Nibali ha ripreso la maglia rossa nella crono di Peñafiel, zona di vini e hotel ricavati da vecchie aziende agricole. Il pomeriggio prima, durante il riposo, in quello della Liquigas è arrivata Alessandra De Stefano. La vittoria finale del siciliano nella Vuelta del 2010 sta prendendo forma e in Italia cresce l’interesse.
Nello stesso pomeriggio, approfittando di qualche ora libera, Scirea e Mariuzzo sono saliti sull’ammiraglia e sono andati a scoprire la Bola del Mundo, ultima salita della Vuelta, su cui verosimilmente si deciderà la corsa. Alle spalle di Nibali è saltato fuori Ezequiel Mosquera, corridore semi sconosciuto che veste la maglia della Xacobeo-Galicia.
«Andammo a vedere quella salita – ricorda Scirea, che oggi collabora con la Federazione nel settore crono – perché avevamo sentito parlare di quanto fosse dura e si parlava tanto del finale cementato. Trovammo un ragazzo che saliva con la mountain bike e gli chiedemmo quali rapporti usasse.
«Da direttore sportivo avevo vinto il Romandia e lo Svizzera con Kreuziger, ma era la prima volta in un grande Giro. Per questo ogni sera mi guardavo il percorso del giorno dopo e riportavo tutto sul diario. Non c’erano ancora il tablet sulle ammiraglie, per cui prendevo appunti tappa per tappa».
Un predestinato
Nibali ha 25 anni, i 26 arriveranno di lì a un paio di mesi. Durante la stagione ha vinto il Tour de San Luis, poi è stato decisivo per la vittoria di Basso al Giro, dove ha vinto la tappa di Asolo e conquistato il podio. Quindi s’è portato a casa il Giro di Slovenia e il Melinda, prima di schierarsi al via della Vuelta.
«Eravamo partiti per fare bene – prosegue Scirea – dopo quello che avevamo visto al Giro. Certo non si poteva mai dare per scontata la vittoria, ma ricordo che avevamo un bel gruppo molto unito attorno a Vincenzo. Sapevamo che fosse un corridore capace di fare una buona classifica, ma nessuno avrebbe potuto immaginare una carriera come la sua. Gli avevamo messo accanto dei corridori per aiutarlo, perché a tratti era ancora irruento».
«A volte faceva degli attacchi da lontanissimo – prosegue Scirea – e ha continuato a farne. Da alcuni sono nati i capolavori che hanno fatto innamorare la gente, per altri ha buttato via delle corse. Come l’attacco in discesa alle Olimpiadi di Rio, in cui gli è sfuggita una medaglia per fare la discesa… alla Nibali. O come il Lombardia del 2011, quando attaccò dal Ghisallo».
Meccanici sulle moto
Mosquera non sembra particolarmente pericoloso, ma la Bola del Mundo è lì davanti come un giudice potenzialmente spietato. Una crisi negli ultimi chilometri potrebbe essere irrecuperabile. La scalata inizia da Navacerrada, sulle montagne di Madrid, con una svolta a destra in cui la strada si restringe e diventa un budello. La giornata è grigia e mano a mano che si sale, nubi minacciose inghiottono la montagna.
C’è in gioco la Vuelta: fra l’italiano in maglia rossa e lo sfidante ci sono 50 secondi. Mosquera ha 35 anni, Nibali 10 di meno.
«Ci fermarono ai piedi della salita finale – ricorda Scirea – e permisero ai meccanici di salire sulle moto con le ruote di scorta. Noi vedevamo la corsa dalla televisione sulla macchina e cercavamo di dare i consigli alla radio. Mosquera avrebbe potuto staccarlo, ma quello era Nibali, non uno qualsiasi. Lo spagnolo andava forte, ma per noi la sola cosa da fare era stargli a ruota. Toccava fare tutto a lui…».
Attacca Mosquera
Sulla cima della montagna, tifosi e giornalisti spagnoli esplodono in un tuono quando Mosquera sferra l’attacco. La Bola del Mundo diventa di fuoco. Due chilometri e 700 metri all’arrivo, la strada conduce al primo tornante e per fortuna un po’ molla. Nibali vede davanti a sé la moto che segue lo spagnolo, per ora è tutto sotto controllo, ma l’altro intanto ha già guadagnato 13 secondi.
Scatta ancora Mosquera. Dopo 500 metri, il vantaggio sale a 17 secondi. Quando però si volta e vede Nibali, lo spagnolo capisce che, se l’altro non si pianta, più che la Vuelta c’è in palio la tappa. La nebbia rende i dintorni impalpabili. Nibali sta bene, ma quando a 1,8 chilometri dall’arrivo Mosquera piazza la sua bordata più violenta, Vincenzo preferisce rimanere seduto e andare avanti col suo passo. L’importante è tenerlo a tiro.
I meccanici della Liquigas hanno montato per lui una compact con il 36 e pignoni fino al 29. Mosquera ha il 38 davanti e il 28 dietro.
Un solo secondo
Ottocento metri, le mani sotto, 2.500 metri di quota. Settecento metri, la curva da cui si prende la seggiovia. L’appunto sul diario di Scirea parla del tratto più duro. Mosquera sembra ancora più vicino. Ai 250 metri, Nibali cala il rapporto e rimette le mani sotto. E’ il momento di dare la svolta. Si avvicina a velocità doppia e solo il traguardo e un piccolo margine salvano Mosquera dall’onta del sorpasso. Vince lo spagnolo. Vantaggio di un secondo.
«Ho pensato alla guerra – dirà Nibali – e ho lasciato la battaglia. Adesso se non altro gli spagnoli mi ameranno un po’ di più. Ho vinto la Vuelta, è il giorno più bello della mia vita. I sogni ti danno il coraggio e il cuore di riuscire in quel che ti sei prefissato. Volevo vincere. Sapevo da un anno di far parte di un’elite di corridori tagliati per i grandi Giri, ma quando sei in ballo, devi trovare motivazioni superiori. La consapevolezza non basta».
Festa a Madrid
Dopo il Giro con Basso, per la Liquigas arriva la Vuelta: è un anno di capolavori. Resta giusto il tempo per il trasferimento a Madrid e poi si potrà cominciare a festeggiare.
«Facemmo una bella festa – ricorda Scirea – con il presidente Paolo Zani che era arrivato dal giorno prima. E alla fine, Vincenzo regalò un orologio ad ogni compagno di squadra. Quando lo metto, tornano a galla i ricordi. E che ricordi… Vincere Giro e Vuelta nello stesso anno fu una grande cosa».
Finale thrilling
Pochi giorni dopo la vittoria di Mosquera alla Bola del Mundo, il 30 settembre, lo spagnolo risultò positivo a un controllo antidoping effettuato il 16 settembre, due giorni dopo quella tappa. Il risultato venne congelato come pure il secondo posto finale, fino all’assoluzione da parte della corte spagnola, che intervenne nel 2015.
In altre due occasioni Nibali arrivò a un passo dal cogliere la vittoria alla Vuelta. Nel 2013 contro Horner e nel 2017 contro Froome, in entrambi i casi finendo secondo. Quella di quest’anno sarà l’ultimo grande Giro della sua carriera. E francamente stiamo ancora cercando di abituarci all’idea.