A Ferentino il momento clou è stata la partenza degli elite. Tutti si chiedevano cosa potessero combinare i “cavalli pesanti” su quel fango, tanto più dopo che c’erano passate centinaia e centinaia di bici sin dal mattino. Quando sono partiti, la temperatura iniziava a calare e le ombre ad allungarsi sul percorso. C’erano tutti gli elementi per assistere ad uno spettacolo… che non è mancato. Dorigoni, Cominelli, Samparisi, Bertolini… fremevano!
Cominelli podista
Dorigoni nel riscaldamento sembrava il più serio. Il campione italiano era concentratissimo, silenzioso si scaldava al sole e sui rulli. Altri preferivano sgambettare nella campagna ciociara. Chi invece già si fregava le mani era Cristian Cominelli. Il biker della Scott rideva sotto i baffi dopo aver visto il percorso e le donne che avevano sempre la bici in spalla.
«Io ragazzi – ci ha detto dieci secondi appena dopo aver finito la sua cavalcata – vengo dal podismo e mi trovo bene in queste condizioni. Lo sapevo, me lo sentivo. E vi dico questa, non ho neanche fatto un giro di prova del percorso.
«Sono partiti fortissimo e per certi aspetti questo mi ha tranquillizzato perché sapevo che non avrebbero potuto tenere quel ritmo. Io sono rimasto con un ritmo costante e infatti ho visto che già dopo un giro non scappavano più e che poi risalivo bene. Non per fare lo spaccone, ma nell’ultimo giro sarei potuto andare ancora più forte».
La maglia rosa è raggiante. Finalmente è riuscito a vincere una tappa. Adesso questa maglia la sente più sua, più vicina.
Dorigoni secondo ma…
Dorigoni, ha un po’ rincorso gli avversari. Il forte altoatesino si è visto scappare via Folcarelli e il giovane Luciano Rota a lungo in testa. Forse si è lasciato trasportare un po’ dal ritmo degli altri e ha pensato più a loro che a se stesso. O forse davvero questo era il giorno di grazia di Cominelli.
Una cosa è certa: era dura. I tecnici dicevano come gli atleti si fossero lamentati della sabbia di Jesolo, ma qui sono andati ben oltre i minuti di corsa a piedi del cross veneziano. Anche loro sono stati per tre/quarti di giro a spingere la bici.
Si poteva fare anche qualche tratto in più, commentavano due tecnici del team di Pontoni, ma bisognava prendere coraggio e saltare in sella prima dei lunghi tratti fangosi, altrimenti non si saliva più. Inoltre gli uomini hanno gareggiato a fine evento e anche i lati sotto le fettucce, parti di terreno che di solito tengono un po’ di più, erano compromessi.
La pressione delle gomme era per tutti al di sotto dei 2 bar. Cominelli, per esempio, ce l’aveva addirittura 1.4 all’anteriore e 1.5 al posteriore. Chiaramente gomme da fango.
Bertolini in ripresa
A fine gara non gioiva di certo, ma neanche si disperava il Bullo. Alla fine la sua gara, un po’ come quella della Teocchi, è stata di rimonta e gestita con costanza.
«Poche volte in carriera mi è toccato un cross così – ha detto il valtellinese – Un cross d’altri tempi. Credo che forse avremmo pedalato per 500 metri a giro, e 200 di questi erano del rettilineo finale in asfalto. Io in questo periodo non sto curando molto l’allenamento a piedi. Oggi contavano le gambe, nel vero senso senso della parola. Ha vinto chi tiene meglio la corsa, perché la differenza si faceva tutta là. Il manico? No, in queste condizioni così estreme conta meno di quel che si possa immaginare. Però va bene dai. Alla fine ho visto che Dorigoni non è arrivato tanto prima di me».