Quando il purgatorio ti può portare di nuovo al paradiso. Il tasto rewind ci riporta allo scorso fine settembre quando l’Uci declassò l’allora Giro Rosa da gara World Tour a 2.Pro principalmente a causa della mancata diretta televisiva di almeno 45 minuti (richiesta dal massimo organo ciclistico internazionale) ma anche per un malcontento generale – mai dichiarato ufficialmente – da parte dei partecipanti e di qualche addetto ai lavori italiano e straniero.
Fu un duro colpo, ma a distanza di nove mesi i neo-organizzatori PMG Sport/Startlight di patron Roberto Ruini hanno partorito un format rinnovato – a partire già dal nome, Giro d’Italia Donne – che dal 2 all’11 luglio ha fornito uno spettacolo oltre le migliori aspettative.
Scorrendo la classifica finale troviamo Anna Trevisi della Alè BTC Ljubljana (in apertura con la famiglia di Soraya Paladin) che, a dispetto dei suoi freschi 29 anni, è una veterana sia della sua squadra (alla sesta stagione) sia del movimento femminile (alla sua undicesima annata da elite) e che proprio in questi giorni (era il 18 luglio) nel 2010 firmava la vittoria al Campionato europeo juniores in Turchia.
L’atleta reggiana quest’anno ha disputato il suo ottavo Giro d’Italia Donne, portandolo a termine per la seconda volta in carriera dal 2012, perchè «gli altri anni – spiega – per una caduta o per una serie di altri imprevisti non riuscivo mai ad arrivare alla fine», ma ha la giusta esperienza per darci tanti validi riscontri sull’edizione appena conclusa.
Anna, iniziamo dalla tua prova. Com’è andata?
Sono soddisfatta del mio Giro, dovevo lavorare in particolare per Marta (Bastianelli, ndr) e credo di avere svolto il mio compito bene. In realtà ero preoccupata prima di partire perché a metà aprile, dopo una buona primavera (quinto posto a Mouscron in Belgio ad inizio aprile, ndr), ho preso il covid ed una una volta negativizzata ho fatto solo cinque giorni di gara da inizio giugno. Al campionato Italiano in Puglia, in una giornata torrida e ventosa, sono stata in fuga solitaria a lungo e ho avvertito impressioni positive.
Quali sono state le tappe migliori e peggiori?
La cronosquadre di apertura è andata molto bene, siamo arrivate in quattro ed abbiamo fatto terze, ma la giornata in cui sono andata meglio è stata quella di Carugate (quinta frazione, ndr) dove Marta ha fatto quinta in una volata molto combattuta e io sono riuscita a fare un piazzamento appena fuori dalla top ten. La giornata peggiore invece è stata la terza ad Ovada, quando abbiamo preso la pioggia per buona parte della tappa. Non amo il freddo e ho sofferto abbastanza.
Bisogna ricordare inoltre che arrivavi da un periodo tribolato a causa dell’infortunio al piede.
Esatto, diciamo che ero, forse sono ancora, in credito con la fortuna e adesso sono contenta moralmente. Per questo devo ringraziare il mio preparatore Luca Zenti (che la segue da ottobre 2020, ndr) col quale ho impostato il lavoro di recupero avendo sempre più buone sensazioni.
Invece riguardo al nuovo Giro quali impressioni hai avuto rispetto a quelli che avevi corso in passato?
Molto buone, direi ottime, su tutto. All’estero molte gare a tappe sono cresciute step by step, mentre dalla mia prima partecipazione fino a quella dell’anno scorso non avevo mai notato e visto alcun cambiamento al Giro. Non era sempre organizzato da WorldTour benché godesse di questo status. Quest’anno invece è stato proprio il contrario.
Spiegaci meglio.
Dal trattamento generale verso noi atlete, ad esempio con hotel di buona qualità, ai percorsi. Dai premi, alla migliore visibilità. A fine Giro ho letto dati molto interessanti relativamente alla copertura mediatica e social, per il nostro movimento è fondamentale. In più siamo andate molto forte, il livello delle atlete in gara era molto buono.
Hai accennato ai percorsi. Il tracciato, che gli altri anni sembrava troppo duro, com’era?
Era un’altra mia preoccupazione, data dai precedenti disegni del Giro e anche dalla mia condizione che era un’incognita. Invece è stato un Giro equilibrato con spazio per tutte le tipologie di corridore. Tuttavia mi sento di fare un appunto.
Vai pure.
Diciamo che, dopo una cronosquadre iniziale e con un arrivo in salita impegnativo come quello di Prato Nevoso, alla seconda tappa il Giro era già deciso. Poi la cronoscalata della quarta frazione ha definitivamente messo il sigillo di chiusura. Forse si poteva pensare ad una distribuzione diversa delle tappe, soprattutto le crono e quelle di montagna, in modo da lasciare un po’ più di incertezza e interesse per la fine. Ma so che alcune tappe erano già state assegnate da tempo. Quindi va bene così e il prossimo Giro sarà ancora più bello di quest’anno.
Chiudendo, quali sono i tuoi prossimi programmi ed obiettivi. Visti i percorsi di europei e mondiali puoi ambire ad una convocazione in nazionale?
Un pensierino alla maglia azzurra ce lo faccio sempre, ma bisogna giustamente vedere cosa deciderà il cittì Salvoldi. Io intanto dovrei tornare in gara in Francia al Tour d’Occitanie (dal 3 all’8 agosto, ndr) cercando di fare molto bene con la mia squadra e di farmi trovare pronta in caso di chiamata.