La medaglia d’argento di Valentina Corvi agli ultimi europei di ciclocross ha messo l’accento sulla situazione del movimento femminile. Con lei e la Venturelli, Pontoni ha a disposizione una coppia in grado di fare la differenza su ogni tipo di percorso, ma il cittì azzurro guarda anche oltre, perché intorno alle due stelle del ciclocross junior stanno crescendo tante nuove realtà molto capaci, tutte dedite con grande passione alla disciplina invernale pur guardando, come le loro più vittoriose coetanee, anche ad altre specialità.
Lo stesso dicasi fra le under 23, dove certamente si sconta un po’ il passaggio di categoria (ma anche il relativo disimpegno causato dalla carriera su strada) di Realini e, in misura minore, di Baroni. Nuove leve stanno però fiorendo ed è il caso di cominciare a conoscerle.
La Bianchi divisa per tre
A Namur, un po’ nascosta dalla prestazione monstre della Corvi, Arianna Bianchi ha sfiorato l’ingresso nella Top 10 (foto di apertura) che avrebbe rappresentato un grande traguardo per una ragazza al primo anno nella categoria, reduce dalla conquista del titolo europeo allieve nella mtb e già buona protagonista al Giro d’Italia di ciclocross: «Io ho iniziato da piccolina nelle giovanili, ma ho cominciato a fare le cose più seriamente già tra le esordienti- racconta la 16enne di Lograto (BS) – Per ora non ho una disciplina preferita, mi divido fra tre e penso che ognuna mi dia qualcosa».
Su strada la Bianchi corre per la Biesse Carrera e i successi nella mtb non l’hanno distratta dalle sue possibilità con la superleggera: «Eppure fra strada e mtb la disciplina che preferisco resta il ciclocross, è vero che ho vinto l’europeo offroad e che su strada ho sfiorato il titolo italiano, ma il ciclocross mi viene più facile. Credo che alla fine il ciclocross dia tanto alle altre discipline e le altre diano al ciclocross: io comunque amo soprattutto le prove fuoristrada perché privilegiano la tecnica».
Kabetaj, dall’Albania con ambizioni
Chi dagli europei è rimasta fuori, ma avrà certamente occasione per vestire la maglia azzurra essendo sotto i riflettori dei tecnici azzurri è Nelia Kabetaj, altro talento emergente dal Giro d’Italia. Il suo nome tradisce le origini albanesi della famiglia e i suoi inizi in bici sono decisamente originali: «Avevo 7 anni, mio padre al tempo aveva avuto un brutto incidente e ci tenevo a fare qualcosa che lo rendesse fiero di me, così visto che la bici mi piaceva tanto gli chiesi se potevo partecipare a qualche gara con altri bambini. E’ un appassionato di ciclismo e non mi disse di no».
La Kabetaj ha iniziato a emergere proprio quest’anno: «Riuscire a far combaciare tutto non è facile, io ho avuto problemi fisici, poi bisogna tenere conto anche degli altri. Inoltre fatico molto a far combaciare sport e scuola. Quest’anno diciamo che le cose vanno generalmente meglio e i risultati si vedono. Mi ha aiutato avere cambiato indirizzo scolastico, ora faccio l’istituto tecnico per geometri».
Anche Nelia svaria fra le varie discipline: «D’estate preferisco la mtb ma non trascuro la strada. Non saprei dire che cosa preferisco, diciamo che lo devo ancora scoprire. Il fuoristrada lo trovo sicuramente più divertente, soprattutto al di fuori del contesto agonistico».
Nelia ha un modello: «Van Aert. Ho studiato molto il suo modo di andare in bici, la sua capacità di guida, il suo modo di muovere braccia e spalle. Per me è un riferimento, anche come persona».
Zontone, una colonna per Pontoni
Un po’ più grande, tanto da essere parte della categoria U23 e anzi esserne diventata un po’ il riferimento dopo il passaggio fra le Elite di Baroni e Realini è Asia Zontone, friulana di 21 anni appena compiuti. Lei si differenzia dalle altre non solo per l’età, ma anche per una maggiore propensione per la strada: «Fino a due anni fa preferivo la mtb, ma poi ho rivalutato la strada: quest’anno ho anche vinto una tappa al Giro delle Marche con la Isolmant Premac Vittoria. Mi difendo bene in salita e sono abbastanza veloce per gare con sviluppo non legato alla volata di gruppo».
Asia è un elemento fondamentale per Pontoni anche perché la conosce bene: «Ho corso 4 anni con Daniele come diesse. Non sono stati anni facili, mi facevo male spesso, ma mi è sempre stato vicino e ora che ho trovato una mia strada, complice anche un cambio nella preparazione, le cose vanno meglio. Pontoni ha portato in nazionale un ambiente bellissimo, sembra di stare in famiglia, ma quando c’è da lavorare ed essere seri non ammette deroghe. Sta costruendo un grande gruppo, andare in trasferta con i ragazzi azzurri è un piacere, si è instaurato un legame forte».
L’importanza di fare gruppo nel ciclocross
Com’è lavorare nel gruppo azzurro, soprattutto nei ritiri e nelle giornate senza gare? «Le giornate sono molto piene: allenamento al mattino, poi pranzo rigorosamente senza cellulari, pomeriggio libero fra studio e massaggi, briefing serale. Pontoni vuole che si stia in gruppo, si comunichi piuttosto che rimanere appiccicati al telefono».
Asia ha chiuso gli europei al 12° posto, ma già guarda oltre: «Ho grandi obiettivi, ma per farlo devo migliorare tantissimo da ogni punto di vista. Per me la mia carriera è partita ora, non saprei neanche se svilupparla più nel ciclocross o su strada, a me piacerebbe da entrambe le parti. L’importante è sentirmi più atleta che sta accadendo ora».