Dopo i complimenti della Corneo, andiamo a conoscere Vitillo

04.11.2021
7 min
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Sigrid Corneo l’ha detto chiaramente. «Le cicliste di oggi vogliono tanto e subito, con poco. Non sono propense alla fatica. Non vale per tutte chiaramente, ma per tantissime la mentalità è questa. Poche si chiedono se abbiano davvero tutto per andare più forte. Quando correvo io, eravamo tutte pronte alla fatica, invece adesso tante arrivano con la cultura errata del risultato pensando di essere tutte campionesse. Una che potrà fare tanto bene è Matilde Vitillo. Fa quello che le si dice, non ha paura di far fatica e di patire un grande mal di gambe».

Investitura importante

Come investitura non è affatto male, soprattutto perché fatta da un tecnico che di fatica e chilometri ne ha macinati tanti. Così in questo giorno di inizio novembre abbiamo deciso di tirarla giù dal letto per farci raccontare come mai il suo direttore sportivo alla BePink si sia spesa così nei suoi confronti e che cosa le sembri del mondo in cui vive sin da piccolina.

Matilde è un volto noto del giro azzurro, con un titolo mondiale junior dell’inseguimento a squadre e uno europeo nella corsa a punti, ma di fatto il 2021 è stato il suo primo vero anno da elite. Ha dovuto mandare giù bocconi amari e ha colto qualche buon segnale, fino alle quattro vittorie di fine stagione: il Trofeo Inalpi a Racconigi, poi due tappe e la classifica al Giro di Campania. In cui c’erano sì poche ragazze al via, ma per vincere e farlo per giunta alla fine di ottobre, oltre alle gambe serve anche una discreta testa.

Secondo te che cosa voleva dire Sigrid in quell’intervista?

E’ vero che ci sono tante ragazze che vogliono tutto e subito. A volte non è nemmeno colpa loro. Seguendo mia sorella Vittoria, che ha 10 anni e corre tra i giovanissimi, ci sono tantissimi genitori che mettono nei piccolini una mentalità secondo me sbagliata. Li fanno allenare troppo, così magari raggiungono pure dei bei risultati, ma non crescono. E quando i loro coetanei cominciano ad aumentare i carichi di lavoro, loro capiscono di non avere più margine oppure smettono di vincere facilmente come prima e si fermano. Ho visto dei miei coetanei fortissimi da piccoli che ormai hanno smesso da un pezzo per questo motivo.

Se è vero che non ti fa paura la fatica, come è stato questo primo anno nella BePink?

Decisamente tosto. Sapevo che sarebbe stato un salto bello grande, per cui mentalmente ero preparata. Il primo anno da elite l’ho fatto a Racconigi, ma un po’ per il Covid e un po’ per crescere con calma, ho fatto davvero poche corse. L’esperienza vera ho cominciato a farla quest’anno.

Dove hai visto la differenza maggiore?

La salita ha avuto una gran parte. Io poi mi reputo una scalatrice e mentre le altre andavano, io restavo là. Al Giro posso anche capire, quando davanti restava la Van der Breggen. Anche quella è stata esperienza. Ho imparato soprattutto a battermela con me stessa, con limiti che si possono superare. Poi ci sono state le corse del Nord, che all’inizio mi hanno messo in difficoltà, perché andavano davvero come treni. Però ho stretto i denti e alla fine ho imparato a muovermi anche su quei percorsi.

Ai mondiali di Harrogate nel 2019, qui con Camilla Alessio, chiude a 30″ dalla vincitrice Jastrab
Ai mondiali di Harrogate nel 2019, qui con Camilla Alessio, chiude a 30″ dalla vincitrice Jastrab
Vincere a fine stagione se non altro ti ha mandato al riposo con buone sensazioni?

Decisamente sì. In Campania non eravamo tante, giusto una trentina, ma qualcuna comunque doveva vincere e sono contenta di averlo fatto io.

Ti reputi scalatrice, ma hai vinto in pista…

E poi mi piacciono le crono e in teoria anche le volate, ma a volte le gestisco male. Da junior si riesce a fare un po’ di tutto. In realtà la pista quest’anno non l’ho allenata tanto e lì non ti inventi niente. Comunque dal 25 al 28 saremo con la squadra al velodromo di Ginevra per correre. Vediamo come va.

Cosa dici della squadra?

Mi sono trovata benissimo, con lo staff e le ragazze. Le conoscevo tutte, perché più o meno abbiamo seguito lo stesso percorso anche in nazionale. Si crea un bel gruppo quando capisci che siamo tutte compagne di fatica. E poi sono molto amica della Zanardi e mi è piaciuto sentire di averla aiutata. Silvia ha un anno più di me, sembra poco, ma come esperienza è davvero tanto.

E di Sigrid Corneo cosa dici?

E’ super brava, lei e Zini formano una grande squadra. Sanno capirci sul piano personale e vedono benissimo la gara. Al Giro, nella tappa di Carugate, c’era appena stata una menata tremenda, il gruppo si è allargato e mi hanno detto di partire. Io ero morta, non ci avrei mai creduto, invece l’ho fatto e voltandomi mi sono resa conto che non mi seguiva nessuno. Questo mi ha veramente spiazzato.

Hai 20 anni, si può pensare di diventare una professionista e fare carriera?

Si può cominciare, sì. Fino allo scorso anno, mi piacevano il ciclismo come sport, il semplice farlo, l’adrenalina. Ora posso puntare a farne un lavoro, con uno stipendio che mi permetta di viverci. Le ragazze del WorldTour sono viste in modo diverso, arrivaci è l’obiettivo di tutte.

Fra 20 giorni di nuovo in gara, si parlerà di un inverno cortissimo. Giusto così?

E’ come se facessimo due stagioni attaccate, con un mese fra l’ultima gara e la successiva. Ho staccato una settimana, ma tutto sommato ci si può stare, perché non perdiamo gamba e concentrazione. E poi a febbraio dal ritiro in Spagna si comincerà a pensare al 2022. Spero di salire un altro gradino, che venga qualche piccolo risultato per capire che sono sulla strada giusta.

Abbiamo un po’ spiato il tuo account Instagram, hai tre fratelli?

Esatto. Niccolò, il più grande, ha 22 anni. Tommaso ne ha 18. Vittoria ne ha 10. I maschi hanno corso in bici e smesso, Tommaso l’ha appena fatto. Doveva passare U23, ma ha capito che forse il gioco non sarebbe valso la candela e ha preferito dare più spazio alla scuola e all’università.

La famiglia Vitillo al gran completo alla comunione di Vittoria in ottobre. Da sinistra mamma Paola, Nicolò, Tommaso, Matilde e papà Luca
Famiglia al gran completo alla comunione di Vittoria. Da sinistra mamma Paola, Nicolò, Tommaso, Matilde e papà Luca
Che cosa ti pare della tua vita da atleta?

Mi piace. Quest’anno sono stata più in ritiro che a casa, sarò tornata a dir tanto per tre settimane. Però è bello anche così. La sensazione che hai una vita tua da gestire, il viaggiare e scoprire nuovi posti...

Vita da zingara?

Via da zingara (ride, ndr), proprio così.

E i tuoi cosa dicono di questa figlia zingara?

Sono contenti, mi hanno sempre seguito ovunque. Al Giro sono venuti a ogni tappa, li trovavo lungo il percorso con le borracce. Mi ha fatto super piacere, non capita spesso, soprattutto pensando che hanno altri tre figli cui badare. E’ una vita diversa, che quando stai troppo tempo nello stesso posto, inizi a guardarti intorno e chiederti dove sia la valigia…