Alla Coppa San Geo Bryan Olivo metteva subito la sua firma sulla stagione tenendo fede alle promesse della vigilia. Intanto alla Firenze-Empoli, l’altra contemporanea classica nazionale di apertura della stagione U23, a svettare era Alessio Menghini. Un successo in volata, quello del portacolori della General Store, ma dietro c’è stata una corsa dai mille volti. Una vittoria che a un certo punto sembrava utopistica visto come si era messa la corsa. Un successo che per lui vuol dire molto, considerando il fatto che nel primo anno nella categoria gli era sempre sfuggita.
La vittoria nasce da lontano, da una preparazione invernale senza intoppi e impostata per andare subito forte: «Ho lavorato moltissimo perché volevo migliorare non solo la mia base, ma anche la mia tenuta sui percorsi duri. Avevo capito nello scorso anno che per emergere dovevo fare un salto di qualità nel mio rendimento. Un percorso come quello toscano è adatto alle mie caratteristiche, per questo tenevo a presentarmi pronto. Il ritiro che abbiamo fatto in Spagna è stato utilissimo in tal senso, anche perché abbiamo costruito subito una grande intesa fra noi compagni».
Tu hai cambiato squadra quest’anno, perché?
Innanzitutto ci tengo a dire che con la Solme Olmo non ho avuto alcun tipo di problema, mi hanno dato buone opportunità e ho ottenuto piazzamenti di rilievo nello scorso anno. Alla General Store mi hanno però fatto una buona offerta e proposto un calendario più adatto alle mie caratteristiche. Ho l’opportunità di crescere anche come concorrenza da affrontare, ad esempio potendo anche correre all’estero.
Veniamo alla gara, vissuta prevalentemente sulla fuga di Viviani e Novak, il corridore boemo nato tra l’altro il tuo stesso giorno. Hai temuto che la loro azione andasse in porto?
A un certo punto sì, soprattutto conoscendo le grandi qualità di Novak. Quando all’ultimo giro attraverso la radio mi hanno detto che avevano ancora un minuto e mezzo di vantaggio ho pensato che la gara fosse andata. Poi però le principali squadre, soprattutto Trevigiani, Biesse e Zalf si sono messe a tirare di brutto e il vantaggio si è progressivamente ridotto.
Voi avete contribuito all’inseguimento?
Abbiamo cercato di rimanere nascosti, per risparmiare energie per la volata finale visto che la corsa si stava mettendo bene per noi. Gli altri team stavano lavorando bene, l’andatura era molto forte, ma sapevamo che non si poteva tentare alcuna azione e dovevamo compattarci per lo sprint.
Come hai costruito la tua volata vincente?
Dopo che abbiamo ripreso la fuga, abbiamo provato a organizzarci. Dalla fine della discesa si è messo davanti a me Cirlincione, mentre Palomba mi teneva coperta la ruota. Così fino all’ultima curva quando ho agganciato la ruota di Baseggio saltandolo a 80 metri dal traguardo.
Primo anno senza successi, inizia la seconda stagione e sali subito sul primo gradino del podio. Che cosa è cambiato nel frattempo?
Il primo anno non è stato negativo, ma avevo molto da imparare. Mi sono accorto nel corso della stagione che andavo sempre più migliorando, me lo dicevano i numeri. E pian piano stavo maturando. Io credo che i miei risultati fossero nell’ordine delle cose, in attesa del salto di qualità che spero essere arrivato. Stavolta ero pronto, sentivo le gambe che giravano bene.
Ti ritieni un velocista puro?
Non proprio. E’ vero che ho un buon picco e che anche nelle volate di gruppo mi riesco a districare e far vedere, ma preferisco i finali più frastagliati, dove c’è selezione e si arriva con un gruppo più ristretto. Quella di Empoli è stata proprio la corsa ideale, con un gruppo scremato ma comunque con il nostro team pronto per favorirmi.
Le tue capacità allo sprint ti contrappongono idealmente a un altro velocista della categoria come Daniel Skerl, che tra l’altro ti ha risposto vincendo domenica il GP Misano 100. Credi che possa nascere una rivalità fra voi?
Non lo so, rispetto molto Skerl, domenica non ci siamo potuti confrontare per colpa di una caduta che mi ha tolto dalla corsa. Lui credo sia più un velocista puro, quindi nelle volate di gruppo lo vedo più forte. Sarà comunque divertente affrontarlo e una sportiva rivalità penso che possa far bene a entrambi. Staremo a vedere.
C’è qualche corridore al quale ti ispiri?
Non credo di discostarmi da quello che dice la maggioranza dei giovani. Siamo un po’ tutti intrigati dai campioni del momento, quelli da classiche come Van Aert e Van Der Poel. Io vorrei essere proprio come il campione del mondo. E’ un modello di riferimento per il suo modo di correre, anche se io ho un fisico un po’ diverso, sono alto 1,82 per 70 chili, non troppo pesante, per questo voglio diventare più forte negli strappi brevi.
I prossimi impegni?
Intanto le classiche di marzo in Italia come le due prove di San Pietro in Gu e la Popolarissima e poi la trasferta in Slovenia, su percorsi vallonati come piacciono a me. Saranno quelle gare il mio vero obiettivo, dove portare a casa il risultato.