Nel ciclismo contemporaneo si parla sempre dei talenti precoci, tanto che questa definizione rischia di essere abusata a uso e consumo dei procuratori che piazzano fra le varie squadre giovani ancora acerbi promettendo mirabilie. Ci sono però storie che fanno davvero pensare di essere di fronte a un corridore baciato da capacità fuori del comune. Quella di Pavel Novak, il ragazzo della Repubblica Ceka che sta contrassegnando la stagione degli juniores, è una di queste.
A renderlo speciale non è solo il fatto che parliamo di un corridore che a dicembre compirà 18 anni, ma che ha un’esperienza ciclistica davvero minima, avendo iniziato a praticare ciclismo solamente un paio d’anni fa. Prima, per 10 anni si era dedicato all’hockey su ghiaccio che nel suo Paese è uno degli sport nazionali, sicuramente più praticato del ciclismo. Forse nell’hockey sarebbe stato uno dei tanti, sulle due ruote si è già saputo distinguere come un vero “killer”, dalla perfetta scelta di tempo nelle sue azioni e con qualità innate.
Un arrivo inaspettato
Com’è arrivato Novak dalle parti italiane? A spiegarlo è Marco Taddeo, presidente della Ciclistica Trevigliese che quando ne parla lascia trasparire un’attenzione come quella che si ha per un figlio acquisito.
«Eravamo in contatto con Marco Cattaneo – racconta – che aveva portato in Italia i fratelli Vacek e ci aveva suggerito di andare agli europei di Trento per vedere un ragazzo che doveva venire da noi. Lì, il suo contatto ceko gli sottopose un cambio, parlandogli di questo ragazzino appena approdato al ciclismo, ma che già si era guadagnato la nazionale.
Il test e quei dati strabilianti…
«Lo portammo da noi per fargli fare qualche test – prosegue Taddeo – alla fine guardammo il Garmin ed eravamo convinti che non avesse funzionato, c’erano valori enormi. Invece funzionava benissimo… Quella è stata la prima volta che Pavel ci ha stupito, ma certamente non è stata l’ultima…».
Quei numeri da pro’ sono diventati una costante, come anche lo stupore dei dottori in base ai suoi valori. Ma tutto questo potrebbe anche non bastare, se non fosse corroborato da una voglia innata di vincere.
«All’Eroica – riprende Taddeo – erano andati in fuga in 8, lui li ha ripresi e staccati tutti insieme, per vincere in solitudine. Come aveva fatto alla Piccola San Geo e alla Dondeo. Lui vince sempre così, di forza».
A fronte di un carattere così forte in corsa, c’è un ragazzino che ha preso il coraggio in mano e ha lasciato la famiglia per inseguire il suo sogno a migliaia di chilometri di distanza.
«E’ un bravissimo ragazzo – ancora Taddeo – e la cosa che mi colpisce è che è molto più maturo della sua età. Vive in una casetta vicino la nostra e si fa tutto da solo, taglia anche l’erba del prato… E’ un po’ timido, a volte sembra sulle sue, ma con i ragazzi va molto d’accordo».
La vittoria alla Coppa Dondeo (foto Matteo’s Photo) Attacco da lontano e successo: è la trama della Piccola San Geo Il podio dell’Eroica, anche qui successo in solitudine
A scuola di italiano
Un dato che possiamo testimoniare direttamente. Al di là dell’ostacolo linguistico, Pavel è uno che parla poco ma sempre in maniera diretta.
«Qui in Italia – racconta – mi sono trovato benissimo, la società mi ha messo a disposizione tutto quel che serve e ho trovato un ambiente ideale. Per me non è facile, sto imparando qualche parola di italiano ma è molto diverso dalla mia lingua. Comunque con i ragazzi attraverso l’inglese ci intendiamo benissimo e sono diventati tutti amici».
Tanto è vero, come testimonia Taddeo, spesso vanno a tenergli compagnia quando non ci si allena, avendo costituito un bel gruppo anche al di fuori del ciclismo.
Un passista scalatore
Tecnicamente Novak è il classico passista: «Gli piacciono molto i percorsi duri – dice Taddeo – le salite non gli fanno paura, anche se non è leggerissimo, infatti parte sempre sui tratti duri facendo la differenza».
«A me piacciono soprattutto le corse a tappe – rilancia lui – dove penso di poter emergere maggiormente». Infatti alla Corsa della Pace ha chiuso 6° e al Tour du Pays de Vaud aveva iniziato molto bene, con un 3° e un 8° posto, ma quando avrebbe dovuto affrontare la cronometro che poteva proiettarlo in vetta, è stato costretto al ritiro per un problema fisico. Non tutto il male però viene per nuocere, infatti ne ha approfittato per tornare a casa e stare un po’ in famiglia.
Subito pro’? Meglio aspettare…
Chiaramente, a dispetto della giovane età, l’obiettivo è bruciare le tappe: «Io voglio passare fra i pro’ prima possibile, ma molto dipenderà dai risultati che farò da qui alla fine della stagione».
Su di lui sono in tanti ad aver posato gli occhi, anche squadre del WorldTour, ma Taddeo getta acqua sul fuoco: «Di richieste ne abbiamo tantissime, ma ci siamo impegnati con la famiglia a valutare il meglio per lui, se necessario tenerlo ancora con noi e fargli fare tutti i passi necessari. Deve passare sulla base di un progetto, che contempli anche le necessarie esperienze fra gli Under 23».
Nel suo immediato futuro ci sono altre gare a tappe, soprattutto all’estero: «Stiamo sviluppando un calendario alternativo dopo la cancellazione del Giro del Friuli, per far fare esperienza a lui come agli altri ragazzi, poi chiaramente ci saranno gli impegni con la sua nazionale. Di una cosa però sono certo – afferma risoluto Taddeo – èun ragazzo che sa gestirsi e che gestiamo con attenzione, anche e soprattutto nei carichi di lavoro in allenamento, dove molto raramente tocca le 4 ore. E’ un diamante grezzo ma purissimo, che va protetto».