Al Sibiu Tour c’era un giovane valtellinese che stava rialzando la testa, che si stava riprendendo il suo posto nel gruppo. Parliamo di Alessio Martinelli: 21 anni da Valdidentro, perla incastonata alla base dello Stelvio, da una parte, e del Passo Eira, dall’altra.
Alessio avrebbe dovuto fare il Giro d’Italia U23. Doveva essere il leader della Bardiani-CSF-Faizanè e uno dei favoriti per la conquista della maglia rosa. Invece quando si dice che la sfortuna ci vede benissimo… purtroppo è vero.
La ripartenza
«Ho ripreso al Sibiu Tour – racconta Martinelli – e devo dire che è andata molto bene, almeno per le sensazioni dopo quel che mi è successo. Parlo della contrattura fortissima che mi ha costretto a saltare il Giro under 23 e a stare fermo due settimane».
«Il Sibiu l’ho preso un po’ come un allenamento visto che ci arrivavo con uno stato di forma minimo. E poi per me è stato doppiamente duro visto che le tappe erano lunghissime: 200 chilometri la prima, 190 la seconda e anche nel terzo giorno tra semitappa, riscaldamento e crono ne sono usciti altri 170. Però ho notato dei miglioramenti e dei wattaggi davvero buoni… anche se i distacchi dai primi sono stati grandi».
Il prossimo grande obiettivo di Alessio Martinelli si chiama Giro della Valle d’Aosta. La corsa a tappe italiana è un po’ il “terzo Giro”, dopo la corsa rosa e l’Avenir. Pertanto è importantissima e per Alessio può essere un buon riscatto.
«Adesso – continua Alessio – farò un paio di giorni di stacco e poi rifinirò la condizione in vista del Valle d’Aosta. Cosa farò? Qualche lavoro soprattutto sulla distanza, perché le frazioni più dure sono quelle finali. La corsa probabilmente si deciderà in quei giorni. Però neanche sono tante tappe, cinque, quindi non ci sarà da fare moltissimo.
«La prima frazione è molto dura, ne seguono due più mosse e di nuovo due impegnative. Bisognerà vedere come sarà interpretata la corsa».
Era il suo Giro?
Con Alessio non si può prescindere dall’argomento Giro d’Italia U23. Lui davvero poteva giocarsi la maglia rosa.
«Eh – sospira Alessio – l’ho seguito da casa. Il più delle volte mentre andavo dal fisioterapista. Lo guardavamo insieme. E’ stato un brutto colpo. Era l’obiettivo principale della stagione, quello per cui avevo lavorato tanto. Ci tenevo moltissimo, soprattutto pensando alla tappa di Santa Caterina Valfurva che arrivava “a casa mia”.
«Penso che avrei potuto fare bene, ma neanche posso dire che sarebbe stato il mio Giro non vivendo in prima persona certe situazioni. Quello lo scopri solo facendolo, solo stando in gruppo».
«Hayter lo conosco, ma mai avrei immaginato che Leo potesse vincere. Mi ha sorpreso, soprattutto nella tappa che arrivava a Santa Caterina Valfurva. Mi sarei aspettato di più altri corridori, come i due della Groupama-Fdj, che comunque hanno fatto un grande Giro. Hanno vinto una tappa, delle maglie e sono sempre stati protagonisti. Hanno provato a vincerlo in tutti i modi».
Il percorso di casa Alessio chiaramente lo conosceva bene, ma uno scalatore come lui avrebbe potuto fare bene anche sul Fauniera.
«Non conoscevo quella salita, ma mi ero informato bene. Avevo visto dei video. Era bella dura! E una salita così mi sarebbe piaciuta tanto: più è lunga e dura e meglio è per me».
Il fattaccio
Ma prima di congedarci dal valtellinese ritorniamo sul motivo, quasi incredibile, che lo ha messo fuori gioco dal Giro U23. Un motivo che ci dice ancora una volta quanto oggi gli atleti siano davvero al limite.
«Io stavo davvero bene – spiega Martinelli – ero al Giro dell’Appennino, ultima gara prima del Giro under 23. C’erano quasi tutti pro’ ed io ero davanti con loro. Ho avuto un problema d’idratazione. Il gruppo era spezzato, l’ammiraglia era dietro e per molti chilometri non sono riuscito a prendere l’acqua. Ho iniziato ad avere qualche crampo.
«In fondo alla discesa c’è stato un attacco, al quale io ho risposto nonostante i crampi: così facendo ho provocato dei danni».
«Già a fine corsa ho avvertito dei forti dolori. Pensavo passassero e invece nei giorni successivi la situazione è andata a peggiorare finché al terzo giorno sono salito in bici e non sono riuscito a fare mezza pedalata. A quel punto ho capito che la cosa era grave. Un incubo.
«Ho chiamato il massaggiatore, ho chiamato il fisioterapista, sono andato da uno specialista presso cui ho fatto un’ecografia alla gamba. Mi dicevano che non era nulla di che. In un paio di giorni sarebbe passato tutto. In realtà andava sempre peggio.
«A quel punto ho capito che il Giro sarebbe svanito. E’ stato un brutto colpo. Ma il ciclismo è anche questo e bisogna andare avanti».