Il sistema dei punti, che ha già modificato il mercato e il modo di correre, cambierà la storia del ciclismo. Si tratta di un tentativo già visto, che in passato non produceva promozioni o retrocessioni, ma determinava la partecipazione delle squadre alle grandi corse e alimentò indirettamente lo sconquasso del doping. L’UCI di certo proseguirà su questa strada: raramente l’abbiamo vista tornare sui suoi passi, se non a seguito di sentenze inappellabili. Tuttavia l’ambiente ha preso coscienza che il sistema così non funziona e avrebbe prodotto una richiesta di riforma, di cui è venuto in possesso il quotidiano spagnolo Marca.


Classiche contro tappe
Il ragionamento è semplice e parte da una considerazione matematica. Le corse di un giorno, anche le minori, assegnano più punti di quelle a tappe. Ed è vero che vincere resta l’anima dello sport, ma per quale motivo il vincitore di una semiclassica deve valere meno di chi porta a casa una classifica generale?
Il calcolo è presto fatto. Una classica di categoria 1.1 assegna 125 punti in un solo giorno, la tappa di una corsa di cinque giorni della stessa categoria ne assegna 14. Salendo di livello, una corsa di categoria 1.Pro assegna 200 punti, la tappa di una corsa di cinque giorni nella stessa categoria ne vale solo 20. Con questi dati alla mano, le squadre pianificano la stagione e il mercato, in barba a ogni logica sportiva. La conquista dei punti è prioritaria rispetto alla costruzione di un progetto solido. Roberto Reverberi (in apertura con la sua VF Group-Bardiani che ha chiuso il ranking UCI in 30ª posizione evitando la retrocessione) ha più volte ammesso di non aver corso come sarebbe stato giusto fare, ma come era necessario.


Corridori da punti
Le squadre stanno ingaggiando corridori capaci di fare punti nelle classiche minori. Chiaramente si tratta di una problematica inversamente proporzionale al valore tecnico dei team: le grandi squadre fanno punti con i grandi corridori e anche i loro gregari corrono a un livello impensabile per i leader dei team minori. Dai livelli medi e a scendere, abbondano i corridori che sprintano senza essere velocisti, solo per entrare tra i primi venti e accumulare i punti utili per negoziare il contratto. Così facendo, il risultato modesto in una classica vale più di una vittoria di tappa e questo svilisce lo sforzo collettivo e svaluta il patrimonio storico del calendario. Quasi che non abbiano più importanza la fatica accumulata, la strategia, la difesa del leader, le cronometro e alla narrazione sportiva costruita sul cumulo dei giorni. Non c’è da stupirsi che l’istanza così ragionata nasca dalla Spagna, il cui calendario è storicamente imperniato sulle corse a tappe.
Il nesso fra punti e contratto è sempre stato diabolico. Nel ciclismo degli anni 80-90 si pagava un milione (di lire) a punto e ci trovammo di colpo davanti a gregari che smisero di essere tali per guadagnare di più, ricorrendo al doping. Per ora il rischio sembra remoto, ma non è passato inosservato l’improvviso risveglio di anomalie nei passaporti biologici che da agosto a oggi hanno determinato lo stop di quattro atleti, dopo anni di silenzio.


Proposta di riequilibrio
Per riequilibrare la situazione nasce la proposta cha sarebbe arrivata fra le mani del giornale spagnolo e che porterebbe, con il contributo di tutti gli attori coinvolti (ovviamente ad eccezione dell’UCI che dovrà valutarla) a una ridistribuzione più logica dei punti.
Non si tratta di svalutare le classiche, ma di impedire che le corse a tappe vengano penalizzate oltre il lecito. La proposta è chiara: le corse a tappe dovrebbero assegnare il 70 per cento dei punti giornalieri assegnati da una classica della stessa categoria. Non si arriverà parità completa, ma organizzare cinque classiche smetterà di essere più vantaggioso del mantenere in vita una corsa a tappe storica.
E proprio sul fronte delle corse a tappe, si è pensato a una ridistribuzione dei punti. Il 50 per cento spetterebbe alla classifica generale, il 40 alle tappe e il 10 a maglie e classifiche secondarie. Così facendo, una corsa a tappe più lunga apporterebbe più valore di una più breve, cosa che incredibilmente oggi non accade.


Rinnovare e non rinnegare
Le principali corse WorldTour sono protette dal calendario e dal loro prestigio, ma i livelli inferiori ne stanno già risentendo. Corse che un tempo erano simboli di identità regionale ora faticano ad attrarre squadre, che rispondono ad algoritmi di punteggio piuttosto che a esigenze sportive. Il ciclismo si trova davanti a un bivio. Può smantellare la struttura che lo ha sostenuto per oltre un secolo o rinnovarsi seguendo criteri più ampi e non solo numerici.
«Le corse a tappe – scrive Marca – sono molto più che semplici gare: collegano regioni, creano tifosi, creano ricordi e hanno costruito la narrazione emotiva del ciclismo moderno. Se il sistema continua a spingerle verso l’irrilevanza, non solo le competizioni andranno perse, ma anche un modo di comprendere questo sport. Trovare un equilibrio non significa sottrarre, ma proteggere ciò che dà significato all’insieme».
La riforma sarà presentata al Consiglio dei Ciclisti Professionisti (CCP) e all’Associazione Spagnola degli Organizzatori di Corse Ciclistiche (AEOCC) all’organismo internazionale ora presieduto da Javier Guillén. L’UCI dovrà studiarla e prendere una decisione. Il futuro del ciclismo è in gioco.