Emirati, si corre nel deserto: ventagli in agguato…

12.02.2023
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Dici UAE Tour e pensi ai ventagli. Quest’anno in corsa non ci sono solo gli uomini, negli Emirati Arabi Uniti si stanno dando battaglia le donne (nella foto di apertura) e giusto l’altro ieri il vento e i ventagli l’hanno fatta da padroni. Atlete sparse ovunque. Sabbia che tagliava le grosse lingue d’asfalto del deserto.

Scenari tosti, scenari che conosce bene, molto bene, Daniele Bennati. L’attuale cittì era stato leader della nazionale nel famoso mondiale del Qatar nel 2016. E a dargli i gradi di capitano furono soprattutto la sua capacità di correre nel vento e la sua dimestichezza con certi territori.

Bennati con a ruota diversi belgi (tra cui Boonen) al mondiale del 2016. “Benna” era un riferimento anche per gli avversari
Bennati con a ruota diversi belgi (tra cui Boonen) al mondiale del 2016. “Benna” era un riferimento anche per gli avversari
Daniele, partiamo proprio da quel mondiale: cosa ricordi di quella di quella corsa? 

In realtà non ero il leader della squadra, ero il regista designato da Davide (Cassani, ndr). Ero il suo uomo di fiducia, quindi in quell’occasione avevo il compito di guidare la squadra, soprattutto dal momento in cui fossimo entrati nel deserto. C’era un punto in cui si girava a destra e si sapeva che il Belgio avrebbe potuto fare la differenza.

Ecco, hai detto praticamente tutto: “Si girava a destra, c’era il deserto”… Basta una curva perché cambi tutto. Come si corre da quelle parti? E quanto è importante la squadra?

Innanzitutto bisogna avere delle caratteristiche particolari per correre in quelle condizioni. Io ero un po’ uno specialista. Tutti avevano quasi il timore del sottoscritto quando si affrontavano quelle tappe e quel tipo di gare. Pertanto ero anche un punto di riferimento per il gruppo e infatti me ne ritrovavo anche dietro di gente a controllarmi! Poi con l’età, non ero un ragazzino, avevo acquisito tanta esperienza. Sembra banale, ma nel vento non è solo una questione di gambe. E’ anche e soprattutto una questione di esperienza: sapersi muovere in quei frangenti, saper cogliere l’attimo giusto per entrare in testa nella curva decisiva prima che si crei il ventaglio decisivo….

Ventaglio, forse la parola chiave…

La mia prima gara da quelle parti la feci nel 2002: era il Tour of Qatar ed era la prima edizione. E per tanti anni ho sempre fatto Qatar e Oman, Qatar e Oman… Quindi a febbraio andavo là e ci restavo quasi un mese. E sì, laggiù la difficoltà maggiore è quella dei ventagli. Ed è molto più problematico rispetto a quando si creano in Francia o in Italia.

Perché?

Perché da noi è una situazione variabile, non tutti sanno quando e come può avvenire. Da quelle parti invece, in quella determinata tappa, tutti sanno che quando si arriva al “chilometro X”, a quella tale curva, il gruppo si spacca.

Prima dei punti nevralgici, dove si sa che girerà il vento, c’è una vera lotta per le posizioni. Una volata continua
Prima dei punti nevralgici, dove si sa che girerà il vento, c’è una vera lotta per le posizioni. Una volata continua
Come fa a spaccarsi il gruppo se tutti lo sanno?

Ritorno al discorso che facevo prima: non basta una grande condizione, ma anche la capacità di muoversi in certe situazioni. Le gambe ci vogliono sempre, sia per farsi trovare davanti nel punto X, sia per rimanerci una volta che si è aperto il ventaglio. E poi serve la squadra, altro fattore fondamentale. Perché tu puoi essere forte da solo, ma se non hai due, tre o anche quattro compagni di squadra che viaggiano sulla tua stessa lunghezza d’onda non è facile. O sei Cancellara, che aveva una potenza enorme, oppure Sagan che rientra da solo nel ventaglio buono  – e va vincere il mondiale – o si fa dura. Devi avere il supporto di qualche compagno. Saper sfruttare gli altri non è così facile.

Quindi il punto X, quella curva… diventano un po’ come quando si avvicina un settore di pavè della Roubaix o un muro del Fiandre, c’è una volata…

Sì, sì, c’è un tatticismo vero e proprio. Mettiamo che prima di arrivare al punto X c’è vento contrario, è chiaro che tu non puoi stare davanti, devi sfruttare i tuoi compagni. Il problema è che lo sforzo maggiore lo fai nel chilometro prima di arrivare al punto X. In quel momento è una volata continua e una guerra di posizioni, perché se entri nel punto X, trentesimo o quarantesimo sei già fuori. Devi essere nelle prime 15 posizioni. Sono quelli che per primi si mettono a ventaglio, ma posto per tutti non c’è sulla strada e per forza di cose qualcosa succede. Quel chilometro dunque è una sorta di arrivo.

Secondo te i rapporti super lunghi di oggi incidono tatticamente?

Faccio una premessa: io non sono d’accordo con questi rapporti così lunghi per una questione di sicurezza. Si va troppo forte. Comunque sì: incidono assolutamente. Quando hai vento favorevole e laterale, se hai il 58, il 56 cambia parecchio, hai qualche possibilità in più di stare davanti. Ma poi, ripeto, devi avere gamba e ti devi saper muovere.