sui giornali e colpi bassi.

Nel giorno di Morzine, con il Col de Joux Plane e la conseguente discesa, Nibali era riuscito a scollinare davanti e tuffarsi nella picchiata con la solita verve. Poi la pioggia e la voglia di non rischiare gli suggerirono di tirare i freni e sul traguardo alpino fu passato da Pantano e Izagirre, che vinse. Ironia del destino, a Rio Nibali cadde proprio in discesa, rimpiangendo forse quella tappa sfumata. Alla fine della stagione, chissà se dopo averlo visto in azione al Tour, Nibali portò con sé Ion e suo fratello Gorka nella neonata Bahrain-Merida.

«Gli ultimi chilometri sono stati emozionanti – racconta Izagirre – volevamo continuare la linea dopo la vittoria di tappa di Lafay. Eravamo venuti al Tour per vincere una tappa, ma averne già vinte due è fantastico. Ero felice di essere nella fuga giusta. La collaborazione è stata buona fino all’ultima salita, così ho deciso di attaccare. Avevo molta fiducia nelle mie gambe. Negli ultimi chilometri mi sono passate per la testa un sacco di cose. E’ stato un giorno emozionante».

Dopo il traguardo il team manager Cedric Vasseur (foto di apertura) non ha fatto nulla per trattenere le lacrime. Per la squadra che lo scorso anno lottò per non retrocedere, due vittorie di tappa sono più dell’ossigeno.

Jakobsen a casa

Già, la fuga giusta. Nel giorno in cui l’invisibile Jakobsen ha lasciato il Tour (l’olandese accusa i postumi di una caduta), la corsa è stata a dire poco esplosiva. Verrebbe da appuntare la vena di ironia che popola le vicende più recenti dei velocisti di casa Soudal-Quick Step. Lasciato andare Cavendish per puntare su Jakobsen, le prestazioni dell’olandese al Tour si sono limitate alla tappa di Nyborg dello scorso anno, antipasto del titolo europeo di Monaco. Per lasciargli spazio, la squadra ha lasciato partire anche Merlier, salvo scoprire che dal 2024 Jakobsen se ne andrà, probabilmente al Team DSM.

Comunque stamattina c’è stato appena il tempo perché Prudhomme abbassasse la bandierina di partenza e Mads Pedersen ha attaccato.

Ha continuato a insistere per tutta l’ora successiva, mentre Van Aert sembrava iperattivo in testa al gruppo, senza tuttavia riuscire a guadagnare metri. La fuga giusta è partita dopo 70 chilometri da mal di testa e ha visto a fasi alterne gli attacchi di Van der Poel e Amador, mentre dietro il gruppo esplodeva. Poi Van der Poel ha deciso di fare da sé, ma ha pagato l’assolo, staccandosi dopo aver iniziato con un piccolo vantaggio anche l’ultima salita.

Un circolo virtuoso

Izagirre è partito con un vantaggio di 25 secondi proprio sulla cima della rampa finale, mentre dietro Guillaume Martin faceva la guardia con astuzia e grande tempismo.

«E’ stata molto dura dall’inizio alla fine – racconta il filosofo della Cofidis, venuto al Tour per fare classifica – e davanti tutti hanno finito la tappa con l’energia che gli era rimasta. Il gruppo in fuga alla fine si è sbriciolaro. Abbiamo pedalato anche con le orecchie – ha riso – come si suol dire in questi casi, ma questi sono giorni belli e bei ricordi. 

«Ho provato a controllare, non è stato facile perché alla fine attaccavano a turno e sono contento di avere di nuovo gambe che rispondono bene. Ion (Izagirre, ndr) prima ha chiuso su Thibaut Pinot e poi ha attaccato ed è riuscito a vincere. E’ un circolo virtuoso, la vittoria chiama vittoria e noi della Cofidis potremmo non fermarci qui».

Van der Poel è stato anche da solo al comando, ma ha dovuto arrendersi alla gamba che ancora non c’è
Van der Poel è stato anche da solo al comando, ma ha dovuto arrendersi alla gamba che ancora non c’è

La resa di Van der Poel

Secondo Sonny Colbrelli, che oggi a Reggio Emilia ha presentato la Merida prodotta col suo nome in edizione limitata, Van der Poel ha fatto ancora un po’ di prove per il suo vero obiettivo: il campionato del mondo.

«Mi sono sentito meglio oggi – ha detto Mathieu, ancora rauco – ma il mio corpo non è ancora pronto per una prestazione vincente. Sono tre giorni che mi sento male. Ricevere il numero rosso è un bel premio, ma avrei preferito vincere. Oggi potrebbe essere stata la mia ultima possibilità di fare qualcosa, ma non ho avuto abbastanza vantaggio per passare l’ultima salita. Nei prossimi tre giorni il percorso non fa per me. Se non altro, sono contento di essermi sentito meglio rispetto agli ultimi tre giorni».

Largo ai giganti

Da domani infatti il gruppo attaccherà le Alpi, con l’arrivo in salita a Grand Colombier, in una tappa breve di 138 chilometri.

Sabato giornata più lunga, con 152 chilometri e l’arrivo a Morzine con lo stesso finale di quella volta nel 2016.

Infine domenica, altri 179 chilometri fino a Saint Gervais Mont Blanc. Le tappe interlocutorie sono finite, da domani riprenderanno in mano le operazioni le squadre dei giganti. E Pogacar, tanto per scaldare la gamba, come risposta implicita agli scatti del mattino di Vingegaard, ha fatto la volata di gruppo.