Con la stagione su strada ormai conclusa, l’attenzione è tutta riversata sul ciclocross, in attesa che inizi la Coppa del Mondo con un calendario assai compresso, 12 tappe a partire dal 24 novembre e fino al 26 gennaio. Nel frattempo vanno avanti le altre challenge internazionali, senza però i “tre tenori” chiamati a recuperare dalle fatiche della lunga annata su strada e che probabilmente vedremo all’opera solo a dicembre.
Questo è solo uno dei temi di una stagione che, a livello maschile, va decifrata e per farlo dà il suo contributo un collega di Wielerflits, Nick Doup che segue nel suo sviluppo tutta la stagione, alla maniera dei giornalisti di una volta, ossia andando nei vari posti per tastare con mano umori e tensioni fra i vari team.
Che attenzione stanno ricevendo le prime gare internazionali di ciclocross?
Notevole sin dall’avvio, grazie alla diretta televisiva, principalmente sulla TV belga, ma con molte gare diffuse anche in Olanda. E’ questa la grande forza del ciclocross da queste parti e infatti molte gare che non fanno neanche parte dei principali circuiti cercano comunque riscontri televisivi, per farsi notare e crescere.
Quanto si sente la mancanza dei campioni della strada dal punto di vista dell’attenzione dei media?
Si sente, è normale, ma sappiamo che per un po’ non ci saranno. Diciamo che senza di loro l’attenzione non è la stessa e lo vediamo con un calo, ma abbastanza leggero, delle presenze di pubblico. Non dimentichiamo che per assistere alle gare si paga un biglietto. Quando VDP e Van Aert sono presenti, possiamo dire che ci sono almeno 5.000 persone in più. E per gli organizzatori è una quantità significativa di denaro. Considerando anche che sono quei due ad attirare la gente, Pidcock non ha lo stesso appeal.
Togliendo i vari Van der Poel, Van Aert, Pidcock chi sono i corridori più amati dalla gente?
Ogni specialista ha una base di fan. A volte ad esempio vedi molti striscioni e bandiere di Alvarado. In questo momento il nome in grande ascesa a livello di richiamo è Thibau Nys, anche per via del prestigio e del carisma del padre. Ma anche per il suo talento, quest’anno emerso anche su strada. La cosa curiosa comunque è che ogni corridore ha la sua cerchia di sostenitori, c’è un tifo molto forte, superiore a quello della strada. Poi bisogna considerare che ci sono molti corridori più o meno allo stesso livello, quindi hai molta concorrenza e infatti i nomi dei vincitori cambiano spesso.
Stanno emergendo corridori nuovi, come Wyseure vincitore della prima tappa del Superprestige un po’ a sorpresa?
Sì, lo sono. Stanno arrivando nuove leve. Sono soprattutto corridori belgi U23 (come Verstrynge, foto di apertura, ndr) che si stanno mettendo in luce avendo un anno in più e tanta esperienza acquisita. Sfruttando anche gli spazi lasciati dai big. Con tanta concorrenza non è facile per loro guadagnarsi spazio, Wyseure fa parte di quella generazione di corridori U23 di 2-3 anni fa che ha impiegato tempo per emergere al più alto livello. All’inizio della stagione, quando forse non tutti hanno già raggiunto il loro picco, ci sono più possibilità. Ora sono in grado di vincere. Io credo che questo è l’anno della svolta per alcuni di questi corridori, il suo caso non sarà isolato.
A tuo parere il calendario di ciclocross va bene così com’è o andrebbe rivisto per farlo meglio coincidere con quello su strada?
Quest’anno hanno cambiato la Coppa del mondo. Prima iniziava a fine settembre con la campagna americana. E’ una formula da verificare, concentrando tutto in un periodo davvero intenso. In quello che è più il periodo delle vacanze. Vogliono attrarre i grandi a seguire tutto il suo sviluppo. Mettendo le gare più importanti alla domenica, il giorno più popolare, ovviamente. Hanno quindi concentrato l’attività di vertice in due mesi.
Pensi sia una formula giusta?
Potrebbe funzionare, ma gli stradisti sono anche chiamati a preparare la nuova stagione in quel periodo, ci sono i ritiri. VDP lo scorso anno ha fatto solo alcune gare tra dicembre e gennaio, lo stesso Van Aert. Così non hanno potuto competere per la classifica, troppe tappe erano state già fatte. Ora forse potrebbero e magari potrebbero trascinarne altri. E’ un esperimento da valutare con attenzione.
Com’è stato accolto dalla gente il gesto di Iserbyt al Be-Mine Cross, che ha calpestato la bici dell’avversario ed è stato per questo squalificato?
Brutta storia. Eli divide la gente in due gruppi in Belgio: chi lo ama e chi lo odia. Ma questa azione non è stata buona per la sua popolarità perché ha mancato di rispetto a un avversario non controllando la sua rabbia. Era in lotta con Ryan Kamp, l’olandese. Sono caduti, si sono urlati qualcosa a vicenda. Ma Iserbyt ha esagerato, lo ha ammesso lui stesso. Penso che la sospensione che ha ricevuto sia stata giusta. Accettata e apprezzata dalla maggior parte delle persone, anche se…
Anche se?
Perché si è atteso oltre una settimana? C’è stata un po’ di mancanza di chiarezza a fronte di immagini inequivocabili. Se ne è parlato molto e ancora se ne parla, io penso che Eli si porterà dietro quest’immagine per molto tempo.
Il possibile ingresso del ciclocross ai Giochi Olimpici invernali cambierà l’evoluzione di questo sport, vedremo altri specialisti della strada dedicarsi ad esso?
Non lo so ancora. C’è ancora molta strada da fare, considerando che in caso positivo la prima edizione sarà nel 2030. Molti ciclisti oggi in primo piano non ci saranno più. Avranno già smesso di andare in bici. Si può fare il paragone con la mountain bike, che è olimpica e ha davvero un’attrazione per alcuni ciclisti professionisti, come VDP che ci ha provato, proprio pensando ai Giochi. Diceva che la Mtb era la sua specialità preferita, forse il motivo era proprio il sogno di vincere l’oro. Lo stesso per Pieterse. Lei è una specialista del ciclocross, eppure ci ha provato, senza i Giochi non avrebbe fatto mtb. Se le cose andranno bene, io penso che più corridori inizieranno a dedicarsi al cross, magari per quel biennio introduttivo ai Giochi. Ma è tutto aleatorio per ora.