Raccani riparte dalla Corsa della Pace e sogna il Giro

17.06.2023
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Chi non è stato scelto per prendere parte al Giro Next Gen si è diretto verso l’Est Europa e un’altra grande corsa a tappe del calendario Under 23, la Corsa della Pace. Avrà anche perso parte del prestigio che aveva soprattutto nel secolo scorso, quand’era il riferimento assoluto al pari del Tour de l’Avenir per la stagione dilettantistica delle corse a tappe, ma resta un appuntamento di alto livello, basta guardare il suo albo d’oro per capirlo.

L’ultima edizione, articolata su soli 3 giorni e valida per la Nations Cup ha visto l’Italia assoluta protagonista, con Davide De Cassan capace di salire sul podio e Simone Raccani poco dietro, quinto. Per il corridore della Eolo Kometa è sicuramente il risultato più importante a livello internazionale, che conferma la sua predisposizione per le gare di più giorni come si era visto anche lo scorso anno, quando finì 11° al Giro di Sicilia contro molti professionisti di lunga milizia.

Il team azzurro con Arrighetti, Belletta, De Cassan, Kajamini, Olivo e Raccani
Il team azzurro con Arrighetti, Belletta, De Cassan, Kajamini, Olivo e Raccani

«E’ il primo risultato importante in questa stagione così particolare – racconta il ragazzo di Thiene prendendoci un po’ alla sprovvista – perché sono stato fermo per ben due mesi. Ho dovuto affrontare un’operazione per togliere la placca al polso. Mi era stata applicata dopo un incidente lo scorso anno. Sono stato fermo una decina di giorni e poi mi sono allenato, ma la preparazione con questo stop ne ha risentito. Sapevo di star bene, ma non credevo che la condizione fosse così buona».

La Corsa è stata completamente ridisegnata quest’anno, come ti sei trovato?

Era breve, ma non semplice, soprattutto i primi due giorni nei quali c’è stata tanta pioggia e conseguentemente molte cadute. Noi però abbiamo corso con molta attenzione, rimanendo sempre nella prima parte del gruppo e questo ci ha salvato.

Dove sono nati i vostri piazzamenti?

Decisiva è stata la seconda giornata con l’arrivo in salita. Mario Scirea (per l’occasione direttore sportivo in luogo di Amadori, ndr) mi aveva detto che dovevo anticipare la corsa, andando all’attacco nella penultima delle ascese per impedire che ci si giocasse tutto sull’ultima salita. Così ho fatto, andando in fuga con il francese Huby,  e scollinando con oltre mezzo minuto. Dietro il Portogallo si è accollato il peso dell’inseguimento e ha fatto un buon lavoro, anche perché avevamo il vento contro. Sull’ascesa finale siamo stati ripresi da un gruppetto con De Cassan, ma siamo rimasti avanti, io poi nel finale ho ceduto perdendo quei secondi che mi avrebbero permesso di finire ancora più avanti in classifica.

Eravate voi due le punte della squadra?

Sì, quelli deputati alla classifica, ma si correva anche per i traguardi parziali, infatti Belletta ha chiuso 3° nella tappa conclusiva. Alla fine il bottino è stato positivo anche perché prima di partire la tattica che dovevamo attuare era quella di una squadra votata all’attacco, che doveva fare la corsa e non subirla e credo abbiamo centrato l’obiettivo.

Per Raccani primo anno alla Eolo: finora per lui 20 giorni di gara con la maglia del team (foto Borserini)
Per Raccani primo anno alla Eolo: finora per lui 20 giorni di gara con la maglia del team (foto Borserini)
Che cosa ci puoi dire del francese che ha vinto, Antoine Huby, visto che hai condiviso la fuga?

E’ il tipico scalatore, che però si difende bene anche sul passo. E’ forte, quando siamo stati ripresi non si è lasciato andare e anzi ha risposto all’attacco di Dalby, il danese finendogli attaccato. Io invece avevo speso tanto, probabilmente ho pagato lì i due mesi di inattività. Poi nell’ultima tappa la nazionale francese ha corso tutta per lui, tenendo la corsa bloccata.

Spesso si dice che queste esperienze all’estero portano i corridori italiani a misurarsi con un modo diverso di correre. E’ vero?

Per certi versi sì, hanno un grande peso, secondo me anche più delle corse a tappe italiane, perché ti trovi a gareggiare in contesti molto diversi tecnicamente parlando. Io con l’Eolo Kometa ho già avuto modo di fare esperienze anche in gare importanti in Italia, ma queste occasioni mi sono servite per imparare tanto. Ho corso già con i più grandi, come Evenepoel e Pogacar e quelle occasioni mi hanno dato moltissimo.

Il veneto ha già corso fra i grandi: qui all’Andalucia dove ha trovato anche Pogacar
Il veneto ha già corso fra i grandi: qui all’Andalucia dove ha trovato anche Pogacar
Anche se era una gara a tappe di soli 3 giorni, ti è servita per accrescere la forma?

Credo di sì, ma lo vedremo soprattutto nelle prossime occasioni, soprattutto tornando a correre a livello Open, ad esempio con i campionati italiani. Farò sia la prova a cronometro che quella in linea, poi si deciderà la seconda parte della stagione su che basi impostarla.

Tu hai avuto l’opportunità di fare uno stage con la Quick Step nel 2021, sei rimasto in contatto con loro?

Sì, siamo in buoni rapporti e so che mi seguono, ma io sto bene alla Eolo e ho un altro anno di contratto, quindi sono tranquillo e concentrato sulle prove che verranno.

Hai 22 anni e un altro anno con la squadra italiana: un pensierino al Giro d’Italia assoluto del prossimo anno lo fai?

Diciamo che è un sogno che spero si avveri. La corsa di tre settimane di per sé non mi fa paura, se hai fiducia nella tua condizione di forma e hai lavorato bene, in fin dei conti quel che conta sono le gambe. Molti fattori possono influenzare la partecipazione o meno, so che devo meritarmela lavorando bene di qui a un anno, in allenamento e portando risultati. Ma di paura proprio non si parla, sarei casomai curioso di vedere come me la cavo…