BENIDORM (Spagna) – In basso i grattacieli della città che nel 1992 consegnò il titolo iridato a Gianni Bugno e in alto, sulle colline che vi si affacciano, l’hotel dove alloggiano le due UAE: la Emirates degli uomini e la ADQ delle donne. Se ieri il re era stato Tadej Pogacar, oggi la regina è la nostra Elisa Longo Borghini.
Nei grandi stanzoni ai piani bassi i meccanici del team femminile sono quasi pari, per numero, a quelli del team maschile. Stessa struttura, stessa organizzazione e anche quasi lo stesso numero di bici, se non fosse che le ragazze sono numericamente di meno. Questa cosa di vera parità ci ha colpito in modo positivo.
In tutto ciò, alle 9 spaccate, le ragazze sono pronte per uscire. La sera stessa erano stati modificati i piani, visto che era prevista pioggia battente per il giorno successivo, quando erano previsti altri lavori, per qualcuna anche con la bici da crono. Quindi a guidare le compagne per queste cinque ore c’era proprio Elisa, in testa con la sua maglia tricolore e una forma fisica già molto buona. Ci è parsa bella tirata. «Beh, grazie – replica Longo Borghini sorridendo – non potevate fare un complimento migliore a un’atleta».
Nel pomeriggio, dopo il massaggio, ecco il momento ideale per riordinare le idee. L’allenamento è andato bene e alla fine hanno schivato l’acqua.


Si parte insomma, oltre che tirata ci sembri serena…
Sono molto serena. Tranquillissima direi, anche perché magari l’anno scorso era tutto molto nuovo, mentre adesso è stato come tornare un po’ a casa. Stiamo facendo i primi allenamenti, anche se ormai è già un mesetto che vado in bici. Vogliamo partire un pochino tranquilli e, per ora, sta andando tutto bene.
La tua squadra si sta rinforzando. E’ sempre poco elegante fare paragoni con gli uomini, però ormai anche tra le donne nel WorldTour ci sono le buone squadre e le corazzate. Ebbene tu sei la leader di una corazzata: quanta pressione c’è? E quanto onore?
La pressione viaggia sempre insieme all’onore. Non ci sarebbe onore se non ci fosse pressione. Quindi sono contenta di essere sotto pressione, altrimenti vorrebbe dire che non sono forte abbastanza. E’ giusto che ci sia, che ci tenga motivate. Finché è una pressione positiva, benvenga.
L’arrivo di una top rider come Mavi Garcia come gregaria o comunque in tuo supporto cosa rappresenta?
Mavi ha tantissima esperienza, anche se ciclisticamente è giovane. Però è stato un ottimo acquisto sia dal punto di vista umano sia da quello atletico. Lei, insieme a Paulina Rooijakkers, ci permette di avere più carte per la classifica generale nei giri a tappe in cui magari io non ci sarò oppure non correrò per la generale. Questi innesti hanno rinforzato molto la squadra e sono stracontenta che ci siano due pedine come loro.


Vi siete spesso combattute spalla a spalla: com’è ritrovarla ora in questo ruolo di aiutante?
La realtà è che se stimi un corridore è anche semplice andarci d’accordo. E poi spesso i tuoi peggiori nemici sono quelli che devi trasformare in alleati. Scherzi a parte, a me piace correre con corridori forti, perché questo ci permette di avere numeri davanti. E si sa che il ciclismo oggi, più che mai, è anche un gioco di numeri. Più persone della squadra abbiamo davanti, più possibilità di vincere abbiamo. Che sia io, che sia Mavi o che sia Paulina, alla fine non importa: conta che vinca la UAE Adq.
Più o meno conosci già il tuo calendario 2026?
A grandi linee sì. Sicuramente il Giro d’Italia Women sarà il centro di tutto il calendario 2026. Farò le classiche di primavera, poi staccherò proprio in vista del Giro.
Farai anche la Roubaix?
Non lo so, vedremo in questi giorni. Dopo le Ardenne di certo staccherò e preparerò bene il Giro. Mentre il Tour de France Femmes lo farò e l’obiettivo è finirlo. Non sono sarcastica, lo spero davvero. Ve lo avevo già detto l’ultima volta. Per me sarebbe un grande onore, viste le precedenti esperienze.


Riguardo ai materiali, come state lavorando?
Abbiamo tanti meccanici e si lavora bene. Per quanto riguarda le bici, io preferisco sempre il telaio Colnago V5Rs rispetto alla Y1Rs. Monto il 54-36 in alcune corse o il 54-40 in altre, con cassetta posteriore sempre 11-34. Le mie ruote preferite sono le Enve 4.5: normalmente questo è il mio setup da gara, quello che uso nel 90 per cento delle corse.
Hai cambiato qualcosa anche in termini di posizione?
Sì, ho fatto un bike fitting. Ho accorciato l’attacco manubrio: ora uso un 120 millimetri, prima era un 125. Ho anche avanzato la sella di 3 millimetri e l’ho alzata sempre di 3 millimetri. Adesso ho una posizione più compatta, più raccolta.
Avete visto un miglioramento nei watt o è soprattutto una questione di comodità?
Un po’ entrambe le cose. Già verso la fine della scorsa stagione sentivo il bisogno di essere più corta per riuscire a spingere meglio. Spesso, sotto sforzo, mi spostavo molto in avanti sulla sella. Con questa soluzione sono più stabile e la sensazione è di riuscire a imprimere la forza giusta sui pedali, in modo più diretto.


Le tue rivali sono i soliti nomi: Kopecky, Ferrand-Prévot, Vollering… Ma c’è qualche giovane che ti ha colpito e che potrebbe essere la sorpresa del 2026?
Federica Venturelli – replica Elisa senza indugio – che però non è una mia rivale. L’ho vista crescere molto bene e secondo me diventerà una delle più forti cronoman in assoluto. Lo dico per diversi motivi: è forte fisicamente, ha davvero la testa del corridore e, oltre a essere una brava ragazza, ha grandi visioni.
In che senso?
Spesso i grandi motori mancano di visione e tendono a essere più istintivi. Federica invece ha una visione globale dell’essere atleta, del fare la vita dell’atleta, del voler arrivare e del sapere anche come farlo. Ed è molto umile. Tutto questo, secondo me, la porterà lontano.
I Grandi Giri femminili hanno riportato nel ciclismo femminile salite lunghissime come Alpe d’Huez, Blockhaus, Ventoux e Finestre.
E contestualmente sta tornando centrale il ruolo della scalatrice. Questo apporta un cambiamento nel modo di lavorare? O basta avere una squadra forte per fare quei numeri, come si diceva prima?
Anche se ci fosse la più forte scalatrice del mondo, la squadra rimane centrale e importantissima. Però è chiaro che oggi bisogna lavorare in vista dei Grandi Giri in modo diverso, e io lo sto già facendo da tre anni. La preparazione è cambiata molto: si guarda di più a cosa si mangia, a come e quando si mangia. Il peso torna centrale per ovvi motivi, ma soprattutto si cerca di diventare il più efficienti possibile in generale.