Il Giro d’Italia torna a Corno alle Scale e, come spesso accade, è l’occasione non solo per rivedere l’arrivo, in questo caso la salita, da un punto di vista tecnico, ma anche per riaprire l’album dei ricordi. E l’album dei ricordi ci riporta immediatamente al primo scontro tutto “made in Saeco” fra Damiano Cunego, poi vincitore di quel Giro d’Italia (era il 2004), e Gilberto Simoni, che quella tappa la vinse.
E il tutto lo rivediamo con Claudio Corti, che all’epoca era il team manager di quella Saeco dalle maglie rosso fiamma, piena zeppa di campioni. Una Saeco che proprio quel giorno a Corno alle Scale visse forse il momento più bello di quell’edizione della corsa rosa, come vedremo.


Claudio, partiamo dalla salita: che scalata è Corno alle Scale?
Non è una salita impossibile e arriva dopo una tappa abbastanza veloce, però resta impegnativa nel finale, soprattutto dopo il paese di Gaggio Montano e ancora di più dopo l’ultimo borgo (Madonna dell’Acero, ndr). Comunque si arriva oltre i 1.400 metri, è una località sciistica, e si parte dal basso. E’ una montagna vera. Per noi quel giorno fu una festa.
Perché?
Perché Gaggio Montano è il paese della Saeco. E’ lì che ci sono parte degli stabilimenti, almeno una persona per famiglia ci lavora e quindi vedere i nostri due ragazzi vincere fu una grande festa, una gioia per tutti. La tappa la volle proprio il nostro patron Sergio Zappella. Simoni era maglia rosa uscente… Cunego aveva vinto il giorno prima a Pontremoli, dunque l’entusiasmo era alle stelle.




Ma in quella tappa cosa successe? Primo Simoni, secondo Cunego: furono i primi screzi tra i due?
No, quel giorno forse no. Ripeto: c’era un clima bellissimo. Noi correvamo in casa. Cunego aveva vinto il giorno prima e Simoni conquistò tappa e maglia. Semmai, col senno di poi, ci fu un primo “segnalino” della condizione di Simoni. Gilberto infatti scattò e prese un certo vantaggio, ma non fece il vuoto. Anzi, nel finale Cunego gli rosicchiò del terreno. Era Gilberto ad essere calato o Cunego ad andare forte? Ma sul momento non demmo troppa importanza a questo dettaglio, con tutta l’euforia che c’era.
Quando cambiarono le cose?
Chiaramente nella tappa di Falzes. Ma anche quel giorno bisogna raccontare bene come andarono le cose. Sul Furcia ci si marcava con Yaroslav Popovych, ma l’ucraino non partiva, i due si guardavano. Scattò Cunego e Simoni fu addirittura contento di quell’attacco. Lui stava a ruota, faceva lavorare Popovych e andava bene così. Semmai forse si aspettava di perdere un minuto in meno a fine tappa. O anche che nelle ultime tappe Cunego calasse un po’.
Cosa che si aspettavano tutti: era un giovane al primo grande Giro…
Invece Damiano fu bravissimo e fortissimo per tutto il Giro.


Il problema dunque quando avvenne, se a Corno alle Scale e a Falzes erano ancora uniti?
Dopo la tappa di Bormio 2000. Gilberto attaccò da sotto, ma di nuovo, come a Corno alle Scale, non guadagnò molto. Nel finale, se ben ricordo ai due chilometri, lo riacciuffarono. Fu Gontchar che spingeva forte. Cunego andò poi a vincere la volata e quindi la tappa, rafforzando la sua maglia rosa. Lì Simoni si rese conto che non avrebbe vinto il Giro e chiaramente era arrabbiato per aver perso la tappa.
Per di più da un compagno di squadra…
Simoni dopo l’arrivo andò via da solo. Era arrabbiato. Per fortuna quella sera in hotel c’era il patron Zappella. Parlammo io, lui, i ragazzi… e tutto sommato la cosa rientrò. Poi chiaramente ognuno in cuor suo aveva il proprio stato d’animo. Il giorno dopo c’era ancora una tappa tosta.
Quella della Presolana…
Ormai si era deciso: bisognava correre in difesa e portare la maglia a casa. Alla fine noi in Saeco eravamo messi bene. E invece succede che attacca presto Garzelli e Simoni gli piomba sopra. I due scappano. Magari era ferito nell’orgoglio, era il campione uscente. Per fortuna per noi si mise a tirare la squadra di Gontchar.


Perché per fortuna?
Perché così facendo non ci ha posto nell’antipatica situazione di dover scegliere su chi puntare. Lasciare andare Simoni o chiudere su di lui per salvare Cunego? Non sono belle scelte. Poi non ci siamo ritrovati davvero in quella situazione anche perché il vantaggio di Cunego era ampio. Però ci terrei a dire che, tolti alcuni momenti più tesi, per noi della Saeco quello fu un bel Giro. A rivederli quei tempi! Avevamo vinto tanto, avevamo la maglia rosa dell’anno prima e quella di quell’edizione. Fu un Giro piacevole, ecco…
Oggi, Claudio, come si gestirebbe una situazione simile? Come si gestirebbero due capitani, uno dei quali così giovane? Pensiamo, per esempio, ad Almeida e Del Toro…
Quella che si verificò nel nostro caso in quel Giro è stata una particolarità. Quando si era mai visto un ragazzo giovanissimo andare così forte, crescere in quel modo e soprattutto vincere il Giro? Poi mettiamoci anche che forse l’altro non era nella super forma dell’anno prima. E c’è anche un altro elemento: quello non fu un Giro d’Italia con grandissimi nomi… Insomma, è difficile dire cosa accadrebbe oggi. Ma anche se un Del Toro o un Almeida dovessero trovarsi a contendersi la leadership, sarebbe più un’occasione dettata dal momento che una superiorità netta dell’uno sull’altro.