Cioni, raccontaci quel folletto di nome Pidcock

10.03.2021
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Ultima Strade Bianche, parla Cioni. Primi 5 arrivati tutti con un passato (per alcuni anche un presente) in altre discipline, ciclocross e/o mountain bike. Un caso? Difficile pensarlo e ritenere che le caratteristiche del percorso toscano fossero un terreno ideale per chi ha radici nell’offroad è riduttivo.

Guardiamo ad esempio Thomas Pidcock. Dopo la bellissima stagione nel ciclocross, al suo esordio fra i pro’ ha già fatto vedere di che pasta sia fatto alla Kuurne-Bruxelles-Kuurne, terzo addirittura in volata. Dario David Cioni, uno dei preparatori della Ineos Grenadiers non ne è stupito: «La classica belga ha dato in questo senso risposte ancora più importanti, essere così brillante dopo 5 ore di gara, giocarsi la vittoria allo sprint ha detto molto del suo potenziale. Tutti pensano che sia un semplice scalatore, ma non è così. Non è certo fermo allo sprint… In Toscana ha fatto benissimo, ma lì per uno come lui era quasi più semplice».

Ai mondiali di cross ha pagato il percorso pesante e i suoi appena 59 chili
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Cioni, il precursore

Parlarne con Cioni non è casuale. Dario è stato un precursore della multidisciplina in Italia: nazionale nella mountain bike sul finire degli anni Novanta, autore di un clamoroso secondo posto in Coppa del mondo nel 1996 a Sankt Wendel (considerata al tempo la “Roubaix” delle ruote grasse), poi non ha resistito ai richiami della strada, dove si è costruito una carriera lunga e rispettabile. Un po’ si rivede in Pidcock, anche se le caratteristiche tecniche sono molto diverse: «Chi pensava che, vedendo le ultime gare di ciclocross della stagione, peccasse di resistenza sbagliava. Ma non dobbiamo dimenticare – prosegue Cioni – che sono discipline diverse. Nel ciclocross gli altri avevano accelerazioni nel finale che il britannico soffriva, nelle gare su strada i ritmi gli sono attualmente più congeniali, ma è agli inizi, ogni gara è una scoperta per lui e per noi».

I tre di questo podio del cross, protagonisti anche alla Strade Bianche
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Un Pidcock in Italia non c’è, forse perché si è iniziato troppo tardi a parlare di multidisciplina?

All’estero fare più discipline è normale soprattutto agli inizi, qui si è sempre stati più settorializzati. E’ un discorso che coinvolge anche la Federazione, nel passato non si è mai guardato alle varie discipline in un contesto unico. Parlando anche per esperienza personale, il ciclocross è in un’altra stagione e non dovrebbe essere visto come un ostacolo per la strada, mentre la Mtb per le sue caratteristiche tecniche sarebbe un giusto anello di congiunzione. Non bisogna però dimenticare che molto dipende dal singolo atleta. Qui parliamo di campioni veri, come Van Der Poel o lo stesso Pidcock, che riescono a cambiare disciplina con facilità.

Che cosa andrebbe fatto per accelerare su questa ricerca di cambiamento, anche culturale?

Io penso che le squadre continental dovrebbero avere un occhio di riguardo verso i giovani, soprattutto gli under 23 delle altre discipline ciclistiche. Attraverso di loro sarebbe più facile creare quelle strutture di passaggio. D’altronde se guardiamo al ciclocross, di ragazzi interessanti in Italia ce ne sono. Le continental sarebbero un ponte ideale per fare esperienza su strada senza precludere la loro carriera anche invernale, come per il campione olandese o per Tom.

Pidcock ha debuttato con la Ineos nel vecchio Tour du Haut Var
Pidcock la debuttato con la Ineos nel vecchio Tour du Haut Var
Cioni incontrò diffidenza quando cambiò disciplina?

Io ebbi la fortuna di correre in Mtb nella Mapei e di passare con loro alla strada. Quando ero alla Grassi e sempre con la Mapei avevo già fatto uno stage su strada correndo già ai massimi livelli in mountain bike. Io poi ho iniziato molto tardi nel ciclismo, a 18 anni, e ho concentrato tutte le esperienze in pochi anni.

E Thomas come viene visto nel gruppo, per questo suo essere tecnicamente dalle mille sfaccettature?

I tempi sono diversi, ormai non ci si stupisce più dei risultati di questi ragazzi provenienti da altre discipline. Lo stesso Roglic ha un passato addirittura nel salto con gli sci e quest’anno sono approdati al professionismo atleti provenienti dal triathlon o dalla corsa in montagna. Uno come Pidcock ormai è la normalità, non fa quasi più notizia…