Un volo da Montreal a San Francisco, poi uno per Sydney e l’avventura australiana di Alberto Bettiol ha preso il via. Quando si è accorto che sulla stessa rotta viaggiavano Sagan, Matthews e Van Aert, in qualche modo il toscano ha sentito di aver fatto la scelta giusta. E’ arrivato a Sydney mercoledì scorso, ha mandato giù il fuso orario e se lo guardi mentre si muove nell’hotel della nazionale oppure a tavola mentre tiene banco tra il presidente federale e Amadio, capisci che l’umore sia quello giusto.
«Sto bene infatti – sorride – sono arrivato dal Canada in anticipo sugli altri. Siamo andati a vedere il percorso, che è veloce. Le curve si fanno tutte senza frenare. Ci sarà poco tempo fra una salita e la successiva».
Volume e recupero
Il Gibraltar Hotel sta sul monte. Per andare verso il mare ci sono poche strade e una è la Tourist Road Oval, che si perde tra prati e foreste di eucalipti. All’imbrunire si incontrano i canguri, durante il giorno frotte di corridori dei team che hanno scelto di dormire nella stessa area e di amatori che ogni giorno scalano il Macquarie Pass che dal mare si inoltra verso l’interno.
«Alla fine c’è solo quella salita lunga – conferma Alberto da perfetto padrone di casa – ma le strade sono tutte vallonate e sono belle, non c’è un metro di pianura. Per fortuna, ad eccezione di questi ultimi giorni, abbiamo sempre trovato bel tempo e sono riuscito a fare prima tutti gli allenamenti di volume. Ho fatto una bella distanza sabato e poi due volte quattro ore, lunedì e martedì. Così di qui a domenica ci sarà solo da recuperare, al massimo farò un richiamo venerdì, ma vediamo il tempo».
Ultima distanza
Chiacchiere di un pomeriggio quieto. Oggi (ieri per chi legge) gli azzurri hanno fatto cinque ore, l’ultima distanza approfittando del tempo che ancora reggeva, mentre stamattina piove e di certo faranno meno. “Betto” ha la barba lunga e lo sguardo placido.
«Recupero e massaggi – sorride – sono contento di essere arrivato prima, piuttosto che fare scalo a casa per quattro giorni, come ha fatto Bagioli. Ma lui ha prenotato il volo prima di sapere di essere convocato, sennò alla fine avrebbe seguito la mia rotta. Si trattava di arrivare in Italia, stare quattro giorni, assorbire il fuso e poi ripartire e doversi abituare a quello australiano. In fondo sono qua da otto giorni. C’è lo chef italiano, il massaggiatore, il meccanico. Sembra di essere in ritiro a Riotorto come ai tempi della Liquigas, si sta bene».
Con Massini e Battaglini
La squadra gli piace e in qualche modo si può dire che l’ha vista nascere. Bennati è stato a casa sua per parlare di avvicinamento, in quel pomeriggio in cui fu messa in giro la voce folle delle sue dimissioni.
«Con “Benna” – dice – abbiamo tanti punti in comune. Siamo cresciuti entrambi col Massini e poi con Mauro Battaglini come procuratore e soprattutto consigliere. Mi manca tanto Mauro, chissà cosa direbbe del ciclismo di oggi. Con Daniele siamo anche stati compagni di squadra ai mondiali di Bergen e ci siamo incrociati in più di qualche corsa. Con lui c’è un rapporto sincero, in cui l’amicizia a un certo punto viene messa da parte, senza che io mi aspetti favori o protezione. Ad esempio abbiamo visto entrambi che Bagioli va molto forte, le gare in Canada sono state giuste per capire lo stato di forma. Oggi abbiamo visto il Team Relay in camera mia, anche con Battistella. E Benna è davvero un bel mix. Ha ancora elementi del corridore, ma lo vedi che pensa già da tecnico».
C’è voglia di correre
Anche il team azzurro è un bel mix, cocktail di giovani, giovanissimi, debuttanti e gente esperta che malgrado il tanto vociare disfattista lasciato in Italia, domenica potrebbe dire la sua.
«Io e Trentin siamo quelli più esperti – annuisce – anzi lui è più grande, però è uno di noi (sorride, ndr). Zana è un po’ timido, ma si sta integrando bene. Si scherza e si ride, ma quando martedì Daniele sul pulmino che ci riportava in hotel dopo aver visto il percorso (foto di apertura, ndr) ci ha chiesto le nostre impressioni, ci siamo animati dello spirito giusto. C’è voglia di correre, forse perché siamo da tanto via di casa. Io di fatto sono partito il 4 settembre, ho corso in Canada il 9 e l’11, poi il 12 sono ripartito e sono qui da mercoledì 14 di mattina presto. E il pomeriggio sono subito uscito a farmi un allenamento con Ganna, Sobrero e Affini che erano già qui. Comunque sono tanti giorni».
Lo strappo col 40
E poi prima di salutarsi, come per un riflesso o un atto dovuto, il discorso torna sul percorso che li aspetta e che da domani diventerà il teatro delle sfide.
«Mount Keira è una bella salita, anche lunga – riflette Bettiol – ma messa in avvio di gara non penso possa far partire qualcuno. O almeno non qualcuno di quelli buoni. Lo strappo invece è duro e impegnativo, per cui anche se il circuito è veloce, con il passare dei chilometri la corsa viene dura. Dovremo farlo 12 volte, non sono poche. Di sicuro non si farà con il 53, anche perché il 53 non c’è più e toccherebbe semmai usare il 54 (riferimento ai gruppi Shimano 2022, che sono passati dal 53 al 54, ndr). Credo che userò rapporti normalissimi, per cui lo strappo si farà con il 40 e poi vedremo cosa dirà la corsa».
Fuori è buio. L’Italia ha centrato l’argento nel Team Relay vinto dalla Svizzera. A breve Ganna sarà in hotel e chiuderà la valigia. Per i ragazzi di Bennati invece il mondiale sta appena entrando nel vivo.