Sta correndo con qualche occhio addosso più del solito. Non solo quelli delle avversarie, ma soprattutto del suo cittì. Intendiamoci, nulla di troppo pressante perché Elena Cecchini – una delle osservate speciali di Paolo Sangalli – il suo mestiere lo sa fare bene.
Se nel frattempo l’eco della grande Italia vista a Cittiglio (Balsamo ha vinto pure a De Panne e alla Gand-Wevelgem) non si è spento, proprio il commissario tecnico femminile, al termine del Trofeo Binda, ci aveva detto quanto fosse contento del risultato (quinta al traguardo) e della prova della Cecchini. Per Sangalli la friulana (tesserata per le Fiamme Azzurre) sarà una delle colonne portanti della nazionale, una “donna-squadra” come l’ha ribattezzata in diverse occasioni.
E così, tra un impegno al Nord e l’altro, abbiamo voluto sentire la 29enne della SD Worx per vedere come sta e come si senta in questo ruolo.
Elena, cosa ne pensi di quello che ci ha detto Sangalli su di te?
Sono molto contenta, naturalmente. Anche se devo dire che dopo Cittiglio non gli ho risposto al telefono. Ero un po’ arrabbiata per come era andata la gara e non volevo parlare con nessuno, nemmeno con Elia (ride, ndr). Battute a parte, con Paolo ci siamo sentiti il giorno dopo e mi ha ripetuto le stesse cose che ha detto a voi. So che mi reputa una trascinatrice e mi fa piacere, tra di noi c’è stima reciproca.
Tu e Sangalli in effetti vi conoscete da tanto tempo…
Sì, vero. Ho un bellissimo rapporto con lui che va al di là dei nostri ruoli. E’ sempre stato un punto di riferimento e come cittì è ottimo, era il sostituto più naturale possibile di Salvoldi. Paolo conosce benissimo il nostro ciclismo, è molto competente. Infatti ha voluto tante figure femminili nel suo staff. Mi piace il suo approccio. A livello umano è una persona che ci responsabilizza e contemporaneamente rende tutte serene e libere di fare le proprie cose. Lo abbiamo visto durante i ritiri invernali.
Tutte le tue compagne di nazionale dicono che ci sia un bel gruppo.
E’ vero anche questo. C’è un bell’ambiente. Sono cambiate tante cose, anche da parte nostra. E’ sparita quella sorta di… nonnismo che si pensava ci fosse. La miglior cosa è l’interazione fra di noi. E’ un gruppo che funziona. Le cose vanno bene sia su strada che su pista, perché anche con Marco (Villa, il cittì della pista maschile e femminile, ndr) c’è stata subito sintonia, anche durante i ritiri congiunti.
Facciamo un piccolo flashback. Come mai eri arrabbiata dopo Cittiglio?
Il Trofeo Binda è stato un mio dispiacere personale. Ero a ruota di Chantal (Van den Broek-Blaak, ndr) che mi avrebbe tirato la volata, ma all’ultima rotonda ho perso la sua ruota e ho dovuto recuperare. Alla fine lei ha fatto quarta ed io quinta. Bisogna riconoscere che contro una Balsamo del genere al momento si può fare poco, ma io potevo fare di più.
Sangalli ci ha detto che è contento di vederti davanti dopo un paio di stagioni opache. Tu come stai?
Sto bene fisicamente. Ho cambiato il metodo di lavoro e in questo è stata molto importante Anna (la Van der Breggen, prima sua compagna ed ora sua diesse, ndr). Lei mi ha sempre detto che potevo dare qualcosa di più. Le ho creduto e abbiamo iniziato a lavorarci su. E’ stata importante la vicinanza della mia squadra.
Sei al secondo anno nella corazzata della SD Worx. Come ti trovi?
Devo confessare che mentalmente non è stato facile integrarsi, avevo quasi un timore reverenziale. Oltretutto non avevo certezze in nazionale e quindi facevo fatica. Le mie compagne in ogni caso mi hanno sempre aiutato. Ora non ho più paura di alzare la mano per chiedere informazioni o supporto. Non è facile stare in una grande squadra così, ma per me è una grande soddisfazione essere qui.
I tuoi programmi quali saranno?
Dovrei correre Giro delle Fiandre, Parigi-Roubaix e altre classiche. Poi ho fatto una richiesta alla squadra. Quella di poter disputare il Giro d’Italia Donne, che con l’avvento del Tour Femmes sembra aver perso di colpo il suo appeal. E mi è dispiaciuto molto. La gara francese è importante, ma anche quella italiana lo è. Per anni è stata la gara a tappe di riferimento, pur con tutti i suoi limiti o problemi. Lo correrò per un senso di appartenenza. E poi con la squadra riteniamo che possa essere una bella occasione per me per giocarmi qualche tappa. Può essere un buon viatico per europei e mondiali.
A parte l’oro europeo dell’anno scorso nel Mixed Relay e tanti piazzamenti nelle prime cinque, ti manca l’affermazione personale dal 2019 (tricolore a crono e sesta tappa del Thuringer Ladies Tour, ndr). In quale gara potremmo rivederti trionfare?
Non saprei, non ce n’è una in particolare che mi piace. Anzi sì. Il Gp Plouay mi si addice, ma andrebbero bene anche altre corse. Di sicuro sto lavorando per ritrovare il feeling con la vittoria personale. Ma senza troppo stress o pressioni.
A proposito di stress. Secondo Attilio (Viviani, ndr), che abbiamo sentito recentemente, Elia ha un futuro da mental coach. Lo è anche con te?
E perché non potrei essere io (ci domanda sorridendo, ndr) la sua mental coach?! E’ una situazione di interscambio. Ci aiutiamo a vicenda, lui conosce i miei tempi ed io i suoi. Sicuramente con lui faccio sempre analisi lucide. Lui guarda sempre avanti, vede sempre il bicchiere mezzo pieno. Mi ha insegnato a non rimuginare troppo su quello che è stato. Ha ragione, tanto non si può cambiare.