La medaglia d’oro conquistata da Manlio Moro, insieme ai suoi compagni del quartetto, ai recenti campionati europei, sta tutta nella smorfia di fatica che gli si dipinge sul volto una volta tagliato il traguardo. Il friulano, in forza alla Zalf Euromobil Désirée Fior, è il nuovo innesto del quartetto (in apertura con Milan sul podio di Grenchen). Con un occhio puntato alle prossime Olimpiadi (quelle di Parigi 2024) e l’altro saldo sul lavoro da fare per meritarsi quel posto tanto ambito.


Il finale
Una volta conclusa la finale che ha dato l’oro al quartetto, Moro ha fatto fatica anche a rallentare la bici. Si è sdraiato sul manubrio lasciando che il mezzo decidesse quale direzione intraprendere. I suoi compagni festeggiavano, mentre Manlio non riusciva a staccare le braccia dalla bici.
«I telecronisti dicevano lacrime per Moro – dice il giovane friulano divertito – ma ero “solo” stanco morto. Non riuscivo a fare nulla. Restare a ruota dei migliori al mondo non è semplice, ma ho messo tutto me stesso in questa prova. Non ho ancora iniziato la stagione, ma tra San Juan e l’europeo su pista mi sembra di aver fatto moltissimo».


La gara ha avuto ritmi alti fin da subito.
E’ stata intensa fin dalla partenza, ci eravamo prefissati di girare un pochino più piano, ma una volta in azione ci siamo messi a menare. Ero al limite, più di così non potevo dare e questo era un po’ l’obiettivo: uscire dalla pista senza rimpianti. Andare più forte era impossibile.
Si è visto, sei andato avanti al primo chilometro e hai dato una gran tirata
Sì, potevo risparmiarmi un pochino, ma mi sono fatto prendere dal momento. Siamo passati da 8 decimi a 1,2 secondi in due giri.
Uno sforzo che hai pagato nel finale?
Direi, ai tre chilometri e mezzo ho provato a rimettermi davanti, ma sono durato ben poco. Non ne avevo per mantenere il ritmo ed in più eravamo rimasti in tre. Così ho preferito mettermi a ruota e dare tutto per rimanere attaccato, con il senno di poi ci siamo detti che è stato giusto così.


Anche perché Ganna stava particolarmente bene.
Urca! Alla prima tirata, ci stava staccando di ruota. Nel finale Pippo si è preso l’incarico di fare un giro in più.
3 minuti, 47 secondi e 667 decimi, un bel tempo per essere febbraio, no?
Assolutamente, se pensate che al mondiale dello scorso anno siamo stati più veloci di un secondo, ma con un stagione alle spalle.
E’ stata una piccola rivincita contro gli inglesi, che l’anno scorso vi hanno rubato la maglia iridata….
Questa vittoria ci ha dato grande morale, vincere ci ha aiutato a dimostrare che gli inglesi si possono battere. Se non fossimo riusciti a vincere, non avremmo affrontato i prossimi mesi con la stessa serenità che abbiamo ora.


Hai festeggiato?
Mi sono preso tre giorni di pausa, per riprendere un po’ di energie, ma non ho ancora festeggiato. Lo faremo tutti insieme quando ci ritroveremo a Montichiari.
Ti sei adattato bene ai ritmi del quartetto elite?
Ci sono altri ritmi, si fa molta più fatica, ma i risultati dicono che la strada intrapresa è quella giusta.
Una medaglia che rappresenta un bel tassello verso l’Olimpiade?
Certamente, ora si torna a lavorare in pista e potrebbero esserci delle novità.


Quali?
Potrei cambiare ruolo. Ho sempre fatto il terzo, ma Villa vorrebbe provare a farmi fare il secondo. E’ una bella prova, serve un cambio di ritmo non indifferente. Da secondo hai meno tempo per recuperare dopo la partenza. La cosa bella del quartetto è che siamo in tanti e quindi possiamo fare molte prove.
Il 2024 è l’anno olimpico, ma anche quello del tuo passaggio in Movistar, in che rapporti sei con loro?
Ci sentiamo spesso. Mi seguono e sono contenti dei miei risultati. Il primo anno da professionista e nel WorldTour potrebbe rappresentare un altro step di crescita importante. L’obiettivo è entrare in pianta stabile in questo quartetto.