Chiusura in Polonia, poi Benedetti salirà sull’ammiraglia

21.06.2024
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Appena compiuti 37 anni, Cesare Benedetti appenderà la bici al chiodo. Lo farà in Polonia, la sua patria d’adozione, al termine del Tour of Pologne, ma subito dopo entrerà nel nuovo ambito della sua vita ciclistica, salendo sull’ammiraglia della Bora Hansgrohe, squadra nella quale ha militato sin dai suoi albori nel 2010. Un destino già segnato che ha avuto i suoi prodromi nelle ultime battute della sua carriera.

Il legame così profondo e antico con la squadra tedesca lo ha portato a questa decisione: «Me lo hanno proposto loro. Io pensavo di tirare avanti un’altra stagione, ma obiettivamente era solo perché non mi ero ancora mentalizzato sulla fine della mia carriera agonistica. I dirigenti mi hanno prospettato quest’eventualità e ho detto subito di sì, anche perché era mio grande obiettivo rimanere nel mondo delle due ruote».

Cesare Benedetti è passato professionista del 2010 con l’allora NetApp, dopo uno stage con la Liquigas nel 2009
Cesare Benedetti è passato professionista del 2010 con l’allora NetApp, dopo uno stage con la Liquigas nel 2009
Un passaggio quasi naturale, considerando che nelle ultime stagioni eri diventato un po’ un regista in corsa più che un semplice gregario…

Effettivamente era un ruolo a me congeniale, soprattutto perché i più giovani si avvicinavano sempre per chiedere consigli, per capire come muoversi in corsa. La cosa non è sfuggita ai responsabili del team che infatti mi hanno chiesto di mettermi a lavorare con gli under 23, per indirizzarli meglio verso l’attività maggiore.

L’idea ti piace?

Non nascondo che mi interessa molto. La Bora Hansgrohe è sempre stata strutturata come una filiera, anzi è stata una delle prime a capire che per alimentare la prima squadra non bastava muoversi sul mercato, ma serviva avere un vivaio, come in altri sport. Ora vogliono dare maggior impulso al settore under 23 avendo capito che non è così semplice passare da juniores e fare un salto così precipitoso, è meglio procedere per gradi. Ormai i devo team danno a tutti la possibilità di fare esperienze con la squadra maggiore nelle prove al di fuori del WorldTour, è la strada giusta per imparare, ma bisogna arrivarci pronti.

Il polacco con il danese Wandahl, uno dei giovani che ha introdotto nel team
Il polacco con il danese Wandahl, uno dei giovani che ha introdotto nel team
Arrivando al termine della carriera è il momento di fare un consuntivo, che cosa vedi guardandoti indietro?

Credo di aver fatto anche più di quello che pensavo quando iniziai questa lunga avventura. Sapevo già da under 23 che non sarei stato un vincente e già allora avevo l’idea che senza grandi chance di vittoria sarebbe stato difficile durare. Non è stato così, ho trovato la mia dimensione. Ho fatto bene il mio lavoro, questo è stato riconosciuto da tutti. Ho seguito la mia carriera aiutando tanti leader a centrare il proprio obiettivo e la cosa che mi piace è che chiudo essendo sempre rimasto a un livello altissimo, in un team della massima serie affrontando corse che anno dopo anno sono diventate sempre più dure.

In questi anni hai mai pensato di cambiare team? Tu sei stato una delle ultime bandiere, di quei corridori fedeli a una scelta fatta quasi a inizio carriera…

Ogni tanto qualche pensiero mi è venuto, più che altro per la curiosità di verificare un’altra scelta, ma servivano motivazioni profonde che non avevo. Ragionandoci era giusto rimanere in un ambiente che ha sempre creduto in me e in quello che potevo dare. Il fisico in questi anni ha dato sicuramente tanto, per questo non ho rimpianti guardandomi indietro, so che i giovani che ci sono ora vanno decisamente più forte di me.

Con Sagan in maglia iridata, una lunga esperienza che ha segnato la carriera di Benedetti
Con Sagan in maglia iridata, una lunga esperienza che ha segnato la carriera di Benedetti
Tu hai lavorato con tanti leader al tuo fianco. Chi ti è rimasto più impresso?

Sicuramente Peter Sagan, è stato lui a farmi fare un vero salto di qualità. Correndo al suo fianco, in maglia iridata, sapevo che non potevo sbagliare e questo mi ha fatto andare anche oltre i miei limiti e mi ha fatto capire che avevo dentro di me qualcosa in più di quanto fatto fino allora. Le sue vittorie sono state per me emozionanti, ma devo molto anche a Majka e ai grandi giri corsi al suo fianco.

La tua più grande soddisfazione?

Il Giro d’Italia conquistato da Hindley, tutta quell’edizione è stata il mio apice come uomo squadra, centrando un grandissimo obiettivo. Il momento più bello però è stato al Giro 2023, quando siamo passati per Rovereto, la mia città, con il gruppo tutto alle mie spalle transitando per le mie strade, davanti alla mia gente pronta ad accogliermi. Avrei potuto chiudere la mia carriera anche allora…

L’unica vittoria di Benedetti da pro’, al Giro d’Italia 2019, nella mitica tappa Cuneo-Pinerolo
L’unica vittoria di Benedetti da pro’, al Giro d’Italia 2019, nella mitica tappa Cuneo-Pinerolo
Come finirai invece?

Un paio di corse a tappe in Romania e Repubblica Ceka e poi il Giro di Polonia. E’ la settima volta nella mia patria d’adozione e mi sembra giusto chiudere lì anche perché in squadra vogliono che sfrutti le settimane successive per fare un po’ di tirocinio in vista della prossima stagione sull’ammiraglia.

A proposito della Polonia, ti sei mai pentito di non aver fatto il passaggio prima del 2021? Se non altro, avresti potuto partecipare a più campionati mondiali…

Ho iniziato la procedura nel 2018, ma i tempi burocratici sono stati lunghi. Non posso negare però che partecipare ai mondiali in Belgio nel 2021 è stata un’emozione forte, esordire a un mondiale a 34 anni. Ora che non dovrò più allenarmi con assiduità, quando sarò libero dal lavoro vivrò maggiormente con la mia famiglia in Polonia. Il Trentino è nel cuore, ma quella è ora casa mia…