Viaggio tra i giovani. Il punto con Tacchino, “tecnico dei tecnici”

07.09.2021
7 min
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Ancora non si ferma l’onda lunga del Lunigiana, ma più in generale dell’effetto giovani. Abbiamo visto ritmi pazzeschi, numeri da pro’, comportamenti da campioni navigati, ma al tempo stesso grosse lacune (vedi i famosi fondamentali). Come da nostra abitudine cerchiamo di saperne di più e lo facciamo con Fabrizio Tacchino.

Fabrizio ha una lunghissima esperienza nel campo della preparazione e della formazione rivolta anche ai tecnici. Dopo le sue esperienze in bici, le qualifiche come diesse e la laurea in scienze motorie l’aspetto pedagogico è in primo piano per lui.

Fabrizio Tacchino durante uno dei suoi corsi di formazione
Fabrizio Tacchino durante uno dei suoi corsi di formazione

Partiamo dai rapporti

In questo Lunigiana abbiamo assistito a performance importanti con ben dieci ragazzi che hanno siglato tempi migliori di Pogacar sulla salita di Fosdinovo. Si è sentito parlare di rapporti spinti in allenamento che vanno ben oltre il 52×14 del regolamento imposto in gara per la categoria. Cosa succede quindi?

«Io – spiega Tacchino – non sono così orientato nel dire che i ragazzi facciano dei carichi eccessivi. Piuttosto mi chiederei che tipo di gare fanno? Cosa richiedono le loro competizioni? Quella dei rapporti è una regola degli anni ’60 fatta per tutelare i ragazzi perché se c’era qualcuno che era meno sviluppato di un altro non sarebbe riuscito a tirare i rapporti più duri. Ed era giusta. Ma i tempi cambiano. E andiamo ad analizzare cosa dice l’Uci. In pista e in Mtb per esempio non ci sono limiti di rapporti e oggi uno juniores che in certe gare, vedi il quartetto, non spinge il 56 non risponde al modello di prestazione di quella specialità. Sono stati recentemente abbattuti diversi record del mondo, ma questo è successo non perché si allenino di più o vadano più forte, ma perché girano rapporti che consentono di fare velocità più alte.

«Detto questo, ha senso allenarsi con rapporti più duri, purché sia fatto in modo progressivo e in base a ciò che richiedono le gare. Quindi ben venga ancora il limite del 52×14 in gara altrimenti ci sarebbe una netta svolta verso la forza nella preparazione».

Alcuni juniores sono meno sviluppati di altri e per loro il rischio di restare dietro è altissimo (foto Valerio Bianco)
Alcuni juniores sono meno sviluppati di altri e per loro il rischio di restare dietro è altissimo (foto Valerio Bianco)

Cambio generazionale netto

Che si sta assistendo ad un cambio generazionale lo abbiamo detto più volte, ma che tale cambio sia così repentino e così marcato fa riflettere. Perché? Da cosa dipende?

«E’ migliorata la tipologia degli allenamenti – dice Tacchino – si spinge un dente più duro sulle salite e si fanno tempi impensabili fino a pochi anni fa. E questo per me dipende anche dalla multidisciplinarietà che li stimola molto. In pista vince chi ha la capacità di spingere un dente in più. Ma questo non vuol dire che i ragazzi siano sfruttati oltre le loro possibilità e che si facciano dei danni. Se le cose sono fatte bene, in modo progressivo, non ci sono controindicazioni».

Il dubbio però resta. Siamo sicuri che non si vada oltre? Cosa chiedono i diesse nei corsi di aggiornamento? Alla fine si rischia che, volenti o nolenti, ci sia questa sorta di “fame di successo”.

«Nei corsi spieghiamo il modello prestazionale richiesto dalla gara di quella categoria: quanto dura, la tipologia di sforzo che sono chiamati a fare i ragazzi, la capacità lattacida richiesta… e su questo modello si costruisce la preparazione. Poi c’è chi recepisce e chi no… Ma ci sono delle tappe da rispettare. Ci sono dei ragazzi più propensi e altri meno, nel senso che hanno sviluppato meno. 

«Però non bisogna neanche esagerare nel senso opposto, in quello pedagogico. Non è vero che non bisogna fare dei lavori di forza o senza pesi. Come ripeto, l’importante è farlo con i tempi giusti. Partire dai carichi naturali e poi impostare dei lavori con i bilancieri. Per questo diciamo sempre ai diesse di affidarsi a persone esperte e affidabili. Di fatto noi mettiamo a disposizione delle squadre le metodologie sviluppate con le nazionali e i diesse le devono adeguare ai propri atleti».

Ritmi elevatissimi al Lunigiana. Tenere le ruote in salita non era facile. E lì c’erano i migliori…
Ritmi elevatissimi al Lunigiana. Tenere le ruote in salita non era facile. E lì c’erano i migliori…

Evoluzione delle metodologie

«Da noi il ciclismo – continua Tacchino – è un po’ esasperato. Abbiamo una tradizione ciclistica di lungo corso. Oggi si fanno troppe discipline. Da juniores non puoi più fare troppo: il tempo richiesto per allenarti è grande. C’è una ricerca importante del mio collega Paolo Menaspà, ex Centro Mapei Sport, che mette in evidenza come il livello tra gli juniores sia così elevato che le qualità che esprime un atleta in quella categoria se le porta poi dietro per il resto della carriera. In pratica chi è uno scalatore da juniores molto probabilmente lo sarà anche da under 23 e da professionista. E sta a noi tecnici individuare queste caratteristiche. 

«Ci sono dieci ragazzini che vanno più forte di Pogacar? E’ l’evoluzione della preparazione e una maggiore consapevolezza nei metodi di lavoro. Il che può essere letto in due modi: l’esasperazione o una maturazione tranquilla. Nel primo caso succede che molti abbandonano in modo precoce perché gli tirano fuori tutto. Oggi a 20-21 anni sei vecchio se non passi e le squadre dei pro’ preferiscono prendere un atleta meno maturo e investire su di lui. Senza contare che dietro c’è anche la spinta dei procuratori. Nel secondo caso, invece, c’è chi vive il ciclismo in modo più divertente, più ludico, ma di contro rischia di non arrivare e di non essere preso in considerazione».

Spesso per i ragazzi non è facile sopportare certi livelli di stress
Spesso per i ragazzi non è facile sopportare certi livelli di stress

Il mercato dei giovani

E qui si apre un capitolo molto importante: il mercato dei giovani, il ruolo dei procuratori, la carenza di squadre… il che inevitabilmente porta ad alzare l’asticella. E’ la legge della domanda e dell’offerta. 

«Oggi – riprende Tacchino – se non vai forte da allievo rischi di non trovare squadra da juniores. Da juniores di non trovarla tra gli U23 e così via.. perché ci sono pochi posti in base alle squadre rimaste. Non è più come una volta. In Mtb vediamo dei campionati nazionali con 200 partenti tra gli juniores e 50 tra gli under 23: perché non ci sono squadre in grado di supportare un’attività nazionale.

«Di conseguenza con meno posti si cerca di fare di più. E uno juniores che va forte è già sul taccuino dei procuratori. Al tempo stesso ci sono metodologie migliori di allenamento che bene o male fanno rendere di più. Ma poi si ripercuotono non tanto sul fisico quanto sull’aspetto mentale. Oggi un ragazzo di 19 anni deve essere pronto a fare la vita da pro’. Se deve andare ad una corsa deve prendere un treno, spostarsi da solo… A 25 anni è più maturo, prende la macchina e va: è tutto più facile per lui. In questo contesto è importante anche l’ambiente familiare».

L’effetto Evenepoel è stata una vera rivoluzione, una scossa nel mondo giovanile e juniores in particolare
L’effetto Evenepoel è stata una vera rivoluzione, una scossa nel mondo giovanile e juniores in particolare

Quei fondamentali perduti

Diceva Gianluca Geremia del fatto che oggi i ragazzi vanno forte, ma mancano di fondamentali. Non sanno fare un treno o prendere il rifornimento quando si va più veloce. Nei corsi di formazione o comunque in seno a queste categorie giovanili si curano ancora questi aspetti?

«Faccio un esempio – conclude Tacchino – io sono di Ovada. Ai miei tempi come in ogni altra cittadina c’era una squadra che aveva come minimo 10-15 tesserati, di tutte le età. Una volta non cerano gli Under 23 e magari un dilettante aveva quasi 40 anni. Ebbene questi corridori più vecchi nelle uscite di squadra facevano scuola ai più giovani. Certe dinamiche di gruppo erano apprese in modo naturale. Oggi col fatto che ci sono poche squadre e che magari un tesserato abita a 100 chilometri dall’altro è difficile fare questi allenamenti collegiali. Di contro, non si possono valutare solo i watt. Sento tanti amatori che vincono le granfondo dire: coi miei watt potrei fare il professionista. Non è così. Lì sei in un contesto in cui sei il più forte e vai. Qui invece hai anche un confronto tecnico che ti toglie energie. Mi riferisco allo stare in gruppo, al nervosismo, a prendere una salita dopo aver speso molto di più.

«Piuttosto c’è il rischio che la nuova generazione di diesse non abbia esperienza ciclistica sul campo, ma solo dall’ammiraglia. Finché può il diesse dovrebbe andare in bici coi propri ragazzi. Tra gli U23 certe cose si danno per assodato, tra gli junior qualcosa devi ancora imparare, da esordiente e allievo ci devi lavorare. Noi lo diciamo nei corsi, ma non è facile. Sarebbe bello fare dei corsi pratici perché un conto è spiegare a parole un ventaglio e un conto è farlo su strada. Ma ci sono anche delle esigenze sulla sicurezza che vanno prese in considerazione quando si fa un corso».