HUY (Belgio) – «Hai presente quando sei in trance per il freddo e non riesci a capire dove ti trovi? Ero lì che pedalavo, sapevo di essere alla Freccia Vallone, ma a un certo punto mi sono messo a chiedere dove fossimo. Se nel primo gruppo oppure dove, perché non capivo davvero. Adesso ho un piatto di gnocchetti che mi aspetta, ma prima devo scaldarmi le mani, che quasi non le sento…».
Tre italiani all’arrivo
Davide Formolo è stato il primo degli italiani alla Freccia Vallone, 24° a 36 secondi dal vincitore Williams che si fa attendere. Alla fine se non altro ha smesso di piovere e buttar neve, ma a un certo punto, visto il veronese risalire posizioni, abbiamo sperato che ne avesse per tentare l’allungo. Non è stato semplice essere italiani su questo muro, senza corridori azzurri nel primo gruppo, ad eccezione appunto di Formolo. Gli altri compaesani ad aver finito la Freccia Vallone sono stati Lorenzo Germani (quarantesimo) e Luca Vergallito, quattro posti dopo di lui: ultimo classificato.
«La Freccia è meglio vederla in televisione che starci dentro – dice il lombardo approdato al WorldTour dal mondo Zwift – sono distrutto. Nei primi 80-90 chilometri c’è stato tempo bello, meglio di quanto ci aspettassimo. Poi sono iniziati il diluvio, il freddo, un po’ di grandine e pure la neve. E’ stata una gara a eliminazione, io mi sono staccato sul penultimo passaggio del Muro d’Huy e poi ho portato la bici all’arrivo e basta. Ho fatto fatica anche a mettere le mani in tasca per prendere da mangiare. Sicuramente chi ha vinto oltre a essere forte, è stato anche bravo a alimentarsi in maniera corretta».
Germani e il freddo
«E’ stata una giornata strana – dice Germani – siamo partiti col bello e sapendo che avrebbe piovuto, ma non così. Magari sono partito un po’ troppo coperto, con crema riscaldante e all’inizio della gara sentivo caldissimo. Poi però, da quando ha cominciato a piovere, ha cominciato a fare davvero freddo. Ho cercato di fare il mio. Ogni volta che mi staccavo, cercavo di rientrare per aiutare Gregoire o Madoouas, ma è stata una giornata talmente particolare che anche loro ne hanno risentito. Non ho avuto delle sensazioni buonissime, ma con questo tempo non si possono avere…».
Attacco a sorpresa
Quando Williams ha attaccato, i primi hanno avuto appena il tempo di guardarsi. Nessuno attacca mai in quel punto, perché di solito poi si pianta. Eppure proprio quella piccola esitazione ha spalancato la porta al britannico della Israel Premier Tech, che al momento di tagliare il traguardo ha ricordato la gestualità e lo sguardo stravolto di Dan Martin.
«Penso di essermi mosso un po’ prima del solito – racconta – ma c’era un po’ di stallo. Tutti hanno rallentato e credo che nessuno si aspettasse un attacco del genere. Ho potuto farlo perché ero certo delle mie gambe. Ho seguito l’istinto e ho visto che quello era il momento perfetto per partire. Ho pensato che se fossi riuscito a ottenere un margine sufficiente, una volta visto il traguardo sarei stato capace di soffrire più degli altri. E alla fine è bastato. Penso di essermi voltato spesso negli ultimi cento metri. Si stavano avvicinando, ma dopo 200 chilometri sotto la pioggia, fai la differenza con la capacità di soffrire ed ero certo di me».
Gli occhi al cielo
La differenza in questa Freccia Vallone, che ha perso subito i big del gruppo (ritirati o staccati), l’hanno fatta la fiducia, la capacità di gestire alimentazione, abbigliamento e stress.
«Chiedete a qualcuno dei miei compagni di squadra – dice – ieri sera e stamattina, guardavamo sempre il cielo per capire come sarebbe stato il meteo. In effetti è davvero difficile correre in queste condizioni. Il circuito non era incredibilmente tecnico, quindi era gestibile. Ugualmente la cosa più difficile è provare a fare le cose normali in certe condizioni. Quindi mangiare, bere, cercare di non esagerare con lo stress, cercare di non vestirsi troppo. E oggi ho fatto tutto perfettamente.
«Sono partito con un paio di mantelline in tasca e penso di aver tolto l’ultima a 10-15 chilometri dall’arrivo. Mi sono sentito davvero a mio agio per tutto il giorno. Le mie mani si sono un po’ increspate, i piedi sono diventati freddi a un paio di giri dalla fine, ma a quel punto il gruppo era davvero piccolo. Eravamo tutti uguali in una corsa di bici, potevo gestirlo.
325 grammi di gnocchi
A proposito di mani, quelle di Formolo ormai hanno ripreso colore e vita. Il veronese scherza: dopo una doccia ed essersi infilati in abiti asciutti, la vita cambia prospettiva.
«Ha cominciato a piovere e fare freddo – racconta ancora Formolo – quando siamo entrati nel circuito finale. La UAE si è messa davanti a tirare e così non si riusciva a coprirsi. Si sapeva che avrebbe piovuto e per questo sono partito con i guanti in neoprene nelle tasche e anche la gabba a maniche lunghe. Solo che ho impiegato 10 chilometri per infilarmi i guanti e a quel punto la gabba era bagnata e non entrava più. Sono arrivato al classico punto che non capisci più niente. Difficile dire quanto freddo abbia sentito, difficile fare una classifica. E’ una di quelle giornate che per fortuna capita solo un paio di volte ogni anno. Diciamo un buon allenamento per la Liegi (ride, ndr). E adesso però si mangia: 325 grammi di gnocchi con ragù di pollo e tacchino. Ho così fame, che quasi ci farei il bagno».