Gal Glivar, il campioncino sloveno che ha messo in fila i successi nella Carpathian Race e nell’Orlen Nations Cup Grand Prix, è uno di quei classici casi di corridore col destino segnato. Lo si capisce ascoltando la sua storia: «Mio padre Srecko era stato corridore di buon livello (arrivò secondo al Giro di Slovenia nel ’93, ndr), poi si è dedicato alla carriera di direttore sportivo in molte squadre e io ero tante volte con lui in auto a seguire le corse. Quando avevo 9 anni ho cominciato a correre sempre nella squadra di mio padre, l’Adria Mobil e sono ancora lì…».
Ora di anni Gal ne ha 21 e la passione per il ciclismo non l’ha più lasciato. Nell’ambiente il suo nome è fra i più sussurrati come uno dei campioni del futuro, d’altronde quel che ha fatto vedere quest’anno ha davvero stupito, per la maturità dimostrata nella conduzione delle corse a tappe. Per il ciclismo ha sacrificato tutto.
«Ho preso il diploma e ho finito di studiare, non faccio altri sport – racconta lo sloveno – mi dedico solo al ciclismo e d’inverno faccio palestra proprio per preparare la stagione successiva. L’unico mio diletto è la chitarra, che suono piuttosto bene a quanto mi dicono».
Quest’anno hai fatto un grande miglioramento come risultati, a che cosa pensi sia dovuto?
A dir la verità non lo so. Ho fatto la stessa preparazione dell’anno scorso, ma quest’anno sono cresciuto abbastanza per vincere, mi riesce tutto facile. I risultati vengono per questo, sento che in corsa sono un corridore diverso rispetto a prima.
Come corridore pensi di essere più forte in salita o nelle cronometro?
Non credo di essere il migliore in nessuna delle due cose, ma me la cavo bene in entrambe. Le salite lunghe e ripide le soffro, soprattutto quelle delle Alpi italiane, ma riesco comunque a disimpegnarmi bene, a gestire le energie e a sfruttare le occasioni. A cronometro ho vinto titoli nazionali di categoria, mi sono sempre disimpegnato bene.
All’Orlen Nations Cup hai battuto Piganzoli che parlando di te ha detto che la tua caratteristica è che non ti stacchi mai quando provano ad attaccarti. Quanto incide la caparbietà nelle tue prestazioni?
In Polonia l’Italia aveva una squadra di talenti davvero forti. Hanno provato a farmi cedere, mi hanno attaccato ma io ho solo seguito il migliore ed ero lì, sapevo che dovevo rimanere attaccato se volevo vincere. C’era una grande pressione da parte di italiani e spagnoli perché puntavano al successo, è stata una bella battaglia.
Dopo i tuoi successi, molti ti paragonano a Roglic e Pogacar. Quale dei due preferisci e a chi pensi di somigliare di più?
Non ho una preferenza, sono molto tifoso quando ci sono sloveni in gara e mi piace molto guardare tutti e tre i grandi tour perché ci sono loro. In ogni grande giro abbiamo uno sloveno lì, a lottare per la vittoria e questo è esaltante, anche se il Tour de France è qualcosa di speciale a prescindere. Al Giro mi sono esaltato per Roglic, al Tour sono impazzito quando nel 2020 erano entrambi sul podio.
Quanto contano per voi giovani sloveni i loro successi, ci sono ora più ragazzi che fanno ciclismo?
Sì, da quando hanno vinto le grandi corse a tappe, ci sono molti bambini che si sono dedicati al ciclismo, molti più di prima. Basti dire che nella nostra squadra ci sono 50 o 60 giovani corridori, seguiti proprio da mio padre. Quindi il futuro dopo di loro è assicurato, si è creato un grande movimento in questo sport.
Ora correrai la Corsa della Pace, con quali ambizioni parti?
So di essere in buona forma, quindi farò tutto il possibile per vincere di nuovo una gara a tappe che so avere un grandissimo prestigio ed essere il migliore. Per me è uno degli obiettivi della stagione.
Tra Tour de l’Avenir e Mondiali dove pensi di essere più competitivo?
Dappertutto, ma ci sono anche gli altri. Ho visto ad esempio quanto sono forti gli italiani, Piganzoli e Pellizzari in particolare, anche voi italiani avere una generazione molto qualificata, io penso che attualmente siano i migliori, i miei “peggiori” avversari.
A proposito, tu hai già corso in Italia, come ti sei trovato?
Mi piace molto l’Italia. Ci sono stato molte volte. L’Italia è un Paese di ciclismo, dove tutti amano questo bellissimo sport e tutte le persone che fanno il tifo per le strade, è qualcosa di speciale. Ho anche fatto per metà anno lezioni di italiano, ma ho ancora bisogno di visitare di più l’Italia per imparare la lingua ed esercitarmi.
C’è già qualche squadra del World Tour con cui sei in contatto?
Sì, ho molte opzioni in ballo soprattutto da quando ho vinto l’Orlen. Ma ora devo concentrarmi sulla Corsa della Pace e sul Giro di Slovenia, devo far bene lì e poi penserò al prossimo anno e alla scelta giusta da fare.