«Il mio compito è stato portarlo forte ai piedi delle salite», racconta Bennati. «Alejandro mi ha chiesto di spingere sul serio e poi lui faceva i suoi lavori. Sta bene, non so se per vincere o arrivare nei dieci, ma sta bene. E io… ho fatto una faticaccia».
La telefonata
Comincia così il racconto della giornata inattesa con Valverde trascorsa mercoledì dal toscano, che si è ritirato ormai da due anni e forse a certi sforzi non era più tanto abituato. Ma succede che il lunedì lo chiama Alejandro da Abu Dhabi e gli dice che sta tornando a Madrid, dove riceverà un premio dal Re di Spagna. Però scenderà la sera stessa a Siena assieme al massaggiatore Escamez, per provare il percorso della Strade Bianche e gli chiede se abbia voglia di accompagnarlo. Bennati che alla Movistar era stato preso proprio per aiutare il murciano, ovviamente dice di sì.
Da Taverna d’Arbia
«Mi ha chiesto di fare gli ultimi 110 chilometri di gara – racconta – quindi un buon alleamento. Mi ha fatto piacere, per cui mercoledì mattina sono andato al suo hotel. Ci siamo preparati. Ho messo il Gps giusto per uscire dalla città. E poi siamo andati giù verso Taverna d’Arbia, un tratto prima di Monte Sante Marie e di lì fino a Siena, di settore in settore. Da quel punto non c’è voluto Gps, anche perché il percorso è tutto frecciato».
Caffè e crostata
I due parlottano, ma Bennati capisce subito che Valverde vuole allenarsi sul serio. La giornata è splendida, corridori sul percorso ancora non ce ne sono.
«Specialmente su Sante Marie ha davvero aperto il gas – prosegue Bennati – per fortuna ci siamo fermati per due break caldi. Caffè e crostata. Il problema è che dopo ripartiva subito a tutta, per cui la crostata faceva fatica a scendere. E allora la seconda volta ho preso solo il caffè. E’ venuto fuori un bell’allenamento. E dopo essere arrivati in Piazza del Campo, abbiamo allungato un’altra mezz’ora e siamo tornati in hotel. Doccia. Un boccone insieme, un pranzo essenziale alla Valverde che non sgarra mai. Abbiamo guardato Laigueglia e poi sono tornato a casa».
Nel 2009 Valverde vince la Vuelta, Bennati ottiene qualche podio in volata Il Tour del 2018 non porta grosse soddisfazioni alla Movistar Nel 2018 anche la Vuelta: per Valverde 2 tappe e la maglia a punti Alla Vuelta del 2018, ad Almaden Valverde batte Sagan Ancora la Vuelta del 2018, pedalando verso Lleida.
Nessuna nostalgia
Un giorno come una volta, sul sottile filo della nostalgia. Oppure un bel giorno, senza particolari sussulti al di là dell’occasione di rivedere un vecchio amico?
«Valutando la fatica che ho fatto – dice – nessuna nostalgia. Forse ne avevamo già parlato. L’anno scorso al Giro, dato che il palco del Processo alla Tappa era proprio sugli arrivi, nei giorni delle volate ho sentito la mancanza di quell’adrenalina. Solo uno che ha vissuto certe cose può capire, perché sono sensazioni troppo belle. Poi però pensi a tutto quello che c’è dietro. Non tutti nascono Sagan o Valverde e vi assicuro che anche loro lavorano come matti. Ho fatto 18 anni da pro’, manca un po’ il rapporto con i compagni, ma va bene così».
Alejandro e Alberto
Alejandro è del 1980 come lui e continua a correre, portando i segni del tempo sul volto e nelle gambe, ma divertendosi da matti.
«Siamo passati lo stesso anno – ricorda – abbiamo fatto la prima Vuelta entrambi nel 2002. E anche se non ci siamo mai scontrati in corsa, tranne qualche tappa qua e là, è venuta fuori una bella amicizia. Insisteva per avermi alla Movistar già da due anni, ma io ero con Contador. Anche con lui c’è una bella amicizia e abbiamo condiviso di più. Con Alberto ho passato quattro anni bellissimi in cui sono diventato più popolare rispetto a quando vincevo le volate. La gente si ricorda più certe tirate al Tour col vento laterale che le vittorie al Giro».
Sull’ammiraglia di Valverde domani ci sarà Max Sciandri, altro toscano alla corte degli spagnoli. Alejandro ha sempre saputo scegliere bene i suoi uomini.