Plovdiv, partenza del quartetto maschile: Lamon è pronto a scattare. Villa si avvicina e gli dice poche parole: «Duro Lemon, mi raccomando». Francesco annuisce, strappando il gesto alla concentrazione. Ma cosa c’è sotto la visiera del primo uomo del trenino azzurro? Nella sua mente è tutto un ribollire, da scacciare per concentrarsi sulla finale. Ma non è facile. Le gambe non sono al top e nelle insicurezze spesso si infilano i pensieri. Come ha vissuto i giorni di avvicinamento vedendo andar via per Covid i compagni di mille battaglie? E come è stato essere il riferimento di tanti debuttanti?
Francesco ha appena finito i massaggi. Al suo europeo manca la madison di domani e poi potrà tornarsene a casa. Il racconto è fluido, come nelle mattine della pista quando si aspettano le battaglie del pomeriggio.
Come stavi?
Partiamo dal presupposto che se anche ci fossero stati gli altri, non so come sarebbe andata. E’ stato un anno strano, con sensazioni diverse dal solito. Non c’era l’attitudine allo sforzo, la base delle gare su strada che a me personalmente è mancata tanto. Poi c’era il dubbio se Ganna sarebbe partito con noi e nemmeno si poteva pretenderlo dopo i mondiali di Imola e il Giro d’Italia.
Invece Ganna a un certo punto è comparso in pista.
E addirittura insisteva, così a noi è venuto morale, uno stimolo in più. Poi invece si è ammalato e dopo di lui anche Scartezzini e Bertazzo. E a quel punto ci siamo chiesti se avesse senso partire. Ne abbiamo ragionato con Villa e alla fine aveva ragione lui. Era comunque un’occasione di fare esperienza, ottenere un risultato. E così siamo venuti in Bulgaria come se nulla fosse successo.
Però dei veterani c’eri solo tu e con il Covid non si sa come funziona…
Eravamo tutti sul chi va là. All’inizio pensavamo che quello di Ganna non fosse Covid. Avevamo fatto tutti i tamponi. Poi Scartezzini e Bertazzo. E io mi sono chiesto: perché a me no? Mi sono convinto di averlo avuto nei mesi scorsi, quando non si correva. Senza sintomi, senza essermene accorto. Nel quartetto ho sentito di non essere in forma, non ero il solito Lamon.
Hai corso davvero poco su strada?
La Vuelta San Juan a inizio anno. Poi una corsa ad Alessandria ad agosto, una in Veneto e le due gare toscane, al Del Rosso e Ponsacco. Cinque corse. Al confronto con Ganna che ha fatto tutta la stagione e Milan che ha fatto il Giro U23, ero troppo indietro.
Non potevi entrare in qualche nazionale?
Bella domanda, ma non mi sento di dire che ne avessi più diritto di altri. Tutti avevano e hanno bisogno di correre.
Hai assaggiato il quartetto senza le sue colonne, pensi ci sia un futuro per questi ragazzi?
Secondo me sì. I giovani non hanno tanta esperienza e magari si vede, ma spingono. Milan è con noi da un anno e ha debuttato sul serio ai mondiali di Berlino. Ha un buon livello, potrebbe addirittura essere con noi a Tokyo. Lo dirà Villa.
Hai sempre fatto il primo uomo?
No, per i primi 5 anni sono stato il quarto. Poi nel 2017 ho provato come lanciatore, visto che andavo bene nel Chilometro da fermo. Ed è un ruolo che preferisco, non soffro le partenze. So che devo dare tutto, ma senza strappare, per non danneggiare i tre che mi seguono.
Il tuo sforzo è brutale, non varrebbe la pena usare un dente in meno?
Farei di certo meno fatica, ma quando poi il quartetto è lanciato, sarei nei guai. Addirittura, rispetto agli altri che usano il 61, ho un rapporto un po’ più lungo, il 62×14, come Ganna. Così quando sono a ruota recupero un po’ meglio.
Madison e poi vacanze?
Sì, una decina di giorni, in cui andrò anche a farmi qualche analisi per capire i valori sballati dell’ultima volta. E poi si comincerà a lavorare per il 2021 ancora con la maglia Arvedi.
Bene così, in bocca al lupo per domani. Duro Lemon, mi raccomando…