La voce di Alessandro Borgo dietro la cornetta fa trasparire tutta la sua giovane età. Il 19enne del CTF Victorious è tornato sui banchi di scuola dopo un intenso periodo di gare tra Belgio e Slovenia. Ora è il momento di recuperare dagli sforzi sportivi e mettersi sotto con lo studio: la maturità di luglio inizia a farsi intravedere.
«Oggi divano e tanti libri – ci dice – niente bici. Ho corso tanto in questi giorni, anche martedì. Sono stato un periodo in Belgio per correre la Youngster Coast Challenge, che ho terminato sesto (foto Koksijde – Oostduinkerke in apertura), poi ho fatto la Popolarissima e due giorni fa in Slovenia l’ultima gara. Ora, invece, ho un altro bel blocco: quello delle verifiche! Devo preparare chimica e storia. Sono all’ultimo anno di Agraria ed Enologia a Conegliano. Quando ho scelto questo indirizzo, il ciclismo non era ancora il mio primo pensiero e ho unito la passione per l’aria aperta a quella per il mio territorio».
Debutto al Nord da U23
Ora il ciclismo occupa uno dei primi posti per Borgo, tanto da portarlo a correre in Belgio e piazzarsi sesto alla Youngster Coast Challenge. Il giovane corridore veneto ha già corso da queste parti negli anni da junior, ma questo era il suo esordio al Nord da U23.
«E’ stata una gara impegnativa, dura e lunga – racconta – abbiamo percorso ben 174 chilometri, è stata proprio una gara da Nord, c’era tantissimo vento, con raffiche fino a 30 chilometri orari. Nel mezzo del percorso c’erano anche tre muri, tra cui il Kemmelberg. Il ritmo è stato davvero sostenuto, dall’inizio alla fine, anche perché il livello era elevato. C’erano tutte le devo team con la Alpecin che ha praticamente fatto il bello e il cattivo tempo, anche se poi non hanno vinto. Ogni rettilineo arrivavano dei ventagli, ogni tot chilometri c’erano corridori che saltavano via come birilli. In due o tre momenti ho rischiato anch’io di rimanere tagliato fuori dalla corsa, in particolare in un rettilineo di quattro chilometri. Avevo poca esperienza con il vento e una posizione errata mi ha portato fuori dal primo ventaglio. Devo ammettere che mi ha salvato uno dei consigli di Modolo (Sacha Modolo, ndr) che dall’anno scorso mi segue e mi aiuta».
Cosa ti ha detto?
Che se fossi rimasto fuori da un ventaglio, avrei dovuto aprirne subito un altro, altrimenti avrei solamente perso tempo. Da solo contro un gruppo di dieci o quindici già si fa fatica, in più se ci si aggiunge il vento… Quindi ho aperto un secondo ventaglio, ma mi hanno seguito solamente in due, siamo stati per una decina di chilometri a 15 secondi dai primi. Siamo rientrati solamente una volta iniziato il circuito finale.
Com’è andata?
Gli Alpecin erano in cinque su 15, hanno fatto il bello e il cattivo tempo. Ma a spuntarla è stato Behrens della Lidl-Trek Future Racing. Dietro ci siamo trovati in cinque a giocarci il podio, io sono entrato per primo alla curva dell’ultimo chilometro, con un buco di due metri tra me e gli altri. Ho deciso di tirare dritto e anticiparli, ma sono tornati sotto proprio a 300 metri dal traguardo e con la volata mi hanno saltato. Comunque ho fatto sesto, non male direi.
Correre nel vento è tanto diverso?
Diciamo che ho imparato a fare un ventaglio e ho capito come entrarci. Sembra banale, ma nessuno di noi del CTF aveva esperienza in queste situazioni.
Facciamo un gioco, raccontaci come si fa un ventaglio.
Supponiamo che il vento arrivi da sinistra. Il primo uomo si mette tutto a sinistra, gli altri lo seguono posizionandosi leggermente a destra, per ripararsi dal vento. Poi si gira, quindi il primo si fa sfilare e si mette in coda, sempre a destra.
Che tipo di fatica si fa nel correre in questo modo?
Non è come andare in salita dove hai un’andatura costante, ma si vive di attimi. Nel senso che ci sono momenti in cui sei a 200 watt e poi per trenta secondi vai a 800 per chiudere un buco. Ad un certo punto senti le gambe bruciare dalla fatica. Però è stato bello, ho visto che in queste gare dove c’è da soffrire vado bene.
Voi del CTF avete alloggiato nella villa della Bahrain Victorious, emozionante?
Abbiamo vissuto in quella casa per tre giorni. Poche settimane prima vedevo le storie dei pro’ che erano lì per correre e poi ci siamo andati noi. Vederla dai social e poi viverci dentro è stato incredibile. Eravamo in sette ragazzi più un massaggiatore, il diesse, un meccanico e un preparatore. Io ero in camera con Skerl e Capra. Gli altri erano Shtin, Ermakov, Olivo e Andreaus.
Come avete organizzato le giornate?
Come prima cosa, appena arrivati, abbiamo provato gli ultimi 100 chilometri di gara. E’ stato un passaggio davvero importante perché mi ha aiutato a capire i tratti salienti e quelli pericolosi. In Francia e Belgio hanno tanti spartitraffico e rotonde. Grazie alla ricognizione mi ricordavo quasi chilometro dopo chilometro tutti gli ostacoli.
La vita di tutti i giorni, invece? Chi faceva da mangiare?
Il cibo lo preparava il massaggiatore, ma anche noi ci siamo messi ai fornelli per cucinare la pasta o il pollo. In quei giorni c’era anche una gara dei professionisti (la Nokere Koerse, ndr) e l’abbiamo vista tutti insieme. Giovedì, il giorno prima della corsa, abbiamo fatto un giro sui muri delle Fiandre, dove l’organizzazione stava già preparando il percorso. Pedalare su quelle strade con la consapevolezza che tra pochi giorni ci sarà la gara è stato unico.
Com’era il clima alla vigilia?
In squadra un po’ teso, ma io devo ammettere che ero sereno. Sono al primo anno, ogni esperienza è bella e mi porta qualcosa. Quello che arriva è tutto un di più. Il giorno prima della corsa ho chiesto anche qualche consiglio a Raccagni Noviero, che corre nel devo team della Soudal-Quick Step. Lui queste gare ormai le conosce come le proprie tasche. Non mi sarei mai aspettato che il vento potesse fare tutti questi “danni”.
Possiamo dire che la verifica del Nord l’hai passata, ora mancano storia e chimica.
Vedremo di passare anche quelle!