Fra una settimana saremo nuovamente qui a commentare l’esito delle elezioni federali. Avremo il nome del presidente che guiderà la FCI fino a Los Angeles e le reazioni dei due sconfitti. Quello che potrebbe succedere nell’assemblea non ha limiti. L’ultima volta, con quattro candidati in lizza, il testa a testa fra Dagnoni e Martinello fu deciso da uno spostamento di voti dell’ultima ora. In teoria c’è solo da aspettare, mentre nel frattempo le corse australiane hanno iniziato a produrre titoli e immagini e le interviste portate a casa dal secondo giro di ritiri in Spagna racconteranno la preparazione e i buoni propositi degli atleti che di qui a poco debutteranno in Europa.
La politica federale non ha molta presa sul pubblico, forse per questo finora delle elezioni si è parlato poco. E forse per questo la settimana che ci attende vivrà di colpi di coda o colpi bassi e pochi approfondimenti, nel nome di convenienze più o meno manifeste.
A metà del guado
Il ciclismo è un mondo speciale a metà del guado. E’ passione, sogno, esaltazione, sfida. Ha bisogno a tutti i livelli di gente che ci creda: gli atleti per sostenere fatiche al limite dell’umano, i volontari per riconoscere un senso ai loro sacrifici. Il ciclismo parla al cuore e lo fa senza mezze misure e forse per questo non si riconosce nelle verità non dette e nelle spiegazioni balbettanti della politica. Guccini cantava che il profumo del ricordo cambia in meglio, in questo caso la sensazione è che in assenza del minimo contraddittorio, il tempo ammanta gli eventi e lascia che siano dimenticati.
Stasera nell’Auditorium Parco della Musica di Roma (immagine depositphotos.com in apertura) saranno presentati i due Giri d’Italia WorldTour: quello degli uomini e quello delle donne. Ricordiamo bene la grande pressione esercitata sulla FCI nei giorni successivi alla vicenda delle provvigioni irlandesi e di come questa cessò, come per incanto, quando le organizzazioni del Giro Donne e quello U23 passarono al RCS Sport. Se avete dedicato qualche minuto alla lettura delle missive tra il presidente Dagnoni e l’ex presidente Di Rocco, pubblicate su Tuttobiciweb, avrete avuto probabilmente la sensazione di un cesto di panni sporchi che si è cercato per anni di tenere nascosto. Se ne sentiva persino l’odore. Certe cose devi leggerle, se vuoi farti un’opinione. E se vuoi toccare con mano lo scollamento fra il vertice e la base che cerca di districarsi fra mille problemi – economici, amministrativi e legali – senza il senso di avere nell’istituzione una madre capace di sciogliere i nodi prima che arrivino al pettine.
Ottavi in classifica
Siamo cresciuti sentendoci dire che il ciclismo fosse il secondo sport d’Italia, preceduto soltanto dal calcio. In realtà non è più così da un pezzo. Al punto che un sondaggio Demos realizzato lo scorso anno per Repubblica mostra il nostro sport all’ottavo posto, dopo calcio, tennis, formula 1, volley, atletica, nuoto e motociclismo. Può bastare l’assenza di grandi campioni e di una squadra WorldTour, per giustificare un simile calo? Oppure la si prende come alibi per giustificare l’incapacità di guidare questo sport meraviglioso attraverso il guado?
Lino Secchi, il quarto candidato che però ha fatto un passo indietro, lo ha spiegato chiaramente. Il ciclismo non entra nelle scuole, così come non era presente ai tavoli della politica in cui si lavorava sul tema della sicurezza. Il ciclismo è sparito dalle feste di paese e non svolge azione di promozione sociale. Per contro, il ciclismo continua a campare sul volontariato, sperando che duri. Non mostra vigorosi tentativi nell’arginare il calo dei tesserati e la chiusura di squadre che riducono la possibilità di accesso allo sport. Non c’è una strategia o almeno non si vede. La partita non si gioca sul numero degli amatori, a nostro avviso, ma sul fatto che i ragazzini non sognano più di scoprire il mondo su una bicicletta. E quelli che ancora lo fanno, trovano la strada sbarrata da problematiche insormontabili, soprattutto perché non gestite.
I soldi scarseggiano
La FCI nuota in acque basse e questo non è un buon segno. I soldi scarseggiano, attendiamo di capire se l’accordo con Infront darà una svolta. Il tesoretto ricevuto in eredità grazie ai risparmi del 2020 è stato speso in tre anni. E anche se nel primo anno post olimpico ci saranno certamente meno spese, è chiaro che il disavanzo sia importante e il risparmio non sia una scelta ma una necessità. Nella conferenza stampa di Milano, che ha preceduto il Giro d’Onore in cui ha recitato per tutto il pomeriggio da conduttore, il presidente uscente Dagnoni ha vantato i risultati, sfoggiato le medaglie e spiegato i suoi risultati. Si è però detto stupito, a fronte dei risultati conseguiti, del taglio dei contributi da parte di Sport e Salute. E questo forse dà la misura del cambiamento non percepito: le sole medaglie non bastano più.
I progetti pubblicati sul sito della società che distribuisce i fondi per lo sport sono tutti nel segno della diffusione della pratica sportiva e della promozione sociale. Lo sport è veicolo di benessere e salute, limitarsi a sbandierare le vittorie espone il ciclismo ufficiale alla rimonta da parte degli Enti che fanno attività sui territori e possono vantare un numero di tesserati di tutto rispetto. Se vuole garantire un futuro allo sport – chiunque sarà il presidente chiamato a guidarla – la FCI deve cambiare pelle. Per non ritrovarsi ancora una volta a chiudere la stalla quando i buoi sono già tutti fuori. Prendere esempio dall’operato del Presidente di Lega Roberto Pella, firmatario con il ministro Abodi e Mezzaroma di Sport e Salute del progetto Bici in Comune, potrebbe essere un bel modo per fissare degli utili punti di riferimento.