Eros Capecchi usa i social il minimo indispensabile. Per questo pochi si sono accorti dell’impegno che sta riversando nei settori giovanili della sua regione, praticamente dal momento in cui ha annunciato il ritiro. Questi sono giorni caldi per gli juniores italiani. Ieri la corsa di Vertova, oggi il Trofeo Paganessi. E poi il Giro della Lunigiana a partire da giovedì. Di conseguenza anche Capecchi, che guiderà la formazione regionale, viaggia da settimane col gas aperto.
Tenere insieme tutti i pezzi del ciclismo regionale, sia pure in una realtà così piccola, non si sta rivelando una passeggiata. A ciò si aggiunga il fatto che già prima di ritirarsi, Eros è entrato a tempo pieno nel vivaio di famiglia. Eppure le cose si stanno muovendo. E questo vale un approfondimento. Anche perché fra le brave persone conosciute in anni e anni di ciclismo, Capecchi occupa di diritto un posto sul podio (in apertura è con la compagna Giada Borgato e il cane Stiby).
Quando è nato il progetto di nominarti tecnico regionale?
Diedi l’annuncio che smettevo e dopo un paio di giorni mi contattò Enzo Amantini, un giudice di gara delle nostre parti, facendomi la proposta. Ho accettato dopo 30 secondi, chiedendo però di lavorare in modo più completo.
Cioè?
Ho sempre cercato di fare le cose al massimo o comunque in modo molto serio. Il ruolo, per com’era, era abbastanza leggero. Io invece sto cercando di trasmettere quello che ho appreso in 17 stagioni di professionismo e negli anni precedenti. Quantomeno propongo le mie idee con la massima umiltà e noto che tutti vogliono fare bene. Ho trovato disponibilità nel presidente regionale Alunni e nei direttori sportivi di quasi tutte le società.
Che cosa cerchi di trasmettere?
Seguo le corse. Ho fatto un ritiro a Livigno proprio per il Lunigiana. Cerco di consigliarli sull’alimentazione e ho visto che si è creato un bel clima.
Come una vera squadra…
E’ stato utile. Ho chiamato l’Alpen Village, che mi ha sempre trattato bene sin da quando correvo. Poi abbiamo corso in preparazione al Trofeo Emozione e a Loria, facendo anche qualche piazzamento. E adesso Vertova e Trofeo Paganessi. Corse importanti, di cui il cittì Salvoldi tiene conto. Invece stasera, anziché tornare a casa, ci spostiamo direttamente in Versilia con corridori e massaggiatore, per vedere le tappe del Lunigiana.
Che effetto fa mettere mano sugli juniores?
Si fa fatica a capire l’indirizzo giusto. Ho fatto il corso da diesse e ho sentito varie correnti di pensiero. In Emilia Romagna dicono di far crescere i ragazzi senza pressione. In Toscana non sono allineati e spingono di più. Ne ho parlato in giro. Per il lato romantico del nostro ciclismo, va bene l’approccio morbido, ma allora non ha nemmeno senso parlare di power meter.
Tu cosa pensi?
Il ciclismo non è più quello di 20 anni fa, corre veloce. Si comincia a capire che non ci saranno carriere lunghe come ad esempio la mia, ma bisogna adeguarsi. Alla luce di questo si può leggere il fatto che qui in Umbria vengano fuori meno corridori. Non è che non nascono, solo va sviluppata una diversa attitudine verso lo sport. Gli juniores sono una categoria importante, perché da un lato ci sono poche squadre U23 e dall’altro ormai sono la categoria di accesso al professionismo.
Quindi il movimento umbro fa ben sperare?
Abbiamo un bel numero di ragazzi, in rapporto alla qualità. E ancora meglio va fra esordienti e allievi. Bisogna solo allargare la ricerca. Di recente la Forno Pioppi, la squadra che a suo tempo aprì le porte a Bernal, ha preso un ragazzo argentino con la fame addosso. Spero che avere a che fare con lui sia di stimolo per gli altri. Io mi sono formato nel ciclismo toscano, dove la mentalità è diversa. Qui invece si cresce più tranquilli, meno esasperati.
Quindi basterebbe poco per crescere di livello?
Abbiamo fatto dei ritiri e i ragazzi hanno visto subito i miglioramenti, senza aver fatto chissà cosa. Già basterebbe curare bene l’alimentazione per fare passi da gigante. Si parla tanto dell’incremento delle prestazioni fra i pro’, io credo che alla base di tutto ci siano gli studi sul cibo e il ricorso ai nutrizionisti. Poi ci sono i materiali e tutto il resto. E qui abbiamo tutto…
Tutto cosa?
I ragazzi hanno intorno persone perbene che li aiutano. Non mancano strade né strutture. Ci sono tecnici preparati. Uno come Massimiliano Gentili sa capirti al volo. Manca solo il fatto di crederci. Ai campionati italiani siamo arrivati secondi perché Belletta ci è scappato, sennò si poteva vincere con Burani che è arrivato secondo.
Che cosa ti aspetti dal Lunigiana?
Ci sono stranieri che hanno già fatto 3-4 corse a tappe. Fra i limiti che abbiamo in Italia, questo è quello che toglierei per primo, perché le corse a tappe fanno crescere. Per questo stiamo cercando di organizzare un Giro dell’Umbria Juniores per il prossimo anno. Mentre non sono a favore dell’apertura ai rapporti più lunghi. Ci sono dei ragazzini che farebbero fatica a tirare il 52×11 figurarsi il 53 o il 54. All’estero ne hanno sofferto di meno perché ci sono anche meno corridori e corrono tutti insieme.
Come si inserisce tutto questo nella tua giornata tipo?
Mi sveglio alle 5,30 e alle 6 sono in vivaio. Lavoro per sei ore e quando serve vado alle corse, di solito la domenica. I miei sono elastici, mi permettono di avere il tempo che serve. Coi ragazzi sto bene, la bici non mi manca. Da quando ho smesso l’avrò presa a dire tanto per sei volte…