Ma perché non pensare anche ad una Parigi-Roubaix per Samuele Zoccarato? Grinta da vendere, fisico potente e due titoli nazionali gravel. «Perché bisogna anche essere realistici – replica il diretto interessato – una Roubaix sì, sarebbe bella e di certo non avrei paura di buttarmici, ma forse una Strade Bianche sarebbe più indicata. E’ una corsa più adatta alle mie caratteristiche, c’è anche qualche strappo. Come dicevo bisogna essere realistici: non sono un super vincente e per certe corse serve anche una squadra importante. Credo però di poter essere un buon gregario».
Con il nuovo campione italiano gravel della VF Group-Bardiani dunque facciamo il punto sulla sua insolita stagione. Il Giro d’Italia non fatto, le corse al Nord, appunto l’esperienza offroad… Samuele non è mai banale e i discorsi filano via carichi.
Samuele, partiamo con un piccolo passo indietro e dal buon campionato italiano su strada che hai disputato…
Era già da un bel po’ che andavo forte, almeno rispetto ai miei standard ovviamente. Mi sentivo bene. Quindi in verità non è stata una sorpresa andare così bene all’italiano su strada. Già dal Giro della Grecia avevo visto che era cambiato qualcosa: riuscivo a rimanere davanti molto più facilmente. Poi sono andato in Olanda e di nuovo mi sentivo molto bene. Lassù, nei miei quattro anni di professionismo non ero mai riuscito a stare davanti in un ventaglio. Stavolta in ogni ventaglio appunto ero in testa, sempre protagonista. Vuol dire che stavo lavorando nel modo giusto.
Hai raccolto i frutti della preparazione che hai fatto per il Giro e forse c’è anche un po’ di grinta in più, quella di voglia di dimostrare che Zoccarato c’era…
Sì, un po’ sì. Volevo fare vedere che qualcosa da dimostrare ancora ce l’ho. E poi credo che i giorni di gara in Olanda mi abbiano dato un ritmo che quest’anno non avevo mai avuto.
È diverso correre con la gamba buona lassù?
Assolutamente sì, perché invece di subire la corsa e fare solo fatica, la fai e ti gestisci. Lassù se molli un attimo, anche mentalmente, sei morto. Invece con una buona condizione e un po’ di grinta è tutta un’altra cosa. Mi sono divertito per la prima volta al Nord.
Veniamo all’italiano gravel. Hai fatto doppietta. Lo avevi già vinto nel 2022. Questa specialità in qualche modo di attrae. Com’è andata?
All’inizio non avevo tutta questa voglia di andare. Poi ho chiesto alla squadra di montarmi una bici, come dicevo io, con i materiali specifici. Ci sono riusciti e alla fine questa scelta ha portato i suoi frutti.
Quali sono state le tue richieste specifiche?
Prima di tutto dei rapporti adatti al percorso, quindi ad esempio montavo il 44 davanti e il 9-44, dietro. Poi delle gomme molto scorrevoli. Coperture ideali secondo me per quel tipo di percorso.
Beh, te l’eri ristudiata allora…
Sì, altrimenti non sarei andato. Non avrei fatto l’italiano gravel allo sbaraglio. Del percorso mi ero informato sulla locandina e i file Gpx che ho trovato. In più gli ho dato un’occhiata il giorno prima. Volevo fare una ricognizione la settimana prima, ma un po’ perché la bici non era ancora pronta e un po’ perché non s’incastrava bene con i miei allenamenti non ci sono andato.
Come è andata la corsa?
Siamo partiti abbastanza forti come succede anche su strada. All’inizio ho avuto alcuni problemi, sono caduto dopo 15 chilometri in un tratto in discesa che già il giorno prima mi era accorto poteva essere pericoloso. Sono entrato in una curva a kamikaze… e sono finito a terra. Poi mi è scesa due volte la catena. Ho visto che c’era Agostinacchio che andava molto forte in salita e un po’ lo temevo (anche per le doti di guida, Agostinacchio è biker e crossista, ndr). Al secondo giro ho provato a fare una “fagianata”, ma non è andata bene. Così dopo qualche chilometro ho dato una botta secca e infine sono riuscito a rimanere da solo. E così sono rimasto fino all’arrivo.
E quanto mancava?
Circa 60 chilometri. Ma da quel momento è stato tutto più facile perché facevo il mio ritmo. Non avevo problemi di visibilità nei tratti tecnici nello stare dietro a qualcuno e rischiare di sbagliare qualcosa. Si trattava solo di spingere. Guida con sicurezza sul tecnico e spingere forte nei tratti più pedalabili.
E ora guardiamo avanti. Sei al Giro d’Austria. Poi quale sarà il tuo programma?
Adesso c’è un po’ di tempo per staccare, dovrei andare anche in ritiro in quota ma ancora non so dove. Dovrei riprendere ad inizio agosto con l’Arctic Race of Norway e a seguire con il Giro di Danimarca. Dentro di me non vorrei staccare, mi sento molto bene.
Possiamo immaginare…
Poi comunque dovrei fare le corse del calendario italiano, più avanti. Spazio per provare a cogliere qualche risultato non manca.