Le difficoltà degli juniores e tanto altro: Bardelli tuona

24.08.2023
6 min
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«Non c’è una programmazione, così è difficile rispondere alle aspettative dei ragazzi. Perché poi tutti noi, tecnici, i ragazzi stessi, chi gestisce i ciclismo… vive sui loro sogni. Così li illudiamo». Andrea Bardelli, direttore sportivo della squadra juniores CPS Professional Team è un fiume in piena.

CPS Professional Team, Bardelli è il secondo da destra
CPS Professional Team, Bardelli è il secondo da destra

Secondo anno a rischio

Questa situazione d’incertezza sta facendo riflettere il tecnico toscano anche sul fare un personale passo indietro. Tante cose non sono più chiare secondo lui e per i ragazzi non c’è più prospettiva.

«Tolta quella manciata di talentini – dice Bardelli – per gli altri si fa dura… E si fa dura per ragazzi validi, che hanno vinto, che sono costanti nelle prime posizioni. Che hanno potenziale.

«Faccio un esempio, nella mia squadra ci sono tre atleti di secondo anno che sono tra i primi 20 in Italia. Sono tutti e tre bravi, hanno vinto (anche più di una gara ciascuno), hanno fatto diversi podi, sono costanti, abili in corsa… Insomma hanno del potenziale. Avrebbero persino i punteggi per approdare in una continental… eppure nulla. Tante promesse, test fatti ad aprile e ad agosto inoltrato ancora sento dirmi: “Vediamo, se parte quello forse te lo prendo”».

Spesso si guarda ancora solo l’ordine d’arrivo, ma per valutare un ragazzo alle corse bisogna andarci. Lo stesso Bardelli riporta il caso del suo Lorenzo Mark Finn. Quante telefonate da Ferragosto in poi a seguito delle sue vittorie, ma lui questo ragazzo lo aveva scoperto ben prima, quando addirittura neanche era ancora mai arrivato davanti. 

Bardelli invoca un cambiamento pertanto. E anche rapido. Ogni anno il cerchio si stringe. Qualcosa non va in questo sistema.

«Credo che in Italia tra gli juniores di secondo anno ci saranno appena dieci ragazzi che hanno trovato la squadra per l’anno prossimo. Qui diciamo che non ci sono le squadre italiane dei pro’, io dico che non ci sono proprio le squadre».

E su questo ultimo punto bisogna riflettere però. Quando andiamo alle corse, le stesse squadre U23, ci dicono delle difficoltà nel trovare i corridori di primo anno. Poi magari li prendono, ma all’ultimo. Fino alla fine tutti i ragazzi – influenzati da chissà chi – aspettano il colpo grosso, che nella maggior parti dei casi è un sogno.

Una dicotomia non facile: gli juniores passano sempre più spesso pro’, ma hanno le difficoltà di sempre
Una dicotomia non facile: gli juniores passano sempre più spesso pro’, ma hanno le difficoltà di sempre

Regole nuove

E allora come fare? Perché parlare va bene, ma poi serve anche una possibile soluzione. In questo caso molto deve fare il governo del ciclismo. UCI e soprattutto la FCI. Bisogna trovare più spazio per chi approccia la categoria U23.

«Per esempio – prosegue Bardelli – si potrebbe imporre ai team under 23 di prendere un numero minimo di primi anni, cioè di juniores che passano e con un vincolo di punti massimo. Un po’ come noi juniores non possiamo prendere più di quattro allievi di secondo anno con più di 20 punti. E se non c’è spazio, limitare il numero degli elite. Anche perché per loro diventa praticamente impossibile andare avanti».

In questo modo si darebbe a tutti i ragazzi, non solo a quella manciata di campioncini, la possibilità di crescere. Perché a 18-19 anni è diverso che a 24, visto che di spazio ce n’è sempre meno. E magari allo stesso tempo per stare nelle regole si eviterebbero tesseramenti fittizi, dalle Regioni meno battute».

«A 19 anni c’è ancora la crescita di mezzo, ci sono cose da imparare… Quando si fa questo discorso penso a Nicolò Buratti. Da juniores non entrava nei dieci, poi è cresciuto. Uno come lui oggi non sarebbe andato avanti. O lo avrebbe fatto con mille difficoltà».

Nell’assenza di programmazione, Bardelli imputa anche l’assenza di crono. Sempre rarissime in Italia (qui Giaimi – foto tornanti_cc)
Nell’assenza di programmazione, Bardelli imputa anche l’assenza di crono. Sempre rarissime in Italia (qui Giaimi – foto tornanti_cc)

Fci dove sei?

Bardelli mette sul piatto un discorso concreto. Un discorso di chi vive il ciclismo sul campo. Serve una svolta e come detto prima anche la FCI secondo lui deve fare qualcosa. Troppo spesso le cose sono lasciate al caso, si aspetta “fin che la barca va”…

Manca, per esempio, ancora un regolamento 2024: chi deve organizzare i team come e quando si muove? I dirigenti, i tecnici spesso si ritrovano “soli”.

«Ho dovuto chiamare io chi di dovere per sapere qualcosa sulle regole 2024 – spiega Bardelli – Ma nulla. Noi dobbiamo fare tutto, ma non abbiamo niente: regolamento, un calendario omogeneo (a volte due corse in tutta Italia, altre volte sette solo al Nord), procuratori di mezzo che ti tolgono il controllo dei ragazzi…. Spesso dobbiamo affidarci all’aiuto dei genitori, per andare alle corse. Muoversi e programmare così è difficile, credetemi».

La categoria juniores è (ed appare) sempre più importante negli eventi internazionali
La categoria juniores è (ed appare) sempre più importante negli eventi internazionali

Categoria fondamentale

Che ci sia in atto un rivoluzione di questa categoria è ormai noto. Addirittura si vocifera che presto potrebbe essere allungata di un anno, eliminando gli U23. Quella degli juniores è dunque una categoria fondamentale: si va da qui ai pro’ o nelle squadre development. A quel punto è normale che tra le categorie giovanili diventi quella più importante.

Anche in questo caso si punta il dito sui procuratori e sulla fame dei team WT di reperire talenti, ma il discorso non si può limitare a questo. Semmai quella è una conseguenza. Il quadro tecnico, organizzativo e prestativo si è rivoluzionato in pochissimi anni. E tante cose andrebbero riviste, se non altro per adattarsi.

«Se questa categoria è così importante, se è il “muro” di crescita e del futuro per i corridori, allora non voglio più sentire certe critiche: che spremiamo i ragazzi, che li portiamo a correre all’estero – perché mi sono sorbito anche questo – che fanno allenamenti eccessivi… Se poi il sistema porta avanti solo quei top dieci, va da sé che la sfida è tutta qui».

Sotto le spinte di De Fabritiis e di Simone De Zio soprattutto, i CPS lavorano da squadra
Sotto le spinte di De Fabritiis e di Simone De Zio soprattutto, i CPS lavorano da squadra

Serve unità

Se questa categoria è sempre più importante, allora serve un’azione corale. Bisogna fare sistema, tanto più in tempi di “vacche magre”: tra giovani sempre meno per numero, squadre che fanno fatica ad andare avanti, mancanza sempre più evidente di un team WorldTour nostrano…

«Ci vorrebbe anche un cambio di tecnici – conclude Bardelli – e mi ci metto anche io. Dobbiamo riflettere, porci delle domande… Mi rendo conto che alle corse vedo la stessa gente da 50 anni. Perché la Fci non è in grado di tenere quei ragazzi che ad una certa età non possono passare ma possono dare qualcosa ai più giovani? Perché non facciamo un’associazione dei direttori sportivi juniores? C’è Luca Colombo per esempio che sarebbe in grado di rappresentarla».

«La Federazione mi sembra più interessata ad esaltare questa o quella medaglia, che non ad agire su altri fronti: giovani, regole, tesserati… Io non sono un manager, ma metto sul piatto i problemi che vedo: magari insieme si può trovare una soluzione.

«E per fortuna che il cittì Salvoldi è bravo: è presente, si fa sentire… Ma poi il resto? Per fare un esempio, tra qualche giorno scatta il Giro della Lunigiana e ancora non si sa chi porterà il Comitato Toscano. Serve progettualità o presto correranno in dieci».