Madiot passa la mano, si chiude un trentennio di storia

Madiot passa la mano, si chiude un trentennio di storia

28.12.2025
5 min
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Diciamolo subito: quello di Marc Madiot alla carica di general manager della Groupama FDJ non è un addio come gli altri. Perché quella squadra l’ha creata, plasmata dal nulla, fatta crescere fino a diventare una colonna del WorldTour, una culla dei talenti del ciclismo francese. Madiot le diede vita nel 1997, tre anni dopo aver chiuso la sua carriera professionistica costellata di successi, ma soprattutto da quelle due vittorie alla Paris-Roubaix che ne hanno fatto una delle ultime icone del ciclismo transalpino.

Madiot insieme a Thierry Cornec, arrivato dalla Lapierre a giugno 2024 come direttore aggiunto
Madiot insieme a Thierry Cornec, arrivato dalla Lapierre a giugno 2024 come direttore aggiunto (foto L’Equipe)
Madiot insieme a Thierry Cornec, arrivato dalla Lapierre a giugno 2024 come direttore aggiunto
Madiot insieme a Thierry Cornec, arrivato dalla Lapierre a giugno 2024 come direttore aggiunto (foto L’Equipe)

Essere manager, una vocazione da sempre

«Se mi guardo indietro – ha raccontato nei giorni dell’annuncio del suo addio – mi rendo conto che la mia non è stata una scelta di carriera, ma semplicemente tener fede a una vocazione, esattamente come quella di correre in bici. Essere un manager era quasi un dovere, lo sentivo nel mio DNA come era essere un corridore. Ma dovevo farlo con un progetto mio. Ai miei tempi essere un corridore era uno stile di vita, oggi è una professione e ho capito molto presto che avrei dovuto saper fondere arte e professionalità per dare vita a qualcosa di duraturo».

Di momenti chiave nel corso della sua carriera di manager, Madiot ne ha vissuti tanti e tutti sono stampati nella sua memoria. A cominciare dalla vittoria di Frederic Guesdon alla Roubaix 1997, una sorpresa autentica ma per lui, che per due volte aveva domato l’Inferno del Nord in sella alla bici, fu quasi un segno che la strada intrapresa era quella giusta.

Mengin dopo la caduta costatagli la tappa al Tour. Un dolore per il manager della FDJ
Mengin dopo la caduta costatagli la tappa al Tour. Un dolore per il manager della FDJ (foto RTVE.es)
Mengin dopo la caduta costatagli la tappa al Tour. Un dolore per il manager della FDJ
Mengin dopo la caduta costatagli la tappa al Tour. Un dolore per il manager della FDJ (foto RTVE.es)

La delusione del Tour 2005

Vennero altri successi, anche da parte di corridori non francesi (compresi quelli del compianto Rebellin) poi il primo titolo nazionale con Vogondy (ne vincerà altri 8), ma come spesso succede la maggiore risonanza arriva dalle sconfitte, dai momenti di sfortuna. Come quello nel 2005. Tappa del Tour, Christophe Mengin è in fuga e lui dall’ammiraglia dietro lo incita: «Vai Totof, il mio ragazzo. E’ il tuo giorno, è oggi! Pensa a tua moglie, alle tue figlie, non mollare, non voltarti. E’ ora!». Poi l’ultima curva, la caduta, le sue imprecazioni, quel «Siamo maledetti» ripetuto tre volte e le lacrime amare. Tra le tante versate in questi quasi trent’anni, a volte di gioia, come in questo caso, di delusione.

Una storia fatta anche di corridori di spicco passati per le sue mani, praticamente il meglio del ciclismo francese dell’ultimo ventennio: Da Démare a Pinot, a Gaudu. Con alcuni instaurando un rapporto quasi tra padre e figlio, con altri vivendo anche momenti difficili, affrontando crisi come quella fra gli stessi Démare e Gaudu che hanno portato a una separazione in casa e all’addio anticipato del primo. Probabilmente è già in quei frangenti che Madiot vedeva come il giocattolo stesse un po’ sfuggendo di mano, come il mondo del ciclismo al quale era abituato stava cambiando, anche troppo velocemente.

La vittoria di Marc Madiot alla Roubaix 1991. Aveva già vinto sei anni prima
La vittoria di Marc Madiot alla Roubaix 1991. Aveva già vinto sei anni prima
La vittoria di Marc Madiot alla Roubaix 1991. Aveva già vinto sei anni prima
La vittoria di Marc Madiot alla Roubaix 1991. Aveva già vinto sei anni prima

Un ciclismo sempre meno al suo passo

«Fino a poco tempo fa – raccontava il manager a L’Equipe – quando incontravo un giovane corridore, vedevo l’orgoglio nei suoi occhi perché gli parlavo e lo incoraggiavo a unirsi a noi. Non molto tempo fa, mi sono ritrovato di fronte a ragazzi che mi dicevano: “Parli con il mio agente, signore”. E’ l’evoluzione del ciclismo, ma siamo sicuri che sia giusto percorrerla a occhi chiusi? Con i procuratori ci parlo, ma i corridori devono capire che la vita è loro, sono loro che devono decidere, non gli agenti.

«Quando ingaggiai Philippe Gilbert, presi la macchina e andai a parlare con i suoi genitori in Belgio, era il 2002, tornai a casa che il ragazzo aveva firmato. Il giorno dopo incontrai l’australiano Bradley McGee al Nations Open a Bercy e sei mesi dopo andai a prenderlo alle 6 del mattino all’aeroporto. Le squadre le costruivo così, oggi è tutto diverso».

Arnaud Démare, un sodalizio durato 12 stagioni e chiuso non senza polemiche
Il manager con Arnaud Démare, un sodalizio durato 12 stagioni e chiuso non senza polemiche (foto Garnier)
Arnaud Démare, un sodalizio durato 12 stagioni e chiuso non senza polemiche
Il manager con Arnaud Démare, un sodalizio durato 12 stagioni e chiuso non senza polemiche (foto Garnier)

Tante battaglie per il futuro del movimento

Madiot, nella sua evoluzione esistenziale si è trovato davanti a due strade: una era il ciclismo che aveva conosciuto, affrontato da corridore, fatto di valori umani. L’altro quello del ciclismo attuale, tutto numeri e prestazioni. «Il futuro è una continua integrazione di tecnologie, ma non dobbiamo perdere di vista da dove veniamo».

Spesso il manager transalpino, anche nella sua figura di presidente della Lega Ciclistica Francese, si è prodigato per mantenere una rotta consona alla tradizione, battendosi per avere mezzi all’altezza per combattere il doping tecnologico. Lottando perché l’attività potesse riprendere nel difficile anno del Covid. Chiedendo un tetto agli ingaggi per equilibrare maggiormente il WorldTour. Mettendo in guardia contro un’eccessiva dipendenza dai mezzi meccanici. Identificando in auricolari, sensori di potenza, GPS elementi che accrescono i pericoli del mestiere.

Con Thibaut Pinot sono arrivate soddisfazioni ma soprattutto la condivisione di tante emozioni
Con Thibaut Pinot sono arrivate soddisfazioni ma soprattutto la condivisione di tante emozioni (foto De Marchi)
Con Thibaut Pinot sono arrivate soddisfazioni ma soprattutto la condivisione di tante emozioni
Con Thibaut Pinot sono arrivate soddisfazioni ma soprattutto la condivisione di tante emozioni (foto De Marchi)

Resterà come presidente

Forse non è più il suo ciclismo. Madiot non se ne va del tutto, resta come presidente per seguire la struttura nel suo complesso e cercare nuove fonti di introito, accogliendo le parole di qualche settimana fa di Cavendish che metteva in guardia dall’eccessiva dipendenza dagli sponsor dei team. «La mia ambizione è che il team sopravviva a me, dobbiamo guardare al futuro e io non lo sono». Eppure in certi aspetti i suoi concetti restano quanto mai attuali.