Tommaso Nencini era partito col “gas a martello” come direbbe Guido Meda nelle sue telecronache della MotoGp. Si è portato a casa la Firenze-Empoli e questo gli aveva anche “regalato” la convocazione in azzurro alla Coppi e Bartali. Tutto sembrava girare per il meglio, ma poi qualcosa si è inceppato. Nulla di irrecuperabile chiaramente…
Tommaso, riavvolgiamo un po’ il nastro e torniamo all’inizio della stagione…
Ero alla Mastromarco e con i miei procuratori, Paolo Alberati e Maurizio Fondriest, abbiamo deciso che cambiare aria fosse una buona idea e così sono arrivato alla Petroli Firenze – Hopplà. I primi due anni da under 23 non dico che sono stati oscuri, ma di certo hanno visto degli alti e bassi.
E adesso?
Adesso qui va meglio. Già durante l’inverno ho sentito la gamba che rispondeva bene. Tanto che al mio diesse, Matteo Provini, e agli sponsor lo dissi prima della Firenze-Empoli: vedrete che se non vinco ci vado vicino.
Però! Bello quando è così, segno che ti sentivi sicuro. Ma ti sei anche messo pressione addosso…
Proprio pressione magari no, ma con quelle dichiarazioni… Meno male che ho vinto!
Prima hai parlato di un cambio durante l’inverno, della gamba che girava. Perché?
Abbiamo sempre avuto l’aiuto della squadra. Ci hanno messo a disposizione tutto. Abbiamo fatto ritiri a Piacenza e a Riotorto. Una bella base di lavoro e proprio lì ho iniziato ad immaginarmi la vittoria, a vederla nella mia testa proprio perché stavo bene. E infatti mi sarei aspettato qualcosa di più nelle gare successive.
Cosa non ha girato per il verso giusto?
Mah, a volte è anche questione di fortuna. Il gruppo c’è, siamo amici, una bella squadra. Forse in qualche situazione abbiamo sbagliato a interpretare la corsa, non siamo riusciti a cogliere l’occasione. E poi sia io che io miei compagni non siamo ancora al 100% della condizione e magari non ci aspettavamo che altre squadre partissero così forte.
In ogni caso però il tuo inizio non è stato malvagio, come detto sei anche stato convocato da Cassani…
No, no. Ho anche fatto sesto alla Per Sempre Alfredo e nella prima tappa della Coppi e Bartali ho chiuso undicesimo e per me era la prima volta che correvo contro molte squadre WorldTour. Siamo andati bene anche nella cronometro a squadre, prima ed unica continental nelle prime dieci. Poi questa caduta nella seconda tappa mi ha condizionato parecchio. E alla fine mi sono dovuto ritirare verso Riccione.
Ma te l’aspettavi questa convocazione?
Un po’ era nell’aria. Col fatto che spesso vado anche a Montichiari, che ci sarebbe stato Villa e che la mia squadra ha buoni agganci è venuta fuori la possibilità di fare questa esperienza. Ed è stato bello.
Hai un cognome importante, sei il nipote di Gastone, sei cresciuto a pane e ciclismo. Quando hai iniziato a correre?
Da G1 e sì, in casa mia si respira ciclismo. Salire in bici è stato naturale. Dall’età di sette anni corro e devo dire che sono abituato ad alzare le braccia al cielo. E infatti questa vittoria al terzo anno da dilettante ci voleva. E’ stata la prima tra gli under 23.
Il tuo diesse ci diceva che sei paragonabile ad un Davide Ballerini. E’ così?
“Ni”, non sono veloce come lui, ma forse tengo un po’ di più in salita. Sono più un Michael Matthews. Uno da classiche, da corse di un giorno. Uno che se non ci sono i “velocistoni” può dire la sua.
Chiaramente vivi come un pro’ e ti alleni tutti i giorni. Ma sei anche meticoloso?
Sono abbastanza metodico e fare la vita da atleta per me non è un problema. Il mio obiettivo è passare e farlo nel WorldTour e sono motivato per questo. Altrimenti cosa starei a fare qui?
Hai seguito queste prime gare della stagione?
Sì, Strade Bianche, Tirreno, Sanremo… ieri la Gand.
E cosa ne pensi?
Che è cambiato il modo di correre. Adesso si attaccano subito. E’ dura già ad inizio gara. Chi ha più gamba va. E questo mi piace. Credo sia meglio per me che sono abituato ad andare forte sin da subito.