Paola Pezzo Olimpiadi Sidney 2000

La multidisciplinarietà secondo Paola Pezzo

25.05.2021
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Le Olimpiadi di Tokyo sono sempre più vicine e gli atleti si stanno preparando nonostante le difficoltà dovute al Covid-19. Difficoltà che non ha dovuto affrontare Paola Pezzo nei suoi successi di Atlanta 1996 e Sidney 2000. Abbiamo incontrato la due volte campionessa olimpica in occasione della Gran Fondo Squali-Trek, visto che è anche Ambassador di lusso del marchio americano. La nostra curiosità ha spaziato oltre le Olimpiadi e le risposte di Paola Pezzo sono state molto interessanti.

Paola Pezzo con Letizia Paternoster alla Gran Fondo Squali Trek
Paola Pezzo, a sinistra, con Letizia Paternoster
Paola Pezzo con Letizia Paternoster alla Gran Fondo Squali Trek
Paola Pezzo, a sinistra, con Letizia Paternoster alla partenza della Gran Fondo Squali-Trek
Siamo nell’anno dei Giochi Olimpici di Tokyo. Cosa ti suscitano le Olimpiadi, quando le rivedi a distanza di anni?

E’ sempre una grande emozione perché è il sogno di ogni atleta. Quando ti dedichi tanto allo sport che è la tua vita, il sogno è sempre quello di arrivare alle Olimpiadi, è l’evento più importante. Non è facile perché richiede tanto lavoro, tanto impegno. Preparare un’Olimpiade non si improvvisa, ma ci vogliono anni. Però devo dire che quando si raggiungono i risultati e si va a podio o addirittura si arriva alla medaglia d’oro, come è successo a me, si viene ripagati di tutti i sacrifici e le fatiche fatte.

Hai toccato un punto interessante che è quello della preparazione. Cosa pensi della multidisciplinarietà nel ciclismo. Tu sei stata una delle prime a seguire questa strada. Cosa è cambiato oggi rispetto agli anni 90?

Diciamo che oggi c’è molta tecnologia, c’è più scienza. Ai miei tempi invece si andava più a sensazione, che non era neanche male, perché poi quando vai in salita capire le proprie sensazioni non guardando sempre questi strumenti della scienza non è un male.

Saresti favorevole a meno tecnologia?

Ormai l’evoluzione è questa, però devo dire che sarei d’accordo nel tornare un po’ indietro perché quando c’eravamo noi si alternava. Si faceva ciclismo, ma quando arrivava novembre ci si riposava e poi si ricominciava con altri sport, soprattutto lo sci di fondo. Non era male perché comunque mantenevi sempre un buon fiato con allenamenti in cui si facevano 1.700/1.800 metri di dislivello.

Staccare e cambiare sport ti serviva a livello mentale?

Si, perché quando ricominciavo e dovevo andare in bici avevo proprio la voglia di ritornare, invece i corridori di oggi sono quasi tutto l’anno in bicicletta.

Paola Pezzo impegnata nei mondiali a cronometro del 1999
Paola Pezzo impegnata nei mondiali a cronometro del 1999
Paola Pezzo impegnata nei mondiali a cronometro del 1999
Paola Pezzo impegnata nei mondiali a cronometro del 1999
Oggi vediamo i successi di Van der Poel e Van Aert su tutti, che comunque corrono tutto l’anno in bici fra ciclocross, strada e anche mountain bike.

E’ vero, infatti dico che i ragazzini, fra cui anche mio figlio, devono puntare tanto sulla multidisciplinarietà, perché ti dà quelle abilità tecniche che servono in pista, in strada e fuori strada, basta vedere Van der Poel. Pensate anche a Sagan che arriva dalla mountain bike, e ai tanti atleti che arrivano da discipline diverse. E’ importante soprattutto farlo capire ai giovani e non iniziare solo con la strada. Bisogna dare l’opportunità ai ragazzi di acquisire tutte le abilità tecniche che un domani gli saranno utili.

Tu sei anche istruttrice di mountain bike. Ci puoi dire come instradare bene i giovani?

E’ un impegno perché ci vorrebbero tante biciclette in ogni famiglia, però basta mettersi d’accordo con le varie società. Magari la società della pista mette a disposizione le sue bici per quel determinato giorno che si va in pista e dopo si scambia. Magari la volta dopo loro vengono a fare mountain bike e si cerca di aiutarli. Trovare anche delle aziende che aiutano questi progetti con una serie di biciclette da mettere a disposizione dei ragazzi non sarebbe male, così si aiutano i genitori anche a livello economico.

La Pezzo in azione con la maglia di campionessa del mondo
La Pezzo in azione con la maglia di campionessa del mondo
La Pezzo in azione con la maglia di campionessa del mondo nel 1998 a Milano
La Pezzo in azione a Milano con la maglia di campionessa del mondo Mtb nel 1998
Parlando di ragazzini viene spontaneo chiederti il tuo pensiero sulla sicurezza stradale, visto che sei anche mamma di un corridore.

Mountain bike, pista e bmx sono un ambiente sicuro e i genitori li mandano più volentieri. Quando si va in strada è più problematico. Alcune società hanno i circuiti chiusi e sono fortunate. Pensare a degli esordienti che devono uscire su strada desta molta preoccupazione. Bisogna trovare la società che ha delle persone che hanno tempo con una moto per stargli vicino. Però mandarli da soli sulla strada è molto difficile perché hanno tutti una guida molto distratta.

Il problema è anche culturale e di educazione?

Bisognerebbe fare tanto sia nella scuola per educare i giovani e sia quando si prende la patente di guida per insegnargli che quando c’è un ciclista bisogna mantenere la distanza. Direi di puntare sull’educazione.