Un video sul proprio canale YouTube al momento di riprendere la preparazione e così Chris Froome ha spiegato i suoi obiettivi per il 2023.
«Combattere la generazione più giovane – recita il britannico, che in apertura è ritratto nella fuga dell’Alpe d’Huez all’ultimo Tour – sta diventando sempre più difficile. Ho ancora molta motivazione e sento di poter ancora ottenere qualcosa. Potrebbe non bastare per arrivare al livello di Pogacar o Vingegaard, perché il ciclismo è cambiato e anche il modo di correre. Tuttavia, vedo anche come stanno i più grandi, come Geraint Thomas sia comunque arrivato terzo al Tour. E come Alejandro Valverde e Vincenzo Nibali siano stati ancora in grado di vincere delle gare».
Calendario incerto
Il guaio del fare programmi alla vigilia del 2023 è che la Israel-Premier Tech non sa ancora dove correrà. E se lo sa, fa finta di non averlo capito. In quell’insolita geografia dei team dopo le prime promozioni e retrocessioni, il quadro deve ancora comporsi. L’UCI di fatto non ha ancora ratificato un bel niente. Per cui si dà per scontato che la Alpecin-Decuninck e la Arkea-Samsic siano salite nel WorldTour, mentre la Lotto-Dstny e la Israel dovranno correre tra le professional. La prima avrà tutti gli inviti, compresi i grandi Giri. La seconda parteciperà di diritto alle gare WorldTour in linea. E per il resto dovrà sperare negli inviti. Così, come nei giorni scorsi Fuglsang ci aveva raccontato la sua voglia di Giro, Froome butta lo sguardo sul Tour.
«E’ fastidioso – dice – cerco di prepararmi nel miglior modo possibile, sperando nello scenario migliore e cioè che siamo invitati alle gare più grandi. Se ciò non accadrà, troveremo un piano B. In ogni caso inizierò con il Tour Down Under a gennaio e poi vorrei concentrarmi sul Tour de France».
Il Covid e il cuore
La Grande Boucle come filo conduttore o un’ossessione, Froome non si rassegna e rincorre l’ombra di quel corridore filiforme che, prima dell’infortunio, piegò i rivali dal 2013 al 2017, con la sola interruzione di Nibali nel 2014.
«Invece l’anno scorso – spiega – ho preso il Covid e semplicemente non sono stato in grado di rimettermi in forma. Non mi sono mai sentito come se avessi energie da spendere. Sono andato alla Vuelta per ricostruire la forma, ma in realtà non è migliorata. Il Covid ha un forte impatto sul cuore. Non è paragonabile all’influenza, come molti pensano, soprattutto per i ciclisti professionisti. Di quelli con cui ho parlato in gruppo, molti soffrono ancora per i postumi del virus. I corridori si sentono stanchi, non raggiungono gli stessi livelli di forza, hanno frequenze cardiache diverse. E’ importante che la squadra ci abbia sottoposto a tutti i controlli medici necessari, solo per assicurarci che tutto sia a posto».