PADOVA – E adesso sono tre a due per Milan. Dopo la vittoria di ieri Tim Merlier accorcia le distanze nello scontro diretto con il friulano. E sarà la volata di Roma a dirci chi sarà il miglior velocista del Giro d’Italia 2024. Già, ma a Roma bisogna arrivarci. E se tante salite sono ormai alle spalle, parecchie ne restano. A cominciare da quelle di oggi verso Sappada.
Come ti porto il velocista a Roma? E’ questa la summa dell’articolo. Non si tratta solo di tenere duro e arrivare entro il tempo massimo. Ne parliamo con Davide Bramati, direttore sportivo esperto, che ha proprio in Merlier lo sprinter di punta.
Tra l’altro in casa Soudal-Quick Step non è la prima volta che si ritrovano a lottare con il proprio uomo veloce sulle montagne. Memorabile fu l’arrivo di Fabio Jakobsen due anni fa al Tour de France. Lo sprinter fu aiutato dalla squadra. Squadra che per il velocista non è importante solo in vista della volata in pianura, ma anche nelle tappe dure per aiutarlo a portare su i suoi tanti chili.
Come sta Merlier, “Brama”, lo abbiamo visto anche ieri..
Sta bene, siamo a pochi giorni dalla fine di questo Giro e penso che ha fatto veramente bene.
Prima di Padova, venivamo da due giorni non facili. Quella verso il Passo Brocon è stata veramente una tappa dura. Però con i compagni di squadra Tim è arrivato abbondantemente in tempo. C’era ancora un po’ di margine rispetto al tempo massimo. Tutto sotto controllo.
Sei andato dritto al cuore dell’articolo: “con i compagni di squadra”. Spesso si pensa che il velocista se la debba cavare da solo, invece come si organizza il treno “al contrario” del velocista? Quello che lo deve aiutare a salvarsi dal tempo massimo?
Stando vicini in primis. Facciamo l’esempio del Brocon. In partenza c’era da fare subito il Passo Sella. Si sapeva che tante squadre volevano andare in fuga e questo per i velocisti sarebbe stato un bel problema. Si sarebbero staccati… come poi di fatto è successo. Ma già dall’inizio del Giro quando Tim sarebbe stato in difficoltà avrebbe sempre avuto al fianco Cerny, Van Lemberg e Lamperti. Tre uomini per non perdere troppo e, se possibile, rientrare. Nelle tappe durissime il nostro obiettivo era arrivare in tempo massimo.
Quindi si stabilisce la tattica in base all’altimetria? Del tipo: qui si può andare più forte. Qui si recupera. Di qua possiamo perdere tot…
Certo. Ne abbiamo parlato anche ieri mattina nel bus nell’andare alla partenza. Ad un certo punto Merlier ed altri velocisti nella prima valle, quella che portava al Passo Rolle avevano recuperato. Era un gruppo di 30-35 corridori e girando tutti hanno ripreso un minuto e mezzo al gruppo della maglia rosa. Quando dietro c’è un bel gruppo che collabora le cose diventano più facili. E questo gli consente anche di andare un po’ più piano sulle salite.
E risparmiare energie preziose in vista di tappe come quella di ieri o quella di Roma…
Esatto. Verso il Brocon, la tappa che abbiamo preso ad esempio, era tutto sotto controllo, tanto che sono arrivati in cima al Rolle, la seconda salita di giornata, con 10 minuti e mezzo. Mancavano circa 90 chilometri, 30 dei quali in salita. Vista la media oraria che avevano, sui 36 all’ora, il tempo massimo sarebbe stato sui 57 minuti. E infatti alla fine è stato di 58′. Sono arrivati con 48′ di ritardo: quindi tutto sotto controllo.
Sempre in relazione al tempo massimo e alle frazioni di montagna: sono peggio le tappe corte o quelle più lunghe?
Sicuramente nelle tappe più lunghe c’è più tempo e anche più margine per gestirsi. Ma in generale devo dire che qui al Giro d’Italia in una tappa come quella del Brocon, il tempo massimo era fissato al 22 per cento in più rispetto al tempo del vincitore… un bel po’.
Una volta forse era più dura restare nel tempo massimo…
Si, lo devo dire: oggi è più facile rispetto al passato. Tre giorni fa, proprio in vista della tappa di Selva di Val Gardena, ho ricordato ai ragazzi di una frazione che arrivava a Selva. Che poi fu quella famosa che vinse Guerini su Pantani che prese la maglia rosa. Io ero in Mapei ed ero nell’ultimo gruppo, sul Pordoi riuscii ad entrare sul penultimo gruppo. L’ultimo gruppo andò fuori tempo massimo. E il tempo massimo era 36-37 minuti su 6 ore e un quarto di gara. Adesso è più ampio e credo sia anche giusto.
Perché?
Perché adesso il ciclismo è di altissimo livello, si va veramente forte. Un velocista farebbe tanta fatica e queste percentuali sono corrette.
I rapporti moderni, ben più corti che in passato, aiutano il velocista?
Sì, li aiutano. In salita ormai si spingono ingranaggi davvero corti e riescono a sfruttare un po’ meglio la loro potenza, ma se poi guardiamo che rapporti spingono in pianura fanno paura. Velocità pazzesche. I materiali sono all’avanguardia e anche l’un per cento di differenza oggi è già tantissimo.
Quando analizzate i file delle tappe di montagna notate mai il velocista andare a tutta?
Certo, trovi sempre qualcuno nel gruppetto che magari neanche è un velocista puro, e per restarci attaccato sprigiona dei watt impressionanti. E lì gli sprinter soffrono molto. E anche per questo verso Padova c’era un po’ di timore dello sprint.
Cioè?
Siamo alla 18ª tappa, velocisti e uomini veloci avevano speso molto e richiudere su un’eventuale fuga non sarebbe stato scontato. Ricordiamoci quanto accaduto a Lucca quando ha vinto Thomas.