La crescita di un corridore passa anche attraverso il confronto con i campioni della sua epoca. Mattia Predomo è un autentico dominatore nelle categorie giovanili della velocità, ma questa è una specialità dove si matura pian piano, anche attraverso sconfitte ed esperienze contro i leader, come l’olandese vincitutto Lavreysen. Noi abbiamo sottoposto l’azzurro a un piccolo gioco, mettendolo davanti ad alcune foto dell’olimpionico arancione, analizzandole dal punto di vista tecnico e soprattutto confrontandosi con esse.
Predomo, ragazzo estremamente attento ad ogni sfumatura della sua disciplina si è sottoposto di buon grado alla prova: «Con Lavreysen ho gareggiato un paio di volte ma l’ho sempre guardato con attenzione perché è il riferimento assoluto. Partiamo però dal presupposto che siamo fisicamente molto diversi: lui ha almeno 20 centimetri più di me in altezza e questo si traduce in almeno 13 chili in più. Si vede che la sua muscolatura è molto sviluppata».
Questo comporta l’uso di bici con una taglia diversa?
Non solo. Per lui viene fatta una bici con telaio su misura, non è lui che si adatta con le misure, gli viene costruito un telaio apposito, come avviene per altri olandesi e qualche inglese a che so io. Questo è un fattore importante perché incide sulla sua posizione e tutto il resto. Noi invece dobbiamo lavorare molto sulle misure e le posizioni.
Partiamo allora dalla foto della partenza nel chilometro da fermo…
La cosa che emerge guardandola è la sua posizione estremamente avanzata. Sta lanciando la bici, quindi scarica su di essa una grande potenza per acquisire prima possibile grande velocità. Da notare la posizione delle braccia: se ci fate caso sono leggermente piegate in base alla posizione avanzata delle spalle e questo io credo derivi dal suo passato nella Bmx. Di regola si tengono le braccia più dritte, proprio perché la posizione della parte superiore del corpo è più arretrata.
Nella foto alla balaustra? Qui siamo in una fase abbastanza tranquilla…
E infatti le mani hanno una minor tensione, sono sulla parte bassa del manubrio in posizione rilassata. Significa che sono i giri prima del lancio verso lo sprint, si cerca di acquisire la posizione più comoda possibile non solo per risparmiare energie, ma anche per poter scaricare potenza e lanciarsi più forte possibile. Sicuramente è una posizione molto diversa da quella che assumono gli stradisti, per esempio. Guardate la differenza delle braccia quando invece è vicino alla linea blu, lì sono molto più attive, per dare spinta anche stando seduto. In quella foto desumo che Harrie stia per alzarsi sulla sella.
Guardando le sue gambe che cosa noti di diverso?
Una delle sue caratteristiche è l’eccezionale gioco di piedi e caviglie sui pedali e questo si desume dalla sua prestazione nel chilometro. Non è la sua specialità, so che prima di Ballerup non l’ha disputata spessissimo, ma si nota guardando la foto come la sua posizione sia molto diversa da quella tenuta dai corridori che, invece che dalla velocità, vengono dal quartetto. Nel suo caso si capisce come a differenza degli inseguitori non guardi all’aerodinamica.
Che cosa intendi dire?
Non cerca di assumere una posizione il più possibile “morbida” contro l’aria, ma pensa solo a scaricare potenza. Sui 4 giri conta molto la spinta: lui cerca di raggiungere subito la velocità di crociera, perché a quel punto gli è più facile tenere la bici. La sua è una posizione classica: quando gareggi nella velocità, hai invece una posizione o più arretrata, tendente quasi allo zero e questa tendenza se notate si sta spostando sempre più anche alla strada. Lo stesso Pogacar tende ad avere una posizione simile, perché più comoda e redditizia. Molto dipende dalle pedivelle: io uso le 165, lui ha le 170 che aprono un angolo più basso che permette una spinta migliore.
La posizione del busto?
Torniamo alla foto vicino alla linea blu: la sua posizione è di pieno scarico sulle gambe pur mantenendo la bici in linea. E’ qualcosa che per lui sembra facilissimo ma non lo è. E’ un aspetto sul quale sto lavorando molto con i tecnici, per avere una posizione più comoda potendo in questo modo massimizzare la spinta degli arti inferiori con la bici che, rimanendo stabile e in linea, traduce tutta la forza emessa.
Nello sprint e nel keirin la sua posizione è diversa?
Diciamo che è più classica, simile alla nostra ma lì non puoi inventarti molto. L’impugnatura del manubrio è quella, può cambiare di minimi particolari ma se guardate rispetto all’avversario che è dietro non ci sono grandi differenze, anche se lui si sta alzando sulla sella. Semmai è interessante il fatto che sia leggermente spostato indietro, più in linea con i pedali, ma è sempre per il discorso di prima di scaricare più potenza più velocemente possibile.
Quanto influisce in tutto ciò il lavoro su pista e quello fuori, in palestra?
Questo è un aspetto importante. Direi che la palestra costituisce almeno il 70 per cento della prestazione, ma quelle masse muscolari non le acquisisci dall’oggi al domani, ci vogliono anni di applicazione costante. E’ un percorso lungo, nel quale ogni carico in più deve arrivare al momento opportuno e deve andare di pari passo con la tecnica, con quei piccoli ma fondamentali accorgimenti di cui abbiamo parlato. Poi la prestazione è molto personale: l’australiano Hoffman è uno dei migliori partitori del circuito, ma ha un modo di scattare profondamente diverso da quello ad esempio dei belgi. Ognuno deve trovare la sua strada, io sto lavorando per quello.