E’ una situazione particolare, quella in cui si trova Eva Lechner. Gareggia nelle principali prove internazionali. E’ regolarmente in Coppa del mondo, qualche piazzamento arriva (compatibilmente con la sua ripresa dopo la brutta caduta di Tabor), ma è come se fosse un po’ alla finestra, a guardar battagliare le sue “nemiche di sempre”, le olandesi che tutto vincono. Un osservatorio privilegiato, che le consente di esprimere un’importante analisi sul loro comportamento. E andando un po’ più in là, sulle differenze fra le puriste del cross e chi invece si dedica anche alla strada e alla mountain bike.
Lo spunto di discussione arriva dalle ripetute vittorie di Lucinda Brand, una delle più esperte dell’ambiente, che rispetto alla maggioranza delle sue avversarie abbina al ciclocross le classiche su strada.
«Lucinda è sempre stata un’atleta fortissima – dice Eva – la ricordo nelle file della Rabobank, ha vinto anche due campionati nazionali e classiche di WorldTour, insomma è una stradista affermata. Solo che negli ultimi anni ha spostato decisamente il baricentro verso il ciclocross. Ultimamente aveva avuto problemi fisici, ma ora che è in condizione è quasi imbattibile. Per ora…».
Che cosa le dà di più la sua esperienza sulla strada?
Si vede che ha più fondo e che sui percorsi molto scorrevoli riesce a sviluppare maggiore velocità, come accade a tutte le atlete che lavorano molto su strada. Come tecnica non è tra quelle che spiccano, ma va anche detto che sa imparare dai propri errori.
Chi viene dal ciclismo su strada in che cosa invece è inferiore alle specialiste pure?
La tecnica, che sui percorsi più duri e articolati è un’arma in più: dove serve capacità di guida e cambio di ritmo. Ad esempio, chi abbina al ciclocross la Mtb è avvantaggiato, perché quello è il suo pane. Il biker ad esempio è abituato a fare discese difficili e quando le condizioni climatiche e del terreno sono impervie, la differenza emerge ancora di più.
Adesso sta rientrando nel giro anche Marianne Vos…
Lei è una campionessa che rispecchia un po’ tutte queste caratteristiche. E’ una stradista, ma da giovanissima aveva praticato anche la Mtb. Il problema è che nel frattempo le bici sono cambiate com’è cambiata conseguentemente la tecnica di guida e la Vos rischia di pagare qualcosa.
Questo significa che il suo bagaglio di esperienze non l’aiuterà?
Non del tutto. Faccio un esempio: un’atleta junior di adesso, che pratica ciclocross e Mtb, ha un livello tecnico più alto di quello che aveva Eva Lechner alla sua età. Anche perché si trova a confrontarsi su percorsi diversi. Una volta, nella mountain bike si affrontavano salite più corte, ora gli sforzi sono prolungati e questo ha effetti anche in altri ambiti.
Abbiamo parlato di Brand, Vos e chi viene dalla strada. Inizialmente però la stagione sembrava più favorevole alle atlete con un presente offroad, come Alvarado e Blanka Vas…
Attenzione: non vanno identificate come biker tout court. Anche loro fanno tanta strada – sottolinea Lechner – anche se i risultati li ottengono e li cercano soprattutto nella Mtb, probabilmente anche per fini olimpici. La differenza principale rispetto alle altre, rispetto anche a me, è che sono giovani. Sono l’espressione di quel ciclismo multidisciplinare di oggi che è tanto in voga e inoltre hanno enormi capacità di recupero, sicuramente superiori alle nostre.
Le gerarchie attuali saranno secondo te le stesse fra un mese quando ci saranno i mondiali?
Spero proprio di no… In un mese può succedere tanto e io stessa spero per allora di essere un’altra Eva Lechner. Ora sono in crescita, ma non sono ancora a un livello molto alto. Devo lavorare e aspettare, d’altronde la caduta di Tabor ha influito molto. Ma devo dire anche che dopo la stagione di Mtb ero stanca. Intanto gareggio e mi riabituo al ritmo gara, poi tra un mese vedremo…