Il sorriso che Giorgia Pellizotti ha strappato a suo padre Franco attraversa potente anche il telefono ed è come se lo avessimo davanti agli occhi. L’incredulità della giovane azzurra che è tornata dalla sua prima spedizione continentale con due medaglie in altrettante gare ve l’abbiamo raccontata. Ora tocca a Franco Pellizotti, suo padre e primo tifoso. La famiglia intera ha seguito Giorgia fino a Pontevedra, in Spagna, per la gara continentale.
«Noi siamo partiti da Venezia sabato mattina – racconta Franco – per atterrare a Madrid e prendere la macchina e arrivare fino al campo di gara. Giorgia, invece, ha viaggiato con la nazionale e sono volati prima a La Coruna e poi si sono spostati a Pontevedra. Lei e la figlia di Bramati hanno viaggiato insieme, noi l’abbiamo recuperata solamente ieri a casa del “Brama”. Nell’ora di macchina per tornare a casa, Giorgia non ha fatto altro che parlare dei giorni passati con la nazionale».
Qual è stato il primo argomento toccato?
Il gruppo. Per lei era tutto nuovo e la cosa che mi ha colpito maggiormente è stata la felicità che ha provato nello stare con il team azzurro. Sia con le ragazze che con i ragazzi. Sinceramente sentirla parlare così era la cosa cui tenevo di più. I risultati sono stati sorprendenti, non me li aspettavo. Ma da genitore sono ancora più contento di averla sentita felice e divertita dall’esperienza.
Davvero non ti aspettavi queste medaglie?
A essere onesto dal team relay credevo sarebbero usciti con un podio, ma battere la Francia la vedevo complicata. Era la squadra più forte a mio modo di vedere, c’erano Célia Gery, Aubin Sparfel… Insomma tutte le prime linee. L’Italia aveva una squadra forte, ma mancava la Casasola. Invece hanno dimostrato di essere i più forti di tutti.
Nella gara di domenica?
Non nascondo che da tempo la vedevo andare forte, ma scontrarsi in un contesto internazionale con ragazze di un anno più grandi non è facile. La prima corsa fatta nel 2024 è stata in Svizzera a fine settembre e lì c’era Anja Grossman, che poi ha vinto anche il titolo europeo. In quell’occasione Giorgia da lei aveva pagato più di un minuto, ma in un mese l’ho vista crescere tanto. Quando parlavamo dell’europeo sapevamo che fosse un appuntamento difficile, ma credevo in lei. Sapevo che non l’avrebbero staccata.
Invece non era partita benissimo.
Nel primo giro e mezzo ha pagato una decina di secondi dal gruppo di testa, lì ci ero rimasto un attimo. Ho pensato: «Cavolo, siamo già fuori dai giochi». Giorgia al contrario non si è demoralizzata, è rimasta fredda ed ha avuto la grande capacità di tornare in corsa e giocarsi la medaglia. Con un atteggiamento più cattivo, in senso agonistico, magari sarebbe rimasta più fresca nel finale. E’ vero che la cattiveria agonistica ti viene anche dalla consapevolezza che acquisisci in questi contesti.
Dove ti ha sorpreso?
Nella gestione della corsa. E’ sempre rimasta lucida e non si è mai fatta prendere dal panico. Sono arrivate due medaglie che erano distanti da quanto ci saremmo aspettati, diciamo che è riuscita a salire un bel gradino.
Sei stato più genitore o tifoso?
Sono uno abbastanza silenzioso, di solito cerco di appartarmi e guardare la corsa da solo. Sapete se sto in mezzo alla folla poi la gente arriva, ti chiede. Preferisco mettermi in un punto tattico e isolato dove vedere bene la gara in più passaggi. Sto lì e incito Giorgia, senza darle consigli. Da questo punto di vista me ne guardo bene, c’è chi fa il suo lavoro e sa farlo: il cittì Pontoni e tutto lo staff, anche quello del team. Quando siamo via con la squadra, do una mano come qualsiasi genitore, lavo le bici, e me no sto in disparte. A Giorgia pensano i suoi tecnici.
Com’è stato vivere quei due giorni di gara?
Innanzitutto è stato bello perché siamo stati tutti insieme. Un anno fa abbiamo fatto la scelta di comprare un camper per seguire Giorgia nelle varie gare. Il mio off season è il ciclocross e mi piace davvero molto. Le nostre ferie sono condite dal fango dei tracciati. E’ davvero un’esperienza bellissima, che viviamo con molta serenità. Riusciamo anche a fare i turisti. Coincidenza vuole che sia stato a Pontevedra anche in un giorno di riposo della Vuelta quest’estate, solo che non ero riuscito a vederla. Nei giorni scorsi la sera siamo andati a visitare la cittadina, abbiamo mangiato fuori. Insomma, ci siamo divertiti.
Ripensa a quando avete preso il camper per seguire Giorgia ad ora, come rivivi questo anno?
E’ stata fantastico. A dicembre del 2023, come le avevo promesso, siamo andati a fare dieci giorni in Belgio, nella terra del ciclocross. Ha disputato due gare e poi siamo stati a vedere la corsa in notturna a Diegem. Sono state delle ferie atipiche, ma davvero molto belle per tutti noi. A gennaio eravamo andati anche a vedere i mondiali di Tabor, durante le premiazioni Giorgia mi ha detto: «Chissà se un giorno salirò su un podio così».
Un anno dopo lo ha fatto…
Per due volte! E in una di queste ha anche sentito l’inno di Mameli. Mi ha confessato che è stata la prima volta in cui ha pianto per una vittoria. Il gruppo è stato incredibile, con un legame davvero forte. Ogni volta che qualcuno di loro saliva sul podio, gli altri erano sotto a festeggiare. Da genitore, ma anche da diesse, quella del gruppo è la soddisfazione più grande che mi porto a casa, senza ombra di dubbio.