Einer Rubio risponde da Bogotà, dove la sua famiglia si è trasferita da qualche anno. Le loro origini infatti sono boyacensi, a Chiuquiza, in mezzo alle montagne da cui lo scorso anno iniziò la sua carriera da professionista con la maglia della Movistar. Einer è lo scalatore che in due stagioni da U23 in Italia ha vinto 7 corse, fra cui 2 tappe al Giro d’Italia (Folgarida 2018, Passo Fedaia l’anno dopo), il Gran Premio Capodarco (2018) e il Memorial Tortoli (2019). Faceva e fa ancora base a Benevento, a casa di Donato Polvere, suo diesse alla Vejus, che anche nel 2020 ha allestito la squadra assieme a “Umbertone” Di Giuseppe, lo stesso che per un anno accolse Hindley.
Quando la Movistar realizzò che dal 2020 avrebbe perso i fratelli Quintana e Anacona, si orientò su Rubio per mantenere la quota colombiana. Perciò nel 2020 del Covid, Einer ha debuttato al Giro d’Italia con appena 15 giorni di corsa e lo ha portato a termine, andando in fuga spesso. Era con Ganna e De Gendt a Camigliatello, prima che Pippo aprisse il gas, e ha centrato il 6° posto nella penultima tappa di Sestriere.
Dopo la quarantena in Spagna per la positività di Lopez, appena si è reso conto che le prime corse sarebbero state annullate, Einer si è affrettato a tornare in Colombia. Avrebbe così partecipato ai campionati nazionali, ma in extremis sono stati cancellati pure quelli. Per cui rimarrà ancora un po’ laggiù e tornerà in Europa per il debutto alla Tirreno-Adriatico. Il segnale va e viene, il suo italiano è sempre migliore.
Come è stato il primo anno da pro’?
Particolare. Sono stato contento dell’opportunità di fare il Giro. Nel mezzo del Covid, qualcosa di buono c’è stato. Anche se forse il momento più bello è stato il Tour Colombia.
A Boyaca, nella tua regione, il massimo…
Un po’ a Boyaca, un po’ a Cundinamarca e poi a Bogotà. Con la Movistar, fra la mia gente. E’ stata una festa, quando ancora si poteva fare festa. Adesso qua è tutto aperto, ma fare le cose è più difficile.
Tornerai al Giro?
Farò la Tirreno, il Catalunya, poi andrò in altura con la squadra. Quindi il Tour of the Alps e il Giro. Un bel programma, molto impegnativo. Mi piace.
Con la squadra tutto bene?
L’ambiente è molto familiare, ma forse qualche errore c’è stato. Mi è mancato un po’ di lavoro, mi sono mancate le corse. Dovevo capire cosa posso fare e dove posso arrivare e avrei avuto bisogno di una base migliore. Però adesso questo è chiaro e abbiamo fatto un bel programma. Si fidano di me.
Sei contento dell’arrivo di Lopez?
Molto, perché ha tanta esperienza. Faremo qualche gara insieme. Lo conoscevo, ma adesso ho avuto l’opportunità di approfondire. Almeno a questo la quarantena ci è servita (ride, ndr).
Tanti colombiani si sono trasferiti a Monaco, oppure ad Andorra, tu resterai in Italia?
Certamente continuerò a fare base da voi, dalla famiglia di Donato. Loro sono la mia seconda famiglia, mi sono stati molto vicino quando sono arrivato. Sono davvero come i miei secondi genitori e loro mi vedono come un figlio, mi vogliono bene.
L’anno scorso al Giro si è parlato di quando Hindley correva in Italia: a te Umbertone ne aveva mai parlato?
Effettivamente è curioso che entrambi abbiamo corso per lui. Non conoscevo Hindley, però Umberto mi aveva fatto vedere le foto. Ho parlato con lui in corsa e ci siamo fatti due risate ricordando il suo periodo in Abruzzo.
Quanto ti manca per arrivare a lottare come Hindley?
Devo lavorare tanto. Con la squadra abbiamo individuato le cose da mettere a posto, ma non sono lontano. Devo curare di più i lavori specifici. E poi nel primo Giro ho avuto un po’ paura in certi momenti a stare in gruppo. Abbiamo corso a un livello altissimo, ma adesso ho preso le misure. So dove sto andando.
Verrai al Giro per aiutare Soler?
Esatto, perché Lopez farà Tour e Vuelta. Si partirà per aiutare Marc, ma poi sui ruoli effettivi deciderà la strada. Lui di sicuro ha un gran motore.
Che cosa rimane della spedizione colombiana che dominò il Giro U23 del 2019?
Ogni tanto ci vediamo. Ardila è alla Uae, Alba è mio compagno di squadra. Ci sentiamo, in corsa spesso si fanno due chiacchiere. E quando serve, ci aiutiamo.