Ci sono ritorni a casa che hanno un valore particolare. Maria Giulia Confalonieri, rientrata dal “suo” periodo di classiche può finalmente tirare il fiato, ora l’attende solo allenamento e poi si tornerà a correre a maggio. Ha terminato la prima parte di stagione senza vittorie, è vero, ma il fatto di avere chiuso la Roubaix nell’elite del ciclismo ha un forte peso. Tanto è vero che il suo 6° posto finale forse non ha neanche avuto il rilievo che meritava.
La scelta di non esserci alle Ardenne era già stata preventivata all’inizio della stagione: «Anche noi della Uno-X facciamo turn over come tante altre squadre del WorldTour. Qualcuno ha tirato avanti e sarà presente all’Amstel ma se guardate la starting list, già lì c’è un forte cambio. A Freccia e Liegi ci saranno molte protagoniste diverse. Io sono contenta di poter staccare un po’ per poi riprendere con vigore dal prossimo mese».
Torniamo alla corsa del pavé, essere stata protagonista fino alla fine ti ha soddisfatto?
Diciamo che ho tenuto fede a quello che era un obiettivo fin dall’inizio. Già lo scorso anno avevo capito che potevo giocare le mie carte, ma allora ho pagato dazio alla sfortuna, con un paio di forature lontano dalla fine dei tratti di pavé e quindi dalla possibilità di cambiare bici. Alla Roubaix è così, devi essere anche fortunato non solo a non forare, ma quando capita dipende molto da dove avviene, se puoi intervenire presto oppure no. E’ questione di attimi, se perdi il treno giusto non hai più possibilità. Quest’anno ero partita con l’idea di centrare una Top 10, ma guardando com’è andata la gara resta sempre quel pizzico di amaro in bocca sapendo che si poteva fare anche di più.
Probabilmente il tuo 6° posto non è stato sufficientemente valutato anche perché “coperto” dalla piazza d’onore della Borghesi…
Lei ha fatto una gran gara, niente da dire. Ha saputo scegliere il momento giusto per attaccare e andarsi a prendere un risultato prestigioso. Come detto, la Roubaix è una questione di attimi, lei è stata brava ad attaccare mentre Vos e Wiebes si stavano guardando, d’altronde Marianne non poteva muoversi avendo la Ferrand Prevot davanti. Io ho perso il momento giusto perché pensavo che Lorena sarebbe stata più attiva nell’inseguimento, dovevo osare di più, ma alla fine è arrivato comunque un risultato importante.
L’azione della Ferrand Prevot ha cambiato un po’ le strategie che avevate messo in cantiere?
Fino al quinto settore di pavé, la corsa era andata avanti in maniera piuttosto lineare. Poi c’è stata la caduta di due ragazze e lì già sono stata costretta a rincorrere, ma la corsa non era ancora esplosa. Che qualcosa doveva succedere si doveva capire quando sono andate in fuga le 6 ragazze, dietro non si è fatto nulla di particolare per inseguirle, eppure c’è stato il ricongiungimento perché molte squadre aspettavano che fosse la Sd Worx a prendere l’iniziativa, sapendo che la Kopecky avrebbe lavorato per la Wiebes. Così, quando la francese ha attaccato, tutte sono rimaste in attesa, si sono appoggiate alla Kopecky, favorendo Pauline.
Tu a quel punto com’eri messa?
Non potevo far molto perché ero sola del mio team lì davanti. C’erano altre squadre più rappresentate, ma non c’è stato accordo nell’inseguimento. Il fatto è anche che della Roubaix si ha sempre un po’ paura, sai che all’improvviso ti si può spegnere la luce e non vai più avanti. Intendiamoci: la francese è stata bravissima, nei tempi come nella condotta di gara, la sua sapienza di guida si è vista tutta.
Nella Roubaix quanto incide?
Molto. Un aspetto sul quale si pone poca attenzione è il fatto che fondamentale è la scelta di “dove” mettere le ruote. Essere davanti è un vantaggio perché vedi il terreno, altrimenti se sei dietro devi fidarti di chi ti sta davanti. Il pavé della Roubaix è diverso da qualsiasi altro, gli spuntoni sono tantissimi e paradossalmente sono maggiori sulle canaline laterali, dove spesso si pedala perché si va più veloci. Al centro è più lineare, almeno nelle belle giornate come quella che abbiamo vissuto. Diciamo che se sei la prima della fila è meno probabile forare perché hai una visuale migliore.
Quanto incide l’aspetto umano?
Tanto, ma meno che in altre corse. Per me la Roubaix è una corsa da gravel, ma ognuno fa le sue scelte, infatti alla partenza trovi le soluzioni più diverse, chi usa la monocorona e chi no, ad esempio. La Visma adesso adotta questo nuovo sistema del “gonfia e sgonfia”, tanti hanno usato il salsicciotto per prevenire lo sgonfiaggio e arrivare a fine settore anche in caso di foratura. Alla Roubaix è tutto estremizzato, molto più che in qualsiasi altra corsa e bisogna considerare anche un altro fattore: per le donne è una gara nuova, siamo solo alla sesta edizione, ogni anno se ne capisce di più su come interpretarla.
Nel complesso il tuo inizio stagione com’è stato?
Non ci sono stati grandi acuti, ma posso ritenermi soddisfatta. Diciamo che sono abbastanza in credito con i risultati, ma bisogna tenere conto che in molte gare ho corso in aiuto di Linda Zanetti, che è molto veloce e infatti in alcune gare sono stata il suo ultimo elemento nel tirarle la volata. Io credo che sia stato un buon periodo, per me come per il team, ci facciamo vedere di più, continuiamo a crescere.
Dove ti vedremo ora?
Ora mi attende un periodo di preparazione per poi tornare in gara in Lussemburgo, dove il giro a tappe è stato sostituito da due prove in linea, alla Vuelta a Burgos, che fra le corse a tappe spagnole è quella che più si adatta alle mie caratteristiche e dove voglio affinare la gamba in vista del Tour of Britain. Lì voglio davvero portare a casa qualcosa d’importante…