La cosa bella di Van Aert è che si è sempre fermato a parlare con i giornalisti. Quando vinceva, rispondendo alle domande di tutti con la comprensibile leggerezza. E assai più spesso quando perdeva, riconoscendone il lavoro. Ed è così anche oggi, dopo una corsa perfetta e avendo incomprensibilmente regalato a Neilson Powless la Dwars door Vlaanderen, con una scelta che definisce egoistica e che racconta tutta la sua voglia di rialzare la testa.
«Se sei davanti con quattro uomini e tre di loro appartengono alla tua squadra – dice ai microfoni subito dopo la corsa – se non vinci, hai sbagliato qualcosa. Sono stato troppo egoista in finale, perché volevo tanto vincere. Soprattutto dopo tutte le critiche che ho ricevuto e tutta la sfortuna che mi è capitata».
Guardandolo seduto per terra, con la schiena sulla transenna, oggi Wout ricorda Franco Ballerini nella Roubaix del 1993. Sognava di aver vinto, invece se l’era presa a Duclos Lassalle.
Lo stupore di Powless
Neppure Powless si aspettava un esito del genere, dopo la fuga con i tre diavoli gialli e neri che hanno preso in mano la corsa e l’hanno spezzata a metà con il piglio dei tempi migliori. Il direttore sportivo Van Dongen aveva raccontato a tutti che avrebbero soltanto voluto correre e vincere da grande squadra. Purtroppo il piano si è infranto a 5 metri dalla riga bianca.
«Mi sentivo molto forte- dice il vincitore, 28 anni e già vincitore di San Sebastian nel 2021 – ma non pensavo che avrei potuto vincere. Pensavo davvero di correre per il secondo posto. In fuga è stata una lotta continua, non sapevo se continuare o rialzarmi e aspettare i compagni che ancora avevo nel gruppo. Però mi sentivo molto bene, quindi ho preferito non rischiare lo sprint in un gruppo più numeroso. Per questo ho collaborato, anche perché se non l’avessi fatto mi avrebbero attaccato e probabilmente mi avrebbero staccato. Sono orgoglioso del modo in cui ho corso».
Capolavoro all’ultima curva
La volata è stato un capolavoro di freddezza, per il californiano che nel 2017 si presentò a Negrar di Verona e vinse il Palio del Recioto senza che nessuno sapesse chi fosse. Questa volta la consapevolezza era leggermente superiore, ma nessuno dei tre corridori della Visma-Lease a Bike al comando poteva aspettarsi il colpo di mano. Solo Jorgenson, anche lui americano, alla fine ha ammesso che aver puntato solo sulla volata sia stata la scelta sbagliata, perché consapevole che Powless sia molto esplosivo.
«Sapevo che avrebbero scommesso su Van Aert – dice ancora Powless – ma non avrei mai pensato che sarei riuscito a batterlo in volata in questo tipo di gare. Sono uscito dall’ultima curva in ultima posizione, ma con grande velocità e l’ho mantenuta perché sapevo di dover lanciare subito lo sprint. Sono tornato al livello che mi appartiene e questa vittoria mi darà la fiducia per lottare anche domenica al Giro delle Fiandre».
La sfiducia di Van Aert
Una fiducia che invece in questo momento Van Aert fa fatica a riconoscere. Il guaio è che a Waregem lo ha battuto certamente un buon corridore, che però in altri tempi avrebbe sbranato senza troppi problemi. Il meccanismo perfetto stenta a rimettersi in moto e dalle sue parole trapelano delusione e sfiducia.
«Per una volta – dice – ho pensato a me stesso. Non volevo rischiare di saltare e far vincere uno dei miei compagni di squadra e questo è stato un grosso errore. Non sono fatto così e per questo sono molto deluso. Bisogna sempre massimizzare le possibilità di vincere la gara come squadra: non l’abbiamo fatto e ne sono responsabile. Ho preso la decisione di sprintare, ma non l’ho fatto come pensavo, quindi bisogna anche prendersi le proprie responsabilità ed essere duri con se stessi».
La tattica sbagliata
Il racconto fatto dai massaggiatori è che il grande belga abbia avuto un crampo durante lo sprint, ma lui non ne parla, forse perché non vuole che suoni come una scusa. La sensazione, vedendo e rivedendo lo sprint, è che abbia girato a vuoto su un rapporto troppo agile. Come già gli accadde al mondiale di cross a Hoogerheide qualche anno fa contro Van der Poel.
«La colpa – conclude – non è certo di Tiesj e Matteo (Benoot e Jorgenson, ndr). Gli sono parso così sicuro che hanno fatto quello che gli ho chiesto. Se avessimo attaccato Powless negli ultimi 10 chilometri e fosse andata ancora male, almeno non avremmo avuto nulla da rimproverarci. Quella sarebbe stata la tattica giusta. Non posso giustificare il nostro finale. Avrò bisogno di un po’ di tempo per fare il bilancio di questa corsa».
Purtroppo per lui il tempo è l’unica cosa che in questo momento non abbonda. Fra quattro giorni si correrà il Giro delle Fiandre, una delle due corse in nome delle quali ha sacrificato la Sanremo e tutte le altre corse di marzo. Venerdì pomeriggio nell’hotel di Deerlijk si terrà la conferenza stampa prima della Ronde. E c’è da scommettere che parlarne non sarà tutto rose e fiori.