VALTOURNANCHE – Isaac Del Toro è la tranquillità fatta ciclista. Il messicano ha tutti i ritmi lenti e tranquilli tipici della sua terra. Si prepara con lentezza, fa le cose con calma e con il sorriso. Ma di certo non è lento in bici. Il corridore del Monex Pro Cycling Team è infatti arrivato terzo nella classifica generale del Giro della Valle d’Aosta (in apertura foto Facebook – Monex Pro Cycling Team).
Del Toro fa parte di quella combriccola di ragazzi seguiti da Piotr Ugrumov. Sono di stanza a San Marino ed è lì che si allenano e imparano ciclismo. In Valle d’Aosta Isaac è rimasto con un solo compagno dopo una tappa e da solo dopo la seconda. Tutto quindi è stato farina del suo sacco. Anche se i ragazzi e lo staff lo hanno supportato alla grande, se non altro moralmente oltre che nella logistica dei rifornimenti in corsa.
Protagonista in Valle
Del Toro e i suoi compagni arrivano in Europa a fine febbraio e ripartono a settembre. Hanno la “casetta”, come molte squadre under 23, e lì vivono insieme, cucinano, si allenano.
Isaac ha fatto un numero nel giorno della vittoria di Meris e del super attacco di Rafferty, solo che la sua azione è rimasta più nascosta in quanto era nelle retrovie. In pratica verso Clavalité il messicano ha recuperato oltre 2′ alla testa della corsa, mostrando un grande passo in salita e anche una grande abilità in discesa. Insomma, un corridore vero.
«Sì – racconta il classe 2003 – è andata bene verso la Clavalité, è stata la giornata più dura. Sono stato spesso davanti ma non sono andato in fuga, credevo che dopo la prima discesa tecnica gli arrivassimo vicino e che il gruppo chiudesse, invece non è andata così. Ma lo devo accettare: le corse sono anche queste».
E Del Toro ci ha provato anche verso Cervinia. L’attacco “cattivo” che ha messo in difficoltà Rafferty è stato il suo. Non si era arreso anche se consapevole che non era facile scalzare l’irlandese. Una reazione e una continuità di rendimento davvero importanti.
Corridore moderno
Del Toro scalatore, Del Toro discesista: che tipo di corridore è dunque questo atleta? Di certo è di quei fisici moderni: alti, filiformi. Un po’ alla Vingegaard se vogliamo.
«Io – spiega Isaac – non so se sono questo o quello. Io sono un ciclista e sono felice così. Penso ad andare forte ovunque… se posso anche negli sprint». Il suo team manager Alejandro Rodriguez, ex biker professionista, ci spiega che Del Toro è bravo anche negli sprint a ranghi ristretti.
Divertimento è la parola d’ordine, ma anche serietà e consapevolezza. Ci dicono infatti che Isaac è preciso nelle sue sedute di allenamento. Sa che nessuno gli regalerà nulla. Di professionismo non parla – anche se abbiamo avuto la sensazione che non ne volesse parlare, che è diverso – dice che per ora nessun team professionistico si è fatto avanti, ma aggiunge anche che è fiducioso.
Sulle orme del fratello
La storia di Isaac, anche se Oltreoceano, è molto simile a quella di tanti altri ragazzi. Lui vive nella parte a Nord del Messico.
«In un luogo di mare, non lontano dal confine con gli Stati Uniti. Ho iniziato intorno ai 12 anni. Andava in bici mio fratello Angel, che è di due anni più grande di me. Ricordo che lo guardavo pedalare e mi piaceva molto. Così ho pensato che sarebbe stato bello anche per me.
«All’inizio non ci pensavo molto però. La bici era lì. Io pensavo alla scuola, agli amici. Poi quando ho compiuto 15 anni, ho visto che c’era un opportunità importante e mi sono impegnato molto».
Isaac ci parla del piacere di correre e di farlo in Europa soprattutto. Anche perché sono ormai tre anni che corre solo nel Vecchio Continente. In Messico ci si torna solo per recuperare e per allenarsi con temperature migliori all’inizio dell’inverno.
«Da voi in Europa il livello è più alto – spiega Del Toro – e la mentalità è diversa, più professionale. Certo, è duro, ma il ciclismo vero è quello europeo ed è qua che bisogna insistere».