Vigorelli 2021

La Sanremo al Vigorelli, tuffo nella storia con Alberto Masi

13.03.2022
6 min
Salva

Un consiglio: sabato mattina fate una scappata al Velodromo Vigorelli, teatro di partenza della Milano-Sanremo numero 113, perché diventerete parte della storia. La Classicissima prima ancora che si disputi ha un grande pregio: quello di restituire al ciclismo un autentico tempio. Al Vigorelli, riaperto al ciclismo lo scorso settembre (nella foto di apertura gli inseguitori azzurri con Ganna, Lamon e Scartezzini) è l’aria stessa che ti dice che sei in un posto magico, anche se è profondamente cambiato da quel 1935, quando venne costruito dopo la demolizione di un altro velodromo, il Sempione. Il 28 ottobre il suo battesimo, tre giorni dopo ecco arrivare il primo record dell’Ora, ad opera di Giuseppe Olmo. Ce ne saranno ben 9, più 3 femminili.

Otto anni dopo, è il 7 novembre. Milano è ancora profondamente ferita e scioccata dai bombardamenti Alleati. Un giovane alto e esile sale sulla sua bici, sfida il tempo in un silenzio spettrale. Non c’è pubblico al Vigorelli. Gli assembramenti sono rischiosi e poi nella gente non c’è tanta voglia di distrarsi, la mente è lontana, verso i propri cari al fronte. Anche Coppi partirà, ma l’anno successivo verso l’Africa, intanto alle 14,12 inizia la sua fatica, con una maglia verde addosso, pantaloncini neri, un caschetto di pelle imbottita. Per effettuare il riscaldamento, è venuto in bici direttamente da casa, da Castellania, 100 chilometri già digeriti. Bici da 7 chili e mezzo, due ruote con cerchi in legno e tubolari di seta.

Vigorelli Coppi 1942
Fausto Coppi impegnato nel riuscito tentativo di record dell’ora nel 1942
Vigorelli Coppi 1942
Fausto Coppi impegnato nel riuscito tentativo di record dell’ora nel 1942

Nel regno di Masi

L’inizio non è dei migliori, a metà tentativo è ancora dietro la distanza del francese Maurice Archambaud, ma recupera, recupera, poi passa avanti, poi gli ultimi giri in altalena, in uno perde e nell’altro ripassa avanti. Alla fine saranno 45,798 chilometri, appena 31 metri in più. La voce si sparge, in più di qualcuno in giro per la città ritorna un mesto sorriso.

Qualche anno dopo, nel 1949, al Vigorelli arriva Faliero Masi, che in Via Arona mette la sua bottega e da allora quel piccolo negozio diventa un riferimento assoluto presente ancora oggi e affidato alle sapienti mani di suo figlio Alberto: «Ora è chiuso per restauro, riaprirà ad aprile, mi dispiace che sabato io non ci sarò perché i grandi eventi del Vigorelli li ho vissuti quasi tutti».

Quella bottega ha sempre avuto un valore strategico, anno dopo anno è diventata parte integrante dell’impianto vivendone i suoi alti e bassi. Infatti il velodromo chiuse già nel ’75 per riaprire solo 9 anni dopo, poi nell’85 la grande nevicata che distrusse il Palasport ebbe conseguenze nefaste anche per il Vigorelli, cadde un pezzo di tettoia e la pista venne gravemente danneggiata: «La ricostruirono, ma non la tettoia così a ogni pioggia il legno della pista si infradiciava sempre più – ricorda Masi – così nell’88 richiuse per riaprire nel ’97, ma solo per la Coppa del Mondo di sci di fondo…».

Al Vigorelli non solo ciclismo

D’altronde il Vigorelli è sempre stato un impianto polisportivo: «Qui ci hanno allestito grandi incontri di pugilato, venne anche Ray Sugar Robinson, Mazzinghi l’1 settembre 1963 conquistò il mondiale dei superwelter battendo l’americano Dupas. Ma fecero anche altro: nel ’65 ci furono due concerti dei Beatles». E a proposito di musica, nel ’71 l’impianto fu teatro della grande contestazione a margine della data italiana dei Led Zeppelin, con concerto sospeso dopo pochi minuti, danni al palco e, naturalmente, alla pista.

Oggi il Vigorelli è, anzi già da qualche anno, teatro delle partite di football americano, ma almeno è tornato agibile anche per le bici: «Tanti vengono a girare, anzi hanno steso sulla pista una vernice speciale, in modo che quando si cade non ci sono più le schegge che ti bruciano la pelle. Il fatto è che quella pista è delicata, andrebbe bagnata ogni settimana, ma i costi di gestione sono alti e per ora non si è trovato chi possa sostenerli per permettere di allestirvi anche gare, come una volta».

Le mura della bottega di Masi sono ricche di testimonianze, foto, ricordi di decenni di grande ciclismo e ognuna di esse riporta alla mente grandi personaggi come ad esempio Antonio Maspes: «Lui e Costa avevano fortemente voluto che ci fosse un punto di appoggio tecnico nell’impianto, come c’era al Parco dei Principi a Parigi. Ho perso il conto di quante volte i corridori venivano da me a chiedere questa o quella riparazione. Lo stesso Maspes aveva problemi: quando piombava giù dalla curva, la bici scodinzolava, per questo ci inventammo un rinforzo ai foderi posteriori con lame nelle cannelle, ma era un segreto…».

Faliero e l’Airone

Con Coppi, suo padre Faliero aveva un rapporto strettissimo: «Lui c’era, quel giorno del record. Si conoscevano bene, Fausto gli portava sempre la bici per la messa a punto e quando la ritirava era pignolo nel controllo al punto che la misurava millimetro per millimetro e se non era come voleva lui, toccava rimetterci mano. Era all’avanguardia anche in quello».

In un altro record dell’Ora, la mano di Masi è presente: «Quando Anquetil decise di provarci, portò una bici che non andava bene, era sul punto di rinunciare. Studiammo la situazione, ne approntammo una adatta per il tentativo, il bello è che aveva una sola mano di vernice. Quel primato fu una grande soddisfazione».

Nel corso degli anni la bottega di Masi è diventata un riferimento: «Qui è passato il meglio del ciclismo mondiale, tutti venivano anche solo per un saluto, ma poi un’occhiata alla bici la si dava sempre. Tanti magari si trovavano senza la pompa per gonfiare le gomme, o un attrezzo in meno, sapevano tanto che c’eravamo noi… Con il Vigorelli chiuso abbiamo continuato a lavorare, ormai eravamo un riferimento in zona, ma vorrei tanto che tornasse ai fasti di un tempo. L’impianto c’è, ora è praticamente a posto. Speriamo che quello di sabato sia solo l’inizio…».