Ciclismo in El Salvador? Il racconto di due italiane in corsa

20.03.2024
8 min
Salva

Una settimana e mezzo di ambientamento, poi cinque gare, di cui una a tappe, per un totale di nove giorni di corse su dieci. Questa, in estrema sintesi, la trasferta in El Salvador che hanno affrontato alcune formazioni europee tra fine febbraio e metà marzo. Una destinazione non nuova per il ciclismo.

C’è stato un tempo infatti – a cavallo del Duemila – che si iniziavano a vedere… corse dell’altro mondo. La globalizzazione del pedale, attualmente sempre più completa, ha riportato il ciclismo femminile sulle coste pacifiche del Centro America a distanza di dieci anni. Di queste nuove gare in calendario ci aveva raccontato qualcosa Giorgia Vettorello, instillandoci una discreta dose di curiosità. D’altronde sulle strade di El Salvador (in apertura foto Secretarìa de Prensa de la Presidencia), per citare l’esempio più lampante, aveva vinto una ventunenne e già affermata Marianne Vos, così come in altre annate avevano sempre fatto bella figura diverse italiane. Così noi, spulciando la starting list, ci siamo affidati a due ragazze del Trentino-Alto Adige per avere un reportage: Elena Pirrone e Andrea Casagranda.

In El Salvador il livello non era altissimo, ma molte atlete hanno potuto mettersi in gioco, anche con un clima torrido (foto BePink-Bongioanni)
In El Salvador il livello non era altissimo, ma molte atlete hanno potuto mettersi in gioco, anche con un clima torrido (foto BePink-Bongioanni)

A casa di Contreras

Il viaggio intercontinentale per Elena Pirrone e la sua Roland era quasi un dovere istituzionale. Il general manager Ruben Contreras è salvadoregno ed è una sorta di filantropo del ciclismo del suo Paese.

«Le stesse gare di dieci-quindici anni fa – spiega la venticinquenne altoatesina di Laives – le organizzava sempre Ruben, che poi ha dovuto interromperle per motivi di sicurezza. Lui stesso ci ha raccontato che El Salvador aveva già vissuto una guerra civile negli anni ’80 poi dal 2010 in avanti era finito in mano a gang criminali che condizionava tantissimo anche l’aspetto politico. Ora da un po’ di anni è tornato nuovamente ad essere sicuro per gli stessi abitanti ed anche per i turisti. Noi atlete in effetti non abbiamo solo corso laggiù, ma abbiamo visitato la zona in cui eravamo.

«Abbiamo soggiornato a San Salvador per cinque giorni – continua Pirrone – poi ne abbiamo trascorsi altrettanti sulle alture dove c’era una delle tante piantagioni di caffè. Entrambe le volte eravamo in case di proprietà di Ruben, mentre dal 3 marzo in poi, giorno in cui iniziavano le gare, siamo state assieme a tutte le altre squadre in un campus universitario della Capitale, in un edificio completamente nuovo».

Organizzazione e tradizione

Una gara ciclistica a quelle latitudini in questa fase dell’anno solitamente deve convivere con un’organizzazione non dettagliata come quella europea. Questa era un’incognita per le atlete.

«Noi della BePink-Bongioanni – racconta Casagranda – sapevamo di venire in un Paese che aveva già ospitato il ciclismo. La nostra diesse Sigrid Corneo, che ci ha guidate in ammiraglia, c’era stata a correre, vincendo anche un paio di gare. Lo stesso roadbook riportava gli albi d’oro e abbiamo letto il nome di Marianne Vos e altre atlete importanti. Correre in El Salvador tuttavia è molto diverso che farlo in Europa, anche per il cibo. Essendo tutte assieme in questa università, ci siamo dovute adattare a sapori nuovi. Ogni giorno veniva un catering con i pasti. I piatti erano spesso a base di riso e pollo che siamo già abituate a mangiare, ma con spezie e condimenti forti.

Andrea Casagranda (seconda da sx) in El Salvador ha sofferto il caldo, ma ha saputo adattarsi (foto BePink-Bongioanni)
Andrea Casagranda in El Salvador ha sofferto il caldo, ma ha saputo adattarsi (foto BePink-Bongioanni)

Alla fine la realtà ha superato le aspettative. «Devo dire la verità – confida la diciannovenne di Borgo Valsugana – siamo rimaste sorprese in positivo. Certo, si sono notate alcune differenze. Le strade alternavano tratti perfetti ad altri non in ordine con buche o senza tombini. Spesso e volentieri ci siamo imbattute in cani randagi che si buttavano in mezzo alla corsa. Oppure alcuni diesse centroamericani non sapevano come si facevano certe operazioni o manovre in corsa. Tutto sommato però non ci possiamo lamentare perché alla fine siamo riuscite a fare tutto senza grandi problemi».

Nonostante il ciclismo non sia uno sport troppo seguito, il calore del pubblico non è mancato. «Ogni giorno che passava – va avanti Pirrone – l’organizzazione migliorava. Il tifo si faceva sentire a bordo strada e nel complesso c’era molta curiosità da parte della gente. Il prologo del Tour El Salvador lo abbiamo fatto attorno ad una grande piazza dove c’era una biblioteca di sette piani. Abbiamo sempre incontrato persone disponibili, che vivono senza stress. E poi siamo rimaste colpite in positivo perché nessuno trasgrediva o si lamentava nel traffico per il passaggio della gara. A livello organizzativo hanno margini di miglioramento e in futuro non è da escludere che potrebbero partecipare altre formazioni europee, alzando chiaramente il livello dell’evento».

Clima e gare

L’altra grande incognita per le squadre al via delle gare era il clima particolarmente torrido, mentre il fuso orario è stato ben assorbito da tutti.

«Abbiamo fatto scalo a New York – riprende Casagranda – e durante il volo per San Salvador, in cui siamo atterrate alla sera, ci siamo imposte di non dormire per non scompensare poi il sonno della notte. Ho patito invece, e tanto, il caldo. Io non mi sono adeguata tanto al clima, ma è un discorso soggettivo. Quattro giorni prima di partire ero in Belgio a correre con 4 gradi, mentre laggiù ne ho trovati 40. Inizialmente in allenamento mi piaceva finalmente pedalare al caldo, poi in gara, sotto sforzo, l’ho sofferto molto.

«Le gare partivano al mattino abbastanza presto – aggiunge Pirrone – proprio per evitare temperature troppo alte, anche se era un caldo piuttosto secco. Mi ha stupito perché quando siamo state in montagna, attorno ai mille metri, c’erano ugualmente più di 30 gradi. In allenamento abbiamo fatto la salita del vulcano sopra San Salvador (nel Paese ce ne sono più di 170, ndr), una strada di una dozzina di chilometri quasi sempre in doppia cifra di pendenza. Ruben ci raccontava che in gara Vos saliva a zig-zag. Fortunatamente noi abbiamo invece corso su salite lunghe uguali, ma ombreggiate e con curve ampie oppure su stradoni larghi e vallonati».

La maggior parte dei percorsi erano su strade larghe e vallonate, abbastanza curate (foto BePink-Bongioanni)
La maggior parte dei percorsi erano su strade larghe e vallonate, abbastanza curate (foto BePink-Bongioanni)

Un’esperienza per Elena e Andrea

Uno degli obiettivi nemmeno tanto velato di Roland e BePink era quello di fare incetta di punti UCI in questo lotto di gare classe .1, così come fare un’esperienza di vita per tutte le loro atlete.

Purtroppo Pirrone è stata a mezzo servizio come spiega lei tra rammarico ed ironia: «Probabilmente sono delicata come un principessa e non so se sia stato il latte di cocco che ho bevuto nei primi giorni a mettermi fuori gioco (sorride, ndr). Battute a parte, come altre ragazze ho preso a fine febbraio un virus gastrointestinale che non sono riuscita a smaltire. Alla prima gara ho fatto seconda dietro la mia compagna Christoforou, però ho iniziato a sentirmi svuotata e disidratata col passare del tempo, tanto che le altre gare non le ho finite oppure arrivavo molto dietro. Visto che non passava, con lo staff della squadra abbiamo organizzato il mio rientro anticipato perché non aveva più senso restare giù. Peccato, ma mi riprenderò in fretta.

Al Tour a El Salvador, la BePink ha conquistato la maglia bianca dei giovani con Angela Oro
Al Tour a El Salvador, la BePink ha conquistato la maglia bianca dei giovani con Angela Oro

«Durante questa trasferta – conclude Casagranda – abbiamo imparato ad adattarci ad un posto nuovo, soprattutto convivendo con un forte sbalzo termico e con uno stile di vita che ci ha provocato qualche noia intestinale. Sul lato agonistico il livello non era altissimo, quindi abbiamo potuto metterci in gioco. Sicuramente potevamo raccogliere di più, però siamo contente perché nella gara a tappe Angela Oro ha conquistato la maglia bianca di miglior giovane».