L’inverno desta la voglia di raccontare e così Daniele Bennati ci porta nella sua prima esperienza al Giro d’Italia con la squadra Rai.
«Non è facile scendere dalla bicicletta per un infortunio di cui avresti fatto a meno – dice – e mettersi a raccontare quello che vedi. Ammetto che quando ci si avvia alla volata, sento la mancanza di quelle scariche di adrenalina. Avrei voluto chiudere diversamente. Probabilmente non avrei fatto come Valverde, cui dovranno… sparare per farlo smettere! Avrei fatto un ultimo Giro d’Italia e poi avrei salutato i miei tifosi. A mio modo e con le giuste proporzioni, come Cancellara che dichiarò di voler vincere le Olimpiadi e poi si sarebbe fermato».
Tutto con la testa
Il racconto va avanti e si sposta su un argomento che con l’incremento delle prestazioni e la standardizzazione delle preparazioni sta diventando di importanza cruciale: le motivazioni.
«La testa ha sempre recitato un ruolo fondamentale – dice Bennati – è sempre stato uno degli argomenti di conversazione con i miei compagni. Prendiamo ad esempio un campione come Sagan. Peter non è vecchio, ma in questi anni ha speso e dato tantissimo. Un anno storto può sempre capitare, speriamo sia coinciso con questo del Covid. In ogni caso la scelta di venire al Giro d’Italia lo ha premiato, perché gli ha regalato una vittoria molto importante».
Al Processo
L’ex velocista toscano, sceso dalla bicicletta appena un anno fa, è stato dirottato sulla corsa rosa per precisa indicazione di Alessandra De Stefano, mentre il programma originale infatti prevedeva che andasse al Nord con Francesco Pancani per raccontarci le Classiche.
Non è stato facile per lui trovarsi nel pieno dello sciopero di Morbegno. Tuttavia, pur avendo espresso la sua solidarietà nei confronti dei corridori e avendo detto che al posto loro avrebbe fatto la stessa scelta, ha lentamente capito quale sia la percezione che della corsa ha il pubblico a bordo strada.
«I corridori – dice Bennati – avrebbero bisogno di persone qualificate che li guidino. Penso alle loro associazioni e a tutti quelli che sono al loro fianco nelle squadre. Che la tappa di Asti fosse troppo lunga e venisse in mezzo a giornate durissime lo sapevano da quando il Giro è stato presentato. Avrebbero potuto parlarne nel primo giorno di riposo oppure anche nel secondo e sono certo che Mauro Vegni avrebbe trovato il modo di mediare. Visto il delicato momento che sta passando il nostro Paese, sarebbe stato il modo di far capire alla gente che i ciclisti non si fermano per qualche ora di pioggia. E poi diciamoci la verità, non era così freddo. A me è capitato di correre in situazioni ben peggiori».
Con lo Squalo
L’ultima annotazione riguarda Vincenzo Nibali. Nonostante il siciliano si sentisse bene nella prima parte del Giro, Bennati dice di non averlo mai visto a suo agio sulla bicicletta.
«Ma Vincenzo è un uomo estremamente onesto – spiega Bennati – ed ha subito ammesso di non essere al meglio. Sono convinto che abbia pagato la stagione balorda. E sono anche convinto, a proposito di motivazioni, che le esperienze vissute gli daranno la carica giusta per tornare grande nel 2021. Il ricambio generazionale ci sarà sicuramente, c’è sempre stato. Siamo di fronte a un gruppo molto interessante di corridori. Pogacar. Evenepoel. Almeida. Geoghegan Hart che non è giovanissimo ma si è fatto le ossa insieme a Froome e Thomas. Van Aert e Van der Poel. Ma credo anche che la vecchia guardia saprà farsi valere. Fino allo scorso anno eravamo tutti lì a coccolarci Viviani, non credo che sia scomparso. Sono abbastanza certo che anche Elia tornerà presto ad alzare le braccia al cielo».