«Io non la sopportavo». Capita che durante una chiacchierata con Michele Bartoli, il discorso cada sulle famigerate radio, che collegano costantemente i corridori alla loro ammiraglia. Quando il vincitore di tante classiche correva, il loro utilizzo era stato appena sdoganato, ma non era massiccio come ora.
Uno strumento che secondo il toscano ha cambiato il ciclismo, e in peggio: «Il ciclismo di oggi è preordinato e quindi rischia di essere noioso, sempre svolto su copioni prestabiliti e diretti dall’esterno quasi i ciclisti fossero burattini manovrati da fili. No, non mi piace, non mi è mai piaciuto».
Non è cosa di poco conto, perché le radio hanno profondamente mutato il mestiere stesso del ciclista: «Quando affrontavi una gara, ad esempio era molto importante metterti lì a studiare il percorso, imparare a conoscerlo, magari fissare nella mente quei due-tre punti utili dove piazzare un attacco o comunque provare a smuovere la situazione. Senza la radio saresti chiamato a decidere metro dopo metro che cosa fare, quindi la radio toglie quella primaria qualità che consiste nel saper leggere la gara e la sua evoluzione».
Quali sono le qualità che inibisce?
L’estro, la fantasia soprattutto in quei corridori che hanno qualcosa in più che ne fa dei campioni, strutturati o potenziali. Il campione si vede non solo per lo scatto, per la continuità, ma anche per il suo saper capire come la gara sta per evolversi, che cosa fare per cambiare un destino che sembra già scritto. Le sfide più belle sono quelle dove ci si guarda in faccia, si studia l’avversario, si pensa a dove attaccare e quando. Ora invece è già tutto scritto.
Oltre al campione “finalizzatore”, non rischia di essere svilito anche il ruolo del “regista in corsa”, il corridore più esperto della squadra che pilota i suoi compagni verso le varie mansioni?
Certamente ed è una figura importante, forse tante volte dimenticata. Spesso è chi ha esperienza, chi ha vissuto quelle stesse situazioni che può dare il consiglio giusto in corsa, che può magari dirti: «Mettiti a ruota, ti riporto sotto». Oppure: «Risparmia le gambe, sono azioni velleitarie, lascia che se ne occupino gli altri». Ora non serve più, c’è chi guarda la gara dallo smartphone e ti dice che sta succedendo e che cosa devi fare. Ma il vero direttore sportivo non è questo…
Cosa intendi dire?
Io ho avuto la fortuna di correre con la guida di Ferretti: quando finivamo la riunione prima della gara avevamo sempre un piano A e uno B, sapevamo che cosa fare e uscivamo dalla riunione con le idee chiare. Il vero direttore sportivo sa prevedere la gara prima che si svolga, ti dà le indicazioni giuste mettendoti nelle condizioni poi di giocarti le tue carte in base alle tue sensazioni e ragionamenti. Secondo me oggi le gare sono appiattite e lo stesso ruolo dei Ds è svilito.
Quindi proibiresti le radio in corsa?
Diciamo che il loro utilizzo dovrebbe rimanere confinato nei limiti delle comunicazioni legate alla sicurezza, delle decisioni prese dai giudici. Il resto dovrebbe tornare in mano a chi corre e al suo intuito, solo quello dovrebbe fare la differenza insieme alle gambe…